articolo
d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
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Localismo/ Locale è bello, ma solo quando è solo mio. A chi appartiene
la nuova politica (vincente) del localismo sfrenato?
E' interessante come provenga dagli urbanisti, e non tanto dagli
economisti o da altre professioni o specializzazioni proprie della cultura
occidentale, la più efficace attenzione sui rapporti tra singolo e collettività,
e tra collettività e ecosistema, ambiente, spazio. In Italia figura
centrale oltre che persona esemplare è stato Antonio Cederna: grazie
alla sua tenacia e alla sua radicalità, al suo sguardo diverso, il movimento
culturale e politica di critica dell'esistente (in quegli anni rappresentato
dal sistema di potere democristiano), ha avuto impulsi e arricchimento.
Leggo ora un articolo interessante, di Vezio De Lucia (Il Manifesto,
26 marzo 1998, p. 5) intitolato "L'ulivo e la zanzara urbanista".
Si divide in due parti: considerazioni sul regionalismo, e urbanismo
e federalismo. Ne riporto ampi stralci, tutto quello non tra virgolette
è riferibile al mio pensiero.
1.
"Pare che non si possa non essere federalisti" scrive De Lucia.
"Un federalismo curioso, diverso da ogni altra esperienza storica.
Non l'aggregazione di stati indipendenti che rinunciano alla propria
sovranità per formare una più vasta unità nazionale, ma la disarticolazione
del pre-esistente stato unitario". Osserva giustamente De Lucia:
"Si mette mano a tanto radicale riforma istituzionale senza aver
nemmeno tentato un bilancio della recente esperienza regionalista, e
specialmente del Mezzogiorno. Mezzo secolo di vita di regioni autonome
in Sicilia e Sardegna, più di un quarto di secolo delle regioni a statuto
ordinario meriterebbero analisi e riflessioni accurate". Invece
"si sta formando un federalismo senza regionalismo". De Lucia
punta il dito sulle regioni meridionali, regioni che, occorre ricordarlo,
hanno tanta di quella autonomia da potersi permettere anche di valutare
o meno l'applicazione di alcune leggi nazionali. Il caso della politica
agricola e agrumaria in particolare è eclatante: il ministero delle
"risorse agricole" non può, da diversi anni, niente rispetto
ai poteri della Regione che invece grazie all'oculatezza dei suoi assessori
(e Sebastiano "Iano" Spoto Puleo, che a maggio si presenterà
sindaco a Francofonte è stato tra i più incapaci assessori della storia
regionale, responsabile primario della permanenza della crisi agrumicola).
Noi sappiamo della Sicilia, gestita da una cosca autoreferenziale e
chiusa, una casta di figli di figli di politici, eletta con il consenso
dei siciliani che dunque vogliono nella loro maggioranza lo stato esistente.
Emanuele Macaluso, che ha avuto le sue responsabilità nell'incapacità
del PCI a costituirsi come valida alternativa culturale e mentale al
sistema di potere democristiano, ha scritto che le Regioni sono "centri
burocratici di smistamento di una spesa pubblica clientelare, dispersiva
e infettata dalla mafia e dalla camorra". Osserva De Lucia: "nelle
regioni meridionali non è stato avviato neanche un piano di bacino.
I piani paesistici, i pochi che ci sono, li ha formati il ministero
dei Beni Culturali". Negli anni Ottanta l'Italia fu investita dall'utopia
neo-liberista, che colpì tutto ciò che sapeva di programmazione e pianificazione
di sviluppo. Anche le Regioni furono colpite da tali crisi, sostiene
De Lucia, riferendosi anche a un articolo di Raffaele Radicioni (apparso
su "Nuvole", aprile 1997). Credo che la cosa sia più drammatica.
E' vero che l'utopia neo-liberista investì anche la sinistra, che al
sistema di potere doveva fornire una alternativa cosa che non è accaduto
negli anni Ottanta (almeno non da parte del PCI al cui interno vinsero
i miglioristi e il partito dei funzionari; cosa diversa nella sinistra
critica). Ma occorre ricordarsi che ad esempio la Regione Sicilia nella
sua storia, si è dotata di strumenti di programmazione solo nel 1964
(ma già alla morte del suo artefice, Di Stefano, nel 1967, era stato
cancellato), e poi nel 1978. Prima del 1964 il vuoto; tra il 1967 e
il 1978 il vuoto; dopo il 1978 altro vuoto. Insomma, questa della programmazione
è stata anch'essa una imposizione (per me positiva) rispetto alla volontà
di mantenere lo status quo da parte dei governanti regionali. Là dove
si è avuta programmazione, pianificazione ovvero esempio di buon governo
della cosa pubblica è stato nelle Regioni a statuto speciale che però
erano inserite in un contesto culturale diverso: la Val d'Aosta e il
Trentino. Sicilia e Sardegna hanno mostrato tutti gli aspetti peggiori
di cosa significhi regionalismo, autonomia, dominio dei poteri locali.
Negli anni Novanta, lo scontro politico locale si è spostato poi dalle
Regioni (com'era negli anni Sessanta e parte degli anni Settanta) ai
Comuni, specie in quelli più grandi e specie dopo l'elezione diretta
del sindaco. Per una faccenda di visibilità, più che con un coerente
e reale programma di governo. In effetti ciò che contraddistingue il
PDS oggi è proprio l'assenza di qualsiasi cosa significhi progetto o
programma, se non l'occupazione sic et simpliciter del potere al posto
"degli altri". Una sostituzione generazionale di classi di
potere che può comunque svecchiare nel breve periodo ma nel medio e
nel lungo periodo non porta a nessun progresso reale se non il perpetuarsi
del sistema di potere (prima democristiano, ora pidiessino? Cosa cambia
se poi si perpetua il sistema di potere, il metodo e gli obiettivi della
politica?).
2.
Scrive De Lucia: "Si è rinunciato, in Italia, all'idea razionale
(e razionalistica) del piano urbanistico comunale esteso a tutto il
territorio, all'universitas del patrimonio territoriale [
]. Accordi
di programma, programmi integrati, d'intervento; programmi di riqualificazione
urbana; programmi di recupero urbano; contratti d'area; contratti di
programma; intese istituzionali di programma; patti territoriali: è
questa solo una parte della nuova nomenclatura delle deregulation. Che
procede a rotta di collo. Con il dichiarato intento di avviare il federalismo,
negli ultimi mesi è diventata frenetica la produzione di provvedimenti
che consentono la variazione continua degli strumenti di pianificazione,
a semplice richiesta dei promotori [
]. Edoardo Salzano ha scritto
che si sta estendendo all'intero paese il modello veneto delle fabbrichette
e dei centri commerciali sparpagliati nel territorio agricolo. Con costi
pazzeschi per la mano pubblica, insopportabili per la qualità della
vita, e crescenti per lo stesso sistema economico-produttivo".
Permettere a un'azienda separata dal centro urbano di sviluppare impianti
edilizi e abitativi o produttivi, significa che la comunità deve portare
fino a quel lotto fognature, acqua corrente e impianti di illuminazione,
adeguare lo sviluppo stradale (strade sempre e solo strade
ma
questo è un altro discorso). Così a Lentini, la scelta di far edificare
un campetto da golf con tutti gli annessi alla principessa Borghese,
ai piedi del bacino del Biviere. Ma anche, in altri paesi, le tendenze
a sviluppare centri commerciali lontani dal centro urbano
"La
verità è che, con il pretesto del federalismo, sta passando un modello
di sfrenato privatismo". Il commento di de Lucia è lapidario: "Se
è questo lo scenario politico, per il Mezzogiorno il peggio potrebbe
ancora venire". Tuttavia mi sembra che De Lucia colga solo una
parte del problema quando afferma che "il modello di trasformazione
urbanistica del Nord Est in un territorio sotto il controllo della grande
criminalità è una prospettiva da brivido". Non esiste solo la grande
criminalità, la classe dei nuovi ricchi costituitasi con il beneplacito
del potere spartitorio democristiano; esiste la inossidabile classe
dei vecchi ricchi o dei potenti di antica memoria: aristocratica per
sangue (il riproliferare dei "nobili" sparsi per le campagne
e le città) e per appartenenza di casta politica (i figli dei figli
dei notabili, democristiani e socialisti formano nelle città siciliane
una vera e propria casta, che non si identifica solo con il mondo delle
professioni - avvocati e medici). Ecco allora che il nuovo privatismo
imperante non è generico, ma appartiene a famiglie e a singoli che hanno
nome e cognome. Con il ricompattarsi in Sicilia di una classe di potenti,
separata dalla "gente", l'eliminazione della classe media
e della borghesia dalle cui file tra l'altro dagli anni Settanta in
poi sono emerse le istanze di "rivoluzione borghese" in Sicilia
e nel Meridione. Nel Sud è il feudo il pericolo, ammantato di ricoloriture
aziendaliste o "moderniste". "Se questo è il clima politico-culturale,
che senso ha difendere la pianificazione? Antichi e nuovi benpensanti
(i nuovi, soprattutto) mi dicono che è un atteggiamento passatista,
da nostalgico degli anni Sessanta e Settanta. Che la pianificazione
non è un valore in sé, è solo uno strumento arcaico [
]. Che adesso
è la stagione dell'urbanistica contrattualistica. Che tutte le cose
del mondo evolvono, anche gli strumenti dell'azione pubblica. Io continuo
a pensare che non sia così. Non credo che si possa elaborare alcuna
idea di sviluppo, alcuna prospettiva di riforma coerente e trasparente
dell'organizzazione territoriale, nel Nord e nel Sud, senza restituire
dignità agli strumenti della pianificazione e a chi li utilizza. Se
la malaurbanistica è all'origine delle disgraziate condizioni di vita
delle città italiane, e di tante Tangentopoli, solo un eccezionale impegno
per rinnovare i metodi e gli strumenti di governo del territorio può
determinare un'autentica rottura con il passato e la nascita di un'ondata
culturale nuova". D'altra parte, termina De Lucia, "basta
fare un confronto con gli altri paesi europei. Che cosa c'è dietro [
]
alla capacità tedesca di costruire nuovi paesaggi naturali? Dietro alle
straordinarie operazioni francesi di trasformazione urbana? Dietro all'amichevole
impatto del trasporto pubblico locale in Ispagna? Ci sono due condizioni
irrinunciabili: il riconosciuto prestigio degli organi istituzionali
ai quali è affidato il governo pubblico del territorio e l'uso rigoroso
e permanente dei metodi e degli strumenti della pianificazione territoriale
urbanistica e di settore".
Released: April, 1998
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******July,
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