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Giro88
Palestina aprile 2002
LETTERA A LAMBERTO SPOSINI
di carlo gubitosa
Di seguito e' riportata una mia
lettera di risposta ad un intervento di
Lamberto Sposini del Tg5 pubblicato sulla rivista
telematica "Il Barbiere
della Sera" (www.ilbarbieredellasera.com).
In coda e' riportato anche il
testo originale della lettera di sposini.
Carlo Gubitosa
segretario associazione PeaceLink
Caro Lamberto, domani la mia fidanzata
partira' per la Palestina. E' una di
quei "pacifisti a senso unico" di cui
hai parlato in una delle tue ultime
apparizioni sul "Barbiere della Sera".
Dimenticavo di presentarmi: sono
Carlo Gubitosa, giornalista e segretario dell'associazione
PeaceLink, un
gruppo di "pacifisti a senso unico"
che dal 1992 cerca di fare
informazione in rete con dei parametri di valutazione
delle notizie
leggermente differenti da quelli del giornalismo
televisivo. Se avrai la
gentilezza di comprare il settimanale "Vita"
attualmente in edicola e di
procurarti i numeri delle scorse settimane potrai
scoprire, attraverso una
serie di racconti diretti, che Francesca e' gia'
stata in medio oriente, e
ha parlato anche con le organizzazioni israeliane
impegnate nel processo di
pace, ma ovviamente nessun organo di informazione
ha fatto titoloni a nove
colonne del tipo "nuove alleanze tra pacifismo
italiano e israeliano". Non
c'era sangue, non c'erano bombe, non c'era la
"notizia". Allora quello che
mi chiedo e' questo: il "senso unico"
e' del pacifismo o dell'informazione
? Fortunatamente c'e' ancora chi pensa che non
ci sia bisogno di
cataclismi, bombardamenti o stragi per dare dignita'
di evento mediatico
alle iniziative di una pacifista, e forse e' per
questo che le iniziative
di Francesca sono state raccontate da un settimanale
"di area" e non dal
tuo telegiornale. Ma mi viene in mente un altro
dubbio: non e' per caso che
le nostre notizie non ti arrivano ? Se vuoi, dammi
la tua email e
provvedero' io a tenerti personalmente aggiornato
su tutto il traffico
pacifista che si muove sul "doppio senso
di circolazione". Nel frattempo mi
spiace che tu ti sia perso alcuni piccoli "scoop"
che l'informazione
pacifista avrebbe potuto regalarti. Allargando
le tue fonti di
documentazione a quell'arcipelago di volontari
che non ha paura di andare
senza armi in zone di conflitto avresti potuto
raccontare "in tempi non
sospetti" le iniziative di solidarieta' con
gli albanesi del kossovo, che
sono iniziate nel '93 per denunciare quello che
accadeva in una terra che
nel tuo telegiornale e' esistita solo quando e'
diventata teatro di una
operazione militare, ed e' stata completamente
ignorata prima e dopo
quell'evento. Avresti potuto raccontare di quando
sono entrato a Grozny
nell'estate del 2000 insieme ai volontari della
"Papa Giovanni XXII",
descrivendo la vita dei sopravvissuti ai bombardamenti
dell'esercito russo,
che hanno sbriciolato interi quartieri residenziali
lontani mille miglia da
qualsiasi obiettivo militare, e grazie alla mia
esperienza diretta mi sono
tolto anche alcuni sfizi. Ad esempio mi e' capitato
di smentire
pubblicamente Lamberto Dini, con un "messaggio
in bottiglia" telematico che
e' stato raccolto sulle pagine di "Avvenire"
quando Dini ha fatto da
garante per la Russia al Consiglio d'Europa, affermando
che "la situazione
in Cecenia e' incontestabilmente migliorata",
dopo che noi eravamo appena
usciti da campi profughi simili a gironi danteschi.
Il nostro percorso "a
senso unico" ci ha portato anche a Mosca
per parlare con l'associazione
delle madri dei soldati, che dopo essere tornati
dalla Cecenia mutilati e
feriti vengono abbandonati alla loro disperazione
senza nessun sostegno da
parte dello Stato. Ma anche questi racconti di
piccole miserie umane forse
non erano abbastanza ghiotti per meritare qualche
minuto di Tg5. Un altro
scoop che ti sei perso e' stato il racconto in
diretta dei bombardamenti
Nato su Nis del 7 maggio 1999, quando il professore
di linguistica Djordje
Vidanovic, amico e collega del piu' famoso Noam
Chomsky, ci ha raccontato
per telefono la sua testimonianza oculare, descrivendoci
un mercato in
pieno centro pieno di civili, sventrato da bombe
a grappolo in ora di
punta, mentre il giorno dopo tutti hanno preso
per buona la velina Nato
secondo la quale era stato bombardato l'aeroporto,
che era a diversi
chilometri di distanza dalla citta'. Il racconto
di Vidanovic ha fatto il
giro della rete, ma purtroppo la verita' che restera'
nei libri di storia
forse sara' un'altra. Sara' quella dei vincitori
che hanno bombardato il
palazzo della TV serba, pieno di tuoi e miei colleghi,
rivendicandolo come
un legittimo obiettivo militare senza che nessuno
in italia, al di fuori
dei soliti "pacifisti faziosi", abbia
avuto nulla da ridire, e moltissimi
operatori di informazione non hanno ritenuto opportuno
reagire, ne' come
uomini, ne' come giornalisti, alla trasformazione
di un palazzo televisivo
in un bersaglio militare. In quel caso lo scoop
era il fatto che la
televisione serba e la propaganda che si e' cercato
di zittire a suon di
missili sono continuate esattamente come prima:
infatti per le trasmissioni
sono state "espropriate" le frequenze
televisive utilizzate dalle piccole
emittenti, alcune delle quali vicine all'opposizione,
con buona pace del
pluralismo informativo e della efficacia dell'azione
militare. Ma tornando
a tempi piu' recenti, un occhio piu' attento all'informazione
pacifista ti
avrebbe permesso di valutare il grado di rilevanza
giornalistica della
lettera dei genitori di una vittima delle Twin
Towers, che hanno saputo
distinguere meglio di noi tra giustizia e vendetta.
Se vuoi leggerla la
trovi ancora sul nostro sito. "Non riusciamo
a prestare attenzione al
quotidiano fiume di notizie su questo disastro,
ma ne leggiamo abbastanza
per renderci conto che il nostro governo va nella
direzione della vendetta
violenta, e la prospettiva è che altri
figli, figlie, genitori, amici,
andranno in terre lontane a morire, soffrire e
finiranno per portare
rancore contro di noi". Perche' questa lettera,
pubblicata sul New York
Times e diffusa nei circuiti pacifisti, non ha
trovato altrettanto spazio
in Italia e sul tuo telegiornale ? Forse perche'
in quel momento l'"agenda
setting" dell'informazione aveva stabilito
come priorita' il rispetto dei
diritti umani delle donne afghane, di cui Amnesty
International si occupa
da anni, ma che diventano degne di attenzione
solo quando e' la Nato ad
occuparsene ?
Caro Lamberto, da giornalista so benissimo che
il mondo dell'informazione
e' fatto da seri professionisti che ogni giorno
si scontrano con i propri
limiti e con quelli della struttura in cui lavorano,
e ritengo
semplicistica e ingiusta una visione della professione
che associa alla
figura del giornalista l'immagine di un uomo "comprato"
e totalmente
dipendente dalle decisioni della "proprieta'".
Come pacifista, pero',
ritengo altrettanto superficiale liquidare con
un generico marchio di
faziosita' tutto il settore del pacifismo e della
nonviolenza (se vuoi ti
spiego la differenza tra le due cose e perche'
nonviolenza si scrive
"tuttattaccato".) Se c'e' un dovere
morale che ha il settore
dell'informazione in questi giorni e' quello di
aiutare il maggior numero
possibiile di persone ad uscire da quelle dinamiche
da tifoseria (frutto
anche dell'inevitabile semplificazione giornalistica)
che dipingono la
complessita' della ricerca di una soluzione per
il medio oriente come uno
scontro ideologico tra filopalestinesi e antiterroristi.
Qui non si tratta
di scegliere tra destra o sinistra, Coppi o Bartali,
Coca o Pepsi, Inter o
Milan, Israele o Palestina, Carri Armati o Kamikaze,
pacifisti o
interventisti, ma molto piu' seriamente la scelta
obbligata che siamo
chiamati a fare e' quella tra civilta' e barbarie,
e almeno in questo sono
convinto che saremo dalla stessa parte.
Nel tuo intervento sul "Barbiere della Sera"
sostieni che "Israele, come
Stato e come popolo, ha responsabilità
enormi. L'estremismo di Sharon ha
portato oggettivamente ad una escalation gravissima
della crisi, Israele fa
carta straccia delle risoluzioni dell'Onu (per
quel che valgono) e certo
non va per il sottile nella sua caccia (con metodi
molto discutibili) ai
terroristi palestinesi". Penso che sarebbe
molto bello se qualcuno trovasse
la forza per raccontare queste cose anche al Tg5
e su tutti gli altri
telegiornali, senza la paura di trovarsi automaticamente
etichettato come
amico dei kamikaze. Forse e' da qui che possiamo
partire per sbrogliare
questa matassa.
Con un augurio di buon lavoro.
Carlo Gubitosa
Associazione PeaceLink
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05.04.2002
Sono fascista, se condanno i kamikaze?
di Lamberto Sposini
Lamberto Sposini replica ad Evaluna. Si può
disapprovare Sharon e Israele,
ma insieme anche gli attentati contro innocenti
nelle discoteche
Leggo con due giorni di ritardo la lettera di
Evaluna a proposito del mio
breve scritto al Foglio sulla questione mediorientale
e mi sembra giusto
cercare di rimuovere qualche sua perplessità.
Senza rubarvi molto spazio.
Vedo che ancora si continua da più parti
ad equivocare. Eppure, secondo me,
la questione è di una linearità
impressionante.
Israele, come Stato e come popolo, ha responsabilità
enormi. L'estremismo
di Sharon ha portato oggettivamente ad una escalation
gravissima della
crisi, Israele fa carta straccia delle risoluzioni
dell'Onu (per quel che
valgono) e certo non va per il sottile nella sua
caccia (con metodi molto
discutibili) ai terroristi palestinesi.
Detto questo, non capisco perchè non si
possa condannare altrettanto
vigorosamente gli attentati dei kamikaze che fanno
riferimento direttamente
ad Arafat e che provocano massacri di innocenti
senza rischiare di venir
accusati di fascismo, razzismo, neocolonialismo
e via dicendo.
Io constato che i pacifisti internazionali - ed
italiani - vanno a fare da
scudo a Betlemme e non ad Haifa, constato che
per la causa palestinese
vengono spese parole e azioni importanti e che
per la sicurezza di Israele
e dei suoi cittadini inermi (ci sono anche quelli)
da parte degli stessi
pacifisti non ho mai sentito una sillaba.
Ma se ci penso bene, gli stessi non si sono spesi
un granche' neppure per i
tremila morti delle Torri Gemelle.
Confermo: i pochi che in questo paese ricordano
le vittime del terrorismo
palestinese non hanno nessun problema a riconoscere
gli enormi torti di
Israele (che resta, tuttavia, l'unico paese democratico
di quella
tormentata regione).
I pacifisti fanno marce, cercano di entrare a
Betlemme, fanno interviste e
conferenze stampa, ma si dimenticano sempre di
quelle carneficine nei
ristoranti, nelle discoteche e nei supermercati.
Tutto qui. Non mi sogno neanche lontanamente di
entrare nelle questioni
storiche, politiche ed internazionali di questa
tragedia.
Mi basta ribadire che "questo" pacifismo
è a senso unico. Ma non è mica un
insulto.
Lamberto Sposini
Fonte: http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=2349
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