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Giro78
Inseguiti dai nostri fantasmi
da l'Unità del 12/11/2001, di Antonio Tabucchi

La fantascienza sembra avercela fatta: è diventata realtà. Le immagini degli
aerei che si infilavano nelle Torri di New York non appartenevano a un film
catastrofista di effetti speciali, di cui il cinema hollywoodiano è stato
prodigo, ma erano vere. Superarle, per quel tipo di cinema, d'ora in poi
sarà difficile. Ma la fantascienza pare essersi installata anche nella
politica, nella vita comune, nelle coscienze delle persone.

Esempio: gli Stati Uniti fabbricano mostri e poi pretendono che l'Europa li
aiuti a distruggerli. Nel suo gabinetto politico da dottor Caligaris,
l'America del dopoguerra ha fabbricato vari Frankenstein in giro per il

mondo: Pinochet in Cile, i colonnelli in Grecia, Suharto in Indonesia, lo
Scià in Iran che poi ha prodotto Khomeini, Saddam in Irak che era un utile
alleato contro Khomeini, i talebani in Afghanistan che erano utili contro
l'Unione Sovietica. Quando alcune di queste creature si rivoltano contro lo
scienziato, gli Stati Uniti le bombardano, come nel film di King Kong gli
aerei bombardano King Kong. Con la differenza che Bin Laden è un prodotto
americano, è un made in Usa esattamente come il McDonald e, ahimé, pare sia
esportato un po' dappertutto nel globo. E del McDonald è senz'altro più
nocivo, anche gli anti-global lo riconosceranno. Bombardare l'Afghanistan,
nascondiglio di Bin Laden, sarà la buona soluzione contro il terrorismo o
non sarà che dopo tante bombe e tante vittime innocenti ce lo ritroveremo
sano e salvo come Saddam Hussein? Se l'Europa sembra non aver riflettuto a
sufficienza su questo difficile dilemma, l'Italia, dal canto suo, non ci ha
pensato su due volte. Il governo italiano, munito anche delle credenziali
delle massime istituzioni dello Stato, tanto ha fatto e tanto ha brigato che
è riuscito a entrare in una guerra per la quale non era stato richiesto il
suo diretto intervento militare. È un po' come se gli Stati Uniti avessero
"esaudito" lo spasmodico desiderio di Berlusconi di partire per il fronte.
Ce l'abbiamo fatta, ci hanno accettato in guerra!, sembrava dicessero i
volti dei ministri che alla Camera assistevano al risultato di una votazione
pressoché unanime. Il Parlamento aveva votato compatto, come auspicava il
presidente della

Repubblica: finalmente l'Italia in guerra.
Ma ho l'impressione che il sentimento degli italiani non corrisponda
esattamente alle scelte belliche del Parlamento. Le persone comuni sanno che
il terrorismo non si combatte con le guerre, ma con un'accorta politica
internazionale, con interventi di polizia, con la trasparenza finanziaria,
con i servizi di sicurezza. Mi chiedo: ma la Cia, che in questi ultimi
cinquant'anni quando ha voluto attuare ha attuato come le pareva, è andata
in pensione? Quello che è inquietante nel nostro Paese è la rapidità con cui
si è imposto il pensiero unico dopo l'ascesa al potere di Berlusconi. In
Europa i cittadini discutono, manifestano, dissentono. In Italia è vietato:
i dissidenti sono segnati a dito come negli "Achtung banditi!" che
apparivano nei bandi repubblichini. Del resto la matrice è quella. Se i
politici della sinistra non sono capaci di dirlo, sarà bene ricordarlo ai
cittadini che sulla guerra nutrono più dubbi che sicurezze: molti dei Soloni
che vi accusano di vigliaccheria o di stare dalla parte del nemico sono
degli ex fascisti, o hanno vicende oscure e pendenze giudiziarie, e sono
difesi dall'immunità parlamentare. Rispedite le accuse al mittente. La
guerra è un fatto antico, appartiene alla specie umana. Se volete riflettere
sulla guerra, sulle guerre, con la vostra testa, fatelo, è vostro
fondamentale e sacrosanto diritto. Come si sa le guerre, che per alcuni di
solito producono degli svantaggi, per altri possono perfino essere
vantaggiose. Per esempio, calamitando l'attenzione dell'opinione pubblica,
possono risultare una vantaggiosa distrazione per un governo che abbia il
progetto di far passare una serie di leggi di discutibilissima correttezza
costituzionale, anzi, che della Costituzione si possono far beffe. Fatte,
approvate e controfirmate celermente mentre la guerra infuria e i cittadini
italiani guardano sul teleschermo le imprese belliche, le leggi la fanno in
barba, e il Tricolore sventola. E a proposito del Tricolore, che è una
bandiera di cui personalmente vado fiero, a me piacerebbe di più che nella
situazione storica in cui si trova questo Paese, piuttosto che fosse
consigliato alle famiglie di tenere in casa la nostra bandiera, si
consigliasse di comprare due libri, il primo grande e il secondo piccolo (di
formato), ma entrambi grandi di contenuto: "La Divina Commedia" e "La
Costituzione Repubblicana". Ritengo che un'idea di "italianità", se così
posso dire, si trovi più in quei due testi che in una bandiera, e la mia
esperienza di professore universitario grazie alla quale posso affermare che
pochi (davvero pochi) studenti li hanno letti, mi fa ritenere che siano
ignoti a una buona parte dei cittadini italiani. Forse un'educazione a un
maggior sentimento dell'unità nazionale, a un'appartenenza storica,
culturale e sociale comuni, potrebbe cominciare proprio dalla lettura del
poema che ha fondato l'Italia linguisticamente e dagli articoli del popolo
sovrano che l'hanno fondata come Paese finalmente libero e democratico dopo
alcuni secoli di spartizioni, divisioni, occupazioni, dittature.
Analogamente, mi piacerebbe la proposta di un parlamentare di un qualche
partito consapevole, che a differenza di quell'esponente di Alleanza
Nazionale che vorrebbe che il governo regalasse a ogni neonato italiano il
Tricolore, proponesse di fargli spedire per posta una Costituzione, seppure
in un'edizione sobria e molto economica. A guisa di auspicio, di piccolo
vitalizio ideale e morale: benvenuto, bambino, che questo libriccino ti
accompagni nella vita, è quanto di meglio istituzionalmente e politicamente
questo Paese ha saputo fare. E se non lo volesse fare il governo, potrebbe
incaricarsene lo Stato. Del resto sarebbe una spesa modesta: quanti bambini
possono mai nascere in Italia in un anno? In confronto alle spese di certi
uomini d'affari che per scendere in politica hanno inondato le famiglie
italiane con la loro lussuosa "biografia" a colori, sarebbe una spesa
irrisoria. Quanto al Tricolore e agli oltre duemila (per ora) volontari in
partenza per "missioni d'attacco", secondo l'espressione del ministro della
Difesa, ci auguriamo che non debba avvolgere nessuna bara di ritorno. Di
solito nelle guerre

succede: è la loro logica.


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