GUERRA ALL'IRAQ
Desert Fox un anno dopo Saddam resta, l'Onu no
Sono le Nazioni unite la vittima dell'attacco voluto dagli Usa
- R. ZAN.
I l gendarme del pianeta e il suo ascaro
europeo, rispettivamente gli Stati uniti e la Gran Bretagna, lanciarono
un anno fa, nella notte fra il 16 e il 17 dicembre del '98, l'operazione
"Desert Fox" sui cieli dell'Iraq. Nelle intenzioni degli aggressori
- a cui Turchia, Arabia saudita e Kuwait misero a disposizione
le proprie basi aeree - l'operazione rappresentava l'unilaterale
punizione decisa dal più forte, in spregio all'Onu, per
punire il presunto rifiuto di Baghdad di cooperare con gli ispettori
dell'Onu inviati a verificare il disarmo iracheno. Il Pentagono
disse di aver lanciato 524 missili durante 70 ore di offensiva
martellante in cui sarebbero stati colpiti almeno 100 obiettivi
iracheni, e definì l'operazione un successo.
A un anno di distanza gli ispettori non sono mai più
tornati, Saddam Hussein resta saldo in sella e ieri, in occasione
dell'anniversario, ha dichiarato trionfalmente che "grazie alla
sua fermezza l'Iraq è diventato un esempio per il mondo
arabo". Poi ha insignito con onoreficenze al valor militare i
membri del suo partito unico, il Baath, e del Consiglio del comando
della rivoluzione, l'organismo decisionale da lui stesso presieduto.
Il paese però porta ancora i segni degli attacchi di
quei giorni che distrussero centrali di comunicazione, ospedali,
scuole e case. Fu distrutto anche il palazzo di Hala, una delle
figlie di Saddam. Gli iracheni affermano di aver ricostruito ogni
mattone distrutto nell'incursione ma Baghdad è ancora piena
di impalcature, il sud del paese ha le linee telefoniche danneggiate
(dalla capitale è ancora difficile chiamare Bassora) e
le trasmissioni radio e tv non hanno mai ripreso l'efficienza
di un tempo.
In un anno, inoltre, l'embargo dichiarato per la guerra del
Golfo ha continuato a mietere le sue vittime tra la popolazione
irachena, embargo appena alleviato dall'accordo oil for food che
sempre più faticosamente si è trascinato alla settima
fase: due milioni di barili di crudo iracheno sono pronti a partire
dal porto petrolifero di Mina al-Bakr. A parte una quota prefissata
di petrolio pari a 5,2 miliardi di dollari al semestre (circa
10mila miliardi di lire) da investire in cibo e medicinali, all'Iraq
è vietato ogni altra cosa, a parte la fame.
Il destino del paese si gioca sul tavolo del Consiglio di sicurezza.
L'Onu non si è mai più ripresa dal terribile ceffone
di "Desert Fox", e la credibilità del principale organismo
politico mondiale da allora non ha fatto che precipitare. Ora
la Francia ha rinviato all'ultimo minuto una riunione del Consiglio
che dovrebbe rispedire gli ispettori Onu in Iraq e alleviare le
sanzioni: Russia e Cina si asterrebbero, Usa e Gran Bretagna voterebbero
contro, Parigi non sa che fare temendo rappresaglie contro le
sue Elf e Total-Fina che già competono con i giganti americani.
Pura diplomazia petrolifera, esercitata sulla pelle degli iracheni.
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