C'è stato un periodo nella nostra storia in cui si poteva pensare
addirittura che "le idee sono tali in quanto tu puoi comunicarle
agli altri, che se le tieni per te non servono a nulla, anzi non
sono nemmeno idee". La citazione proviene da un libro che si intitolava
"Il lavoro culturale", ne era autore Luciano Bianciardi nel 1957
- nel 1964 ne fece una nuova edizione accresciuta, noi ne leggiamo
da una edizione Feltrinelli 1991. Nel libro para-autobiografico
di Bianciardi, sono un gruppo di ragazzi della provincia grossetana
che si provano, in anni di intenso fervore politico e sociale,
nella sensazione di poter annodare un filo virtuoso, reale e non
virtuale, tra sé e le punte più avanzate della cultura e della
politica. Impegno, partecipazione, discussione divenivano tre
cardini su cui i giovani della generazione della Ricostruzione
e della guerra fredda tentavano la manovra elusiva dal sistema
dominante dei padri e della madri, alla ricerca di una identità
politica e culturale altra che si osava rivendicare con passione.
Era parte di questo attivismo culturale il circolo cinematografico,
luogo di riunione e di discussione ma anche momento grazie al
quale l'occhio poteva proiettarsi su una realtà altra rispetto
a quella sentita come provinciale e deprivatizzante del proprio
paese. Nel corso degli anni Cinquanta in Italia è tutto un proliferare
di circoli e associazioni che fanno del cinema la propria identità
e la propria "chiave" di apertura nei confronti del mondo. Su
questo periodo esce ora un libro a carattere storico-documentario,
"Quando il cinema era un circolo" di Virgilio Tosi. Il libro di
Tosi, stampato e distribuito da Marsilio (1999) con la collaborazione
della Federazione Italiana dei circoli del cinema e della Fondazione
Scuola Nazionale di Cinema esce nella collana "Biblioteca di Bianco
& Nero" di cui è direttore Lino Micciché. Libro ben documentato,
che ripercorre un aspetto della storia sociale e politica del
cinema nel nostro paese, attraverso la vicenda dei circoli cinematografici.
Il punto di vista è quello di chi alle vicende di cui raccoglie
la documentazione vi ha partecipato da protagonista - Tosi è stato
tra i fondatori della Federazione italiana dei circoli cinematografici
(FICC), insegna alla Scuola Nazionale di Cinema. Forse anche in
questo sta un limite: una storia forse un po' troppo dal punto
di vista istituzionale, i circoli e i gruppi con le loro proiezioni
ufficiali più che nella realtà sociale e politica di quegli anni.
E tuttavia alcune vicende si intersecano. Quella politica innanzitutto,
gli anni Cinquanta con il suo maccartismo: si ricorda il famoso
intervento di Giulio Andreotti contro De Sica a proposito di Umberto
D. reo di dare un'immagine dell'Italia non in linea con quella
di "patria di don Bosco, del Forlanini e di una progredita legislazione
sociale" (lettera aperta di Giulio Andreotti sul periodico democristiano
"Libertas", 24 febbraio 1952) - l'azione di censura e di "regolamentazione"
morale e politica svolto dal sottosegretariato alla Presidenza
del consiglio che prosegue anche con i successori di Andreotti,
e tra essi è Oscar L. Scalfaro -, o tutte le vicende che vedono
protagonista Guido Aristarco, estromesso dalla rivista "Cinema",
che nel dicembre 1952 fa uscire il quindicinale "Cinema nuovo":
nel settembre 1953 finirà in galera assieme a Renzo Renzi per
aver pubblicato il soggetto di una sceneggiatura sui soldati italiani
in Grecia durante la seconda guerra mondiale. Storia della FICC
più che storia dei circoli, quello di Tosi è tuttavia un importante
documento sulla storia della diffusione della cultura cinematografica
in Italia, quando la ricostruzione dell'immagine di sé e del mondo
che si voleva dare era terreno di scontro ideologico e politico.
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Cinema, Italia 1945-1956
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