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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

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Reduci sbalestrati del veltronismo

di Goffredo Fofi

L'importanza del film di Martone ["Teatro di guerra"] sta anche nella sua capacità di funzionare da metafora della condizione culturale presente.
L'importanza del film di Martone ["Teatro di guerra"] sta anche nella sua capacità di funzionare da metafora della condizione culturale presente. Da una parte c'è un teatro fatto da esseri incasinati, che sostanzialmente non si pongono il problema di vincere e che però vogliono contribuire a rendere più vivibile il proprio mondo e a dare segni di solidarietà a quelle parti del mondo che sono più disastrate della loro. Sono teatranti ma potrebbero essere un gruppo di volontariato o una rivistina o un'associazione di terzo settore o un gruppo di insegnanti scontenti della scuola e che ne vogliono inventare un'altra. Un "popolo" che l'ascesa al potere della sinistra e il suo tremendo conformismo, il "veltronismo", ha sbalestrato e via via respinto - sta via via respingendo - ai margini, recuperandolo solo se accetta le regole del gioco delle Grandi associazioni e della Grande politica.
Dall'altra parte ci sono i vincenti di ora e di sempre, e sono un teatro stabile, ma potrebbero essere la redazione di un giornale (anche di sinistra), un assessorato dinamico, una dirigenza Arci e Cattolica, e così via. Coloro insomma che "hanno trovato", piuttosto cinici e soddisfatti, appendice necessaria del potere, che oggi identificano protervamente in sé il cuore del mondo. Certo ci sono mediazioni, e ci sono personaggi-ponte, come è lo stesso Martone, e la loro ambiguità è obbligatoria.
"Teatro di guerra" dice queste cose con una coralità piena, che nulla nasconde dell'impotenza dei non vincenti, ma neanche delle brutali ragioni dei "vincenti". Nello stesso tempo, è un grande romanzo su Napoli, una Napoli che va contro le illusioni dell'attuale riformismo bassoliniano, benemerito per tante cose ma che ha finito per affidarsi a un blocco di interessi che è "lo stesso di sempre", la stessa burocrazia, e Sud e Nord hanno qui la stessa idea di progresso. Questa Napoli è piena di contraddizioni, è una tribù dove i perdenti sono tanti e sono però forti di una diversità non spenta, di una voglia di dialogo tra non vincenti che produce una cultura non facilmente recuperabile e quella dei personaggi alla Toni Servillo, che sono ora dovunque (e per esempio imperano nel cinema e nella sua critica). Che bel film, che film importante ha fatto Martone! Che non piaccia ai vincenti, è un segno che, per fortuna, le differenze restano ancora.
Nota: L'articolo "Reduci sbalestrati del veltronismo" a firma di Goffredo Fofi è stato pubblicato nella rubrica "Criticando…", sul settimanale "Panorama" (21 maggio 1998, p. 199). La recensione riguardava il film di Mario Martone, "Teatro di guerra".
Released: May, 1998


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******July, 2000
 
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