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Giro88
Palestina aprile 2002
Far prevalere una logica
di pace sull'irrazionalità della morte
Fuori da Ramallah
Siamo usciti da Ramallah con la
morte nel cuore, ma con la speranza di aver iniziato
un percorso che difficilmente verrà interrotto;
abbiamo lasciato dietro di noi la quotidianità
disperata di persone in carne ed ossa, che vivono
la paura e l'umiliazione di appartenere ad un
popolo senza diritti nè dignità
di esistenza.
In quei cinque giorni di presenza in Cisgiordania
non solo abbiamo presidiato ospedali e scortato
ambulanze, ma abbiamo soprattutto aperto una finestra
comunicativa con il mondo esterno, abbiamo cercato,
consapevoli dei nostri limiti, di essere occhi
ed orecchie indipendenti rispetto ad una situazione
che mediaticamente è stata risolta come
guerra israelo-palestinese, se non come legittima
azione di polizia contro le cellule terroristiche
dell'estremismo antisraeliano.
A Ramallah abbiamo visto cecchini sparare su degenti
appena dimessi, su bambini che giocavano al pallone,
su funerali, abbiamo visto ambulanze colpite da
proiettili, sui barellieri e gli internazionali
che cercavano di soccorrere i feriti.
Tutte le infrastrutture, tra cui l'anagrafe, sono
state scientificamente colpite, quasi a voler
distruggere con un fuoco purificatore storie umane,
esperienze e vite vissute.
Se è vero che le parole hanno una loro
importanza, allora in Palestina non si sta combattendo
una guerra, ma si sta consumando l'umiliazione
di un popolo, dando fondo alla volontà
di potenza e di dominio del governo Sharon. La
presenza di Action for Peace a Ramallah, ma anche
il lavoro importantissimo portato avanti da Indymedia
a Dehyshe Camp vicino a Betlemme o dei tanti internazionali
e delle varie Ong in giro per i Territori Occupati
sono stati e sono tuttora sabbia negli ingranaggi
della macchina da guerra; a mani nude, con le
pettorine bianche si è cercato di far prevalere
una logica di pace sull'irrazionalità della
morte, un'esperienza che non si è conclusa,
ma che sta continuando in queste ore con le persone
ancora presenti, nonostante rischi ed intimidazioni.
Da Ramallah siamo usciti con un carico di emozioni
e di esperienze da condividere, ma anche con la
consapevolezza che se è necessario mantenere
ferma la verità storica su chi è
l'oppresso e su chi opprime, è altrettanto
importante dare ossigeno alle componenti sane
ed avanzate della società israeliana, da
Peace Now ai Refusnik, perchè il problema
oggi non è tra chi è di origine
araba o è cittadino israeliano, ma tra
chi vuole risolvere i problemi con la guerra e
la repressione e chi cerca di costruire reti e
relazioni applicando la cosiddetta diplomazia
dal basso.
La risoluzione del conflitto passa necessariamente
attraverso il convolgimento delle comunità
israeliane e palestinesi, ogni tentativo di boicottare
questo percorso, sia da posizioni antiarabe che
antisemite, è una bomba ad orologeria sulla
strada della convivenza civile.
Alberto Zoratti
Roba dell'Altro Mondo/Rete Lilliput
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