VENEZUELA 71% DI SI' NEL REFERENDUM COSTITUZIONALE
L'uragano Chávez
I no al 29% ma l'astensione è stata del 54%: solo a causa
del maltempo? "Un'era nefasta si chiude, la repubblica dell'oligarchia
è finita"
- S.D.C. - CARACAS
E' andata come si prevedeva: il referendum
di ieri in Venezuela si è risolto in una valanga di sì
a favore della nuova costituzione e, sopratutto, in un plebiscito
per Hugo Chávez. 71% di sì contro il 29% dei no.
Unico dato controverso l'astensione, altissima il 54%: un segnale
politico, tenta di accreditare l'opposizione; un fattore meterologico,
ribattono i chavisti per via delle piogge torrenziali che
hanno provocato disastri e morti (almeno 37) sulla costa caraibica
del Venezuela.
La nuova costituzione dunque, la ventiseiesima dall'indipendenza
del 1821, è stata, come prevedibile, approvata, e è
entrata in vigore al posto di quella del '61.
A Chávez è riuscito in un anno, e finora in termini
sostanzialmente democratici, quel che altri governanti non si
potrebbero neppure sognare: l'eliminazione indolore del vecchio
ordine politico e la creazione di un nuovo Stato.
Mercoledì sera, quando il trionfo dei sì era gi
delinato, un Chávez conciliante è apparso in tv:
"Grazie a Dio oggi si è chiusa un'era nefasta - ha detto
-, la repubblica dell'oligarchia è finita. Onore ai vinti
e gloria ai vincitori".
Prima del voto i toni erano stati assai meno concilianti, da
entrambe le parti. Ma Chávez dice che grazie alla sua "rivoluzione
democratica e pacifica", oltreché "bolivariana" (un aggettivo
che ora Venezuela si porterà ufficialmente nel nome), è
riuscito a "disinnescare" quella "bomba a tempo" costituita da
un paese in cui corruzione e malgoverno hanno spinto l'80% della
popolazione sotto il livello della povertà.
Gli effetti dell'entrata in vigore della nuova costituzione
sono immediati e vistosi. Il primo è la chiusura definitiva
del Congresso (sostituito provvisoriamente dall'Assemblea costituente
che resterà in vigore fino al 3 febbraio), già messo
in quarantena da Chávez, finora bicamerale e dalla prossima
legislatura unicamerale, controllato dai vecchi partiti tradizionali
- socialdemocratici e socialcristiani - ma solo in quanto eletto
prima dell'arrivo dell'uragano Hugo alla presidenza nel
deicembre '98.Nonostante l'opposizione dei poteri forti - il business,
la banca, la Chiesa cattolica, l'establishment politico -, e nonostante
l'aggravarsi drammatico della peggior recessione nella storia
del paese (l'economia ha segnato un indice negativo del 10% nei
primi sei mesi del '99 e la disoccupazione è balzata al
18%), la popolarità del "vendicatore" Chávez non
ha fatto che aumentare e viaggia ora, secondo le stime generali,
intorno all'80% (la stessa percentuale dei venezuelani poveri).
Chávez è il presidente più poderoso nella
storia del Venezuela, anche più dell'ultimo dittatore militare,
il generale Marcos Pérez Jiménez, in quanto il suo
potere è un potere democratico e non dittatoriale.Il problema
è che ormai, spazzato via tutto il vecchio e "rancido"
Venezuela della "oligarchia corrotta", una volta approvata la
sua costituzione, non ha più vie d'uscita. Ora ha l'investitura
democratica, il campo (relativamente) libero e gli strumenti di
potere che chiedeva per governare.
Non gli resta che attendere le prossime elezioni, fissate per
febbraio-marzo, quando si voterà ancora per il nuovo parlamento
unicamerale, i governatori, i sindaci e, anche, per la presidenza
della repubblica: con la costituzione chavista infatti
il mandato presidenziale durerà 6 anziché 5 anni
e sarà immediatamente rinnovabile per una volta. Elezioni
che, a meno di cataclismi, confermeranno la sparizione del vecchio
duopolio Ad-Copei dalla mappa politica del parlamento, dei governatori
statali, dei sindaci.
Una grande occasione per Chávez di riempire di contenuti
la sua strategia economica in controtendenza rispetto all'ideologia
dominante del neo-liberalismo, e la sua linea politica per una
"democrazia partecipativa". Ma anche il pericolo, se va male,
che si concretizzino quella "dittatura costituzionale" e quelle
"tendenze autoritarie" su cui si straccia le vesti ora l'establishment
tradizionale per giustificare il proprio suicidio politico.
|