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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

Suor Lucia, la quinta evangelista - Poche le novità nel testo del messaggio di Fatima distribuito ieri in Vaticano. Grande solennità, mondovisione, come se si trattasse di uno dei più straordinari eventi del secolo e della storia. I contenuti li aveva già esposti a Fatima, il 13 maggio scorso, il cardinale Sodano: stragi e guerre, sciagure, fiamme dell'inferno, lotta a coltello fra il bene e il male con la sconfitta di quest'ultimo. E la profezia più interessante, il segreto numero tre: quel "vescovo vestito di bianco, che, portando la croce fra i cadaveri dei martirizzati, cade a terra come morto, sotto i colpi di un'arma da fuoco". Morto o "come" morto, non fa gran differenza. L'importante è che si tratti proprio di Giovanni Paolo II e che la Madonna di Fatima abbia deviato il colpo sparato da Alì Agca. Nessuna profezia, invece, come da molti parti si era insinuato, su di una crisi che avrebbe colpito il cattolicesimo postconciliare. Non grandi novità, dunque, nella rivelazione dei "misteri". Notevole, invece, la novità della impostazione. Fino a ieri la chiesa cattolica ufficiale era stata sempre molto prudente in fatto di "rivelazioni" private, che dovevano rimanere sempre nell'ambito, appunto, del "privato", un ambito ben lontano da quella della rivelazione ufficiale che impegna la fede e alla quale non si può aggiungere niente di nuovo dopo la morte dell'ultimo apostolo. Anche Lourdes, Medjugorie e mille e mille altri episodi rimanevano nell'ambito del privato. Il Vaticano non si impegnava. Questa volta la linea è cambiata. E' lo stesso cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede a distribuire e a sottoscrivere testi che, anche se formalmente rimangono nell'ambito privato, acquistano un peso e una rilevanza assolutamente inconsueti. Suor Lucia sale al livello, si può quasi dire, degli evangelisti. E' sempre più difficile ammettere che un buon cattolico possa rifiutarsi di accettare Fatima. Come mai Giovanni Paolo II ha voluto questa svolta, che i suoi predecessori avevano decisamente negato? Le possibili risposte a questo interrogativo impongono dubbi e contraddizioni. La prima riguarda una certa visione della storia, tutta accentrata sulla chiesa di Roma e sul suo pontefice. Come se tutto il resto - perfino le guerre mondiali, i lager e i gulag - non potesse che ruotare intorno al Tevere e alle sue sponde. Roma in primo piano, autoreferenziale. Come se la storia del ventesimo secolo si potesse compendiare tutta o quasi nel percorso di quella pallottola, deviata dalla Madonna e ora incastonata nella sua corona a Fatima. Non soltanto il papa, ma anche Alì Agca fra i protagonisti di primo piano della storia. Se è così, perché, allora, quell'insistenza sull'ecumenismo che Wojtyla vorrebbe caratteristica del suo pontificato? E' evidente che gli altri cristiani - protestanti e ortodossi - non possono essere lieti di questa esaltazione della centralità del pontificato romano. Fatima, inevitabilmente, li allontana, nonostante i mille incontri, convegni, dichiarazioni di intenti. Come anche allontana tutti coloro - credenti e non - che pensano ad una fede religiosa vicina più alla ragione che alle visioni e apparizioni misteriose, più o meno idolatriche. Sono molti, anche in questi giorni, ma sembra che non abbiano voce. E sono molti, anche se non parlano, quei credenti che preferirebbero una Madonna che fosse stata capace di salvare, oltre al papa, anche Monsignor Romero e milioni di poveri cristi nel mondo. Troppe pallottole non sono state deviate dalla Madonna di Fatima. Messaggere di Fatimaarticolo apparso il 27 giugno 2000 su il Manifesto di Filippo Gentiloni******July, 2000
 
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