articolo
d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
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Girodivite - n° 55 / luglio-agosto 1999
- Pacifismo, dossier Kossovo
Profughi al centro del campo
di Paolo Griseri, inviato a Kukes. - Da: Il Manifesto, 24 aprile 1999.
- Espulsi dai serbi, trasferiti dai militari che prenderanno il loro posto.
Centoventi profughi scesi dal confine e alcune migliaia trasferiti
a valle nei campi di Burrel e Tirana: ieri il saldo finale della giornata
di Kukes è stato positivo ma il gioco della tela di Penelope, con i
serbi che aprono la frontiera a intermittenza e l'Onu che organizza
il trasferimento dei kosovari nel sud del paese, sembra destinato a
proseguire ancora per molto tempo. E' ormai chiaro che la strategia
di Belgrado è quella di ritardare il più possibile l'arrivo dei militari
nell'area di confine per rinviare l'inizio dell'attacco di terra, un'ipotesi
che da queste parti viene considerata assai probabile. La Taurinense
A 5 chilometri da Kukes, sulla strada che con molta abilità consente
di raggiungere la Macedonia, si è sistemato da due giorni un accampamento
di militari italiani della Taurinense. 120 soldati che si sono portati
al seguito quattro ufficiali della Nato e cinque specialisti inglesi
in telecomunicazioni. Il capitano Enrico Pizzileo spiega che la missione
della Taurinense a Kukes "è quella di trasferire i profughi verso Tirana.
Il nostro compito - aggiunge l'ufficiale - è esclusivamente umanitario
e ci muoviamo in coordinamento con l'Alto commissariato dell'Onu per
i rifugiati. Del resto, come si vede, non abbiamo con noi l'armamento
pesante ma solo quello necessario alla difesa personale". Effettivamente
l'accampamento dei militari italiani è molto informale: una ventina
di tende sistemate vicino ai camion, senza recinzione. "L'obiettivo
- dice Pizzileo - è quello di decongestionare l'area di Kukes anche
in previsione dei rischi che l'affollamento potrebbe creare con l'arrivo
dei primi caldi. Giovedì i soldati italiani hanno trasferito sugli elicotteri
un centinaio di kosovari, mentre ieri ne hanno caricati altri 250 sui
camion in partenza verso Tirana. "A questo punto - concludeva ieri il
capitano - la nostra missione dovrebbe essere terminata e, senza altri
ordini, torneremo immediatamente a Durazzo". Se così fosse, ci sarebbe
da chiedersi come mai siano stati trasferiti a Kukes 120 militari per
riportare nel sud del paese solo 350 profughi, quando l'Onu ha dichiarato
di voler evacuare tutta l'area considerata troppo vicina al confine
caldo con la Serbia. Aleggia l'Uck Ma i militari italiani hanno portato
al seguito lo sparuto gruppo di ufficiali della Nato con il compito
di sistemare l'area intorno al vicino aereroporto. Si tratta in realtà
di un lungo tratto pianeggiante "che al momento può sopportare solo
l'atterraggio di elicotteri di media grandezza", come sostiene il capitano
di corvetta Alfonso Citarella, rappresentante italiano della missione
alleata. Citarella tiene molto a sottolineare che "anche la presenza
della Nato ha scopi esclusivamente umanitari: vogliamo adibire l'aereoporto
al trasferimento dei profughi con tende per l'attesa degli elicotteri
e strutture di prima accoglienza. non è certo immaginabile - aggiunge
l'ufficiale - che possono essere sistemati qui gli Apache che servirebbero
per l'attacco di terra. Quel tipo di elicotteri necessita infatti di
strutture di supporto molto sofisticate". Sta di fatto che il nuovo
eliporto aumenterà notevolmente la capacità logistica dell'area di Kukes
che già dispone di un'area per l'atterraggio dei velivoli presso il
campo profughi italiano di "Kukes 1". Con l'estate poi, ammettono gli
ufficiali, il nuovo eliporto potrà essere trasformato in aereoporto
e consentirà l'atterraggio di C130 e altri aerei da trasporto. Il tutto
con il fine ufficiale di "trasferire altrove migliaia di profughi al
giorno". Se gli eserciti ufficiali sono molto prudenti e tentano di
mascherare eventuali attività di preparazione per l'attacco di terra,
l'Uck, l'esercito ufficioso dei ribelli kosovari, tiene molto a rendere
evidente la propria presenza nell'area. Vicino a Kukes giungono i ragazzi
tedeschi, svizzeri, australiani che stanno facendo la fortuna delle
società di navigazione. Già al porto di Bari si possono contare centinaia
di ventenni in mimetica pronti ad imbarcarsi per Durazzo per andare
a combattere. Ragazzi che circolano nei bar orgogliosi della loro mimetica
nuova di zecca e che arrivano a Kukes per ricevere un addestramento
sommario prima di tentare lo sconfinamento in Kosovo. Sono loro i protagonisti
delle scaramucce di confine che sono già costate decine di morti non
ufficiali. E, soprattutto, saranno loro la prima linea di un eventuale
attacco di terra, una prima linea sommariamente istruita, destinata
a subire pesanti perdite. Non è facile, in questo clima, comportarsi
come se l'evacuazione dei profughi fosse dettata solo da ragioni umanitarie.
Nei due campi italiani si cerca di non pensarci e lavorare comunque
facendo fronte alle emergenze. Che sono le più svariate: all'ospedale
della città, ad esempio, sono rapidamente finite le pellicole per le
radiografie a causa dell'alto numero dei profughi feriti da schegge.
Giovedì sera molti dei nuovi profughi avevano urgente bisogno di curare
le piaghe ai piedi dopo 200 chilometri di marcia dalla città kosovara
di Mitrovica. Tutto procede comunque come se i 15.000 ospiti dei due
campi italiani dovessero restare in zona fin quando non decideranno
di andarsene volontariamente. Il governo italiano ha escluso l'evacuazione
forzata che invece viene ormai ipotizzata negli ambienti dell'Onu. E
intanto, intorno ai pullman che trasferiscono altrove i kosovari, si
è sviluppato un vergognoso mercato gestito dagli albanesi: i profughi,
già privati di tutto al di là del confine, sono costretti a vendere
per pochi lek l'unico loro avere, il trattore con il quale sono fuggiti
e che non possono portare a Tirana.
Released online: September, 1999
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******July,
2000
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