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Girodivite - n° 58 / novembre 1999 - Scuola

Una sbornia di privatizzazioni

da: il manifesto, del 19 Novembre 1999

"Tutti hanno tentato di picconare la Costituzione. Ma nella scuola è gravissimo perché l'istruzione è questione pubblica che pertiene allo stato"

- ANNA PIZZO - ROMA

I l sociologo e docente alla Sapienza di Roma, Franco Ferrarotti, ha parole dure sia sulle superficialità di un certo estremismo studentesco che tanti errori ha commesso, sia sulla legge di Berlinguer che più che di superficialità, pecca di inutile "cencellismo".Così, quando gli si chiede di pronunciarsi sulla parità e, contestualmente, sul finanziamento alle scuole private previsto dalla legge del governo, affronta immediatamente l'argomento a cominciare dai lacci e lacciuoli ideologici.

Cosa c'è professore, dietro que sta partita della parità?

C'è una superfetazione ideologica della quale è necessario liberarsi e che fa da velo al fatto essenziale del dettato costituzionale. Che tutti, in un modo o in un altro, hanno tentato di picconare. L'istruzione è questione pubblica che pertiene allo stato il quale tuttavia non proibisce attività integrative. Del resto, perfino negli Stati uniti i finanziamenti non vengono erogati alle scuole perché esercitano una funzione pubblica. Non si vede perché in Italia dovrebbe essere invece così se non perché il nostro paese è stato investito da una ventata di privatizzazioni. Approfittare di questa ventata per intervenire nella scuola con questa funzione mi pare molto grave. Così come in Francia non sono stati dimenticati gli insegnamenti dell'89 (mi riferisco naturalmente al 1789) così in Italia sarebbe il caso di non dimenticare quelli della Resistenza.

Il governatore della Banca d'Italia Fazio è un fautore del principio di sussidiarietà applicato anche alla scuola. Insomma, in principio è il privato, poi semmai arriva lo stato. E' giusto?

Il principio lo posso anche condividere ma è pericoloso se applicato alla scuola perché renderebbe sempre più precaria la scuola, come già accade con l'università. Insomma, se in Francia il principio funziona e in dieci anni sono state costruite dieci nuove università, in Italia non si è fatto un bel niente. Cosicché può diventare una talpa e intaccare le fondamenta della scuola pubblica.

E cosa pensa del disegno di legge del governo sulla cosiddetta parità tra scuola pubblica e privata?

Lo considero in un certo senso il male minore ma solo sul piano pragmatico e fermi restando i principi costituzionali e i poteri dello stato, altrimenti la scuola rischia di diventare come Telecom, e questo è non solo assurdo ma anche pericoloso.

Perché a suo parere si è arrivati a questa incalzante discussione?

Per molte ragioni, ma anche perché in Italia è in crisi nella scuola la funzione pedagogica. I giovani avrebbero ragione di protestare e manifestare, ma soprattutto contro la latitanza degli educatori.

Dalla sussiadiarietà al sistema integrato il passo è breve. Cosa ne pensa?

C'è da stare molto attenti perché le realtà all'interno della scuola sono molto eterogenee e non possono essere interscambiabili. Nelle parole di Fazio c'è un atteggiamento tipicamente pretesco che è quello di cambiare le carte in tavola. Tutto questo poteva essere capito prima e meglio dagli studenti se, purtroppo, la contestazione non fosse stata bloccata dagli stessi errori di chi la portava avanti fino ad arrivare al paradosso che proprio la difesa così sterile della scuola di stato in qualche misura ha spianato la strada alla scuola privata. Penso addirittura che lo stesso movimento di protesta sia stato strumentalizzato da chi voleva l'opposto. L'accusa fatta a chi contestava di essere il difensore del vecchio, di non volere il cambiamento, ha finito per agevolare chi propugnava la finta modernità, cioè uno spazio grande per i privati, per il privato in generale.

Responsabilità degli studenti o anche dei cosiddetti intellettuali?

Ci sono gravi responsabilità anche dei docenti che avrebbero dovuto innanzitutto chiarire a se stessi l'obiettivo di quella lotta e avrebbero dovuto lottare contro il potere cercando alleanze e mostrando chiarezza di comportamenti. La liberalizzazione dei piani di studio, l'università di massa degli anni della contestazione erano un bell'obiettivo, ma vuoto se contemporaneamente non si lottava per avere le strutture. Invece, quella situazione schizofrenica di fatto ha creato un'università ancor più élitaria.

Fazio e il papa sembrano oggi molto vicini sulla questione della scuola grazie al passe par tout della sussidiarietà. Non le sembra?

Credo che ci sia di fatto una vera e propria alleanza perché i poteri forti hanno tutto l'interesse a formare una loro futura classe dirigente di esperti e una consistente manodopera da usare. Si vuole subordinare la funzione pedagogica al mondo produttivo e questo è molto più che un errore, è una tendenza pericolosissima. La formazione polivalente è la sola garanzia di ottenere dei cittadini che pensino con la loro testa. Invece, vogliono dei tecnici idioti. E si ritroveranno dei tecnici obsoleti e degli idioti permanenti. E' questo il punto più delicato e il più decisivo sul quale battersi: non può esserci alcuna subalternità alle esigenze produttive, anche perché la tecnologia evolve con tale rapidità per cui si rischia che col puro tecnicismo si resta sempre indietro. Tutto questo lo abbiamo già visto, in altri paesi e anche in Italia. E ovunque ha portato al disastro. Ma sembra che dagli errori non si impari mai.

Dunque, lei pensa che la riforma della scuola e quella dell'università non scalfiranno neppure le gabbie di inadeguatezza della formazione nel nostro paese?

Certo, perché io penso che i giovani non sono formati bene. In realtà le industrie si fanno con i soldi pubblici la loro manodopera ma non è detto che questa manodopera sia formata per gli interessi del paese.

In conclusione, professore, l'abdicazione sempre più evidente dello stato nel campo dell'istruzione comporta gravi rischi per l'equilibrio democratico e per il futuro?

Penso di sì e lo ripeto e lo ripeterò sempre: l'istruzione è questione pubblica che pertiene allo Stato.

 


Released online: November, 1999

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