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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

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Parole del silenzio

di Geraldo Ledda
Dedico questo libro
a Giuseppe
morto per overdose nel 1989

"La vita è una tempesta,
e prenderla nel culo è un lampo"
(Beppe Grillo)


Possono
le ore essere più deserte
nel camminare strascicarle
quelle
gambe ginocchia piedi suole dita
il cadavere che lascia il suo segno
tra le piante grasse pungigliose
tra un ago e l'altro proteso, rigido

brulicare chitinoso di insetti
sotto la luce accesa
voglia
di buio

è l'ultimo sguardo del sole
al mare inabissandosi nel fermo
vespro
perenne
l'ombra
più
lunga

che non si offre
in dono
ma si rifiuta
- al gesto d'esistenza
o matematico o pitagorico quando

nulla quadra nel confine dell'ombra
la linea che ci avanza
si ritrovò
a mangiare un clementino
a mezzanotte
lui preferiva
clementini a mandarini,
anche se più piccoli per via
dei semi meno semi, meno
fatica a sputare via
sbucciando la buccia
tenera, rossa,
con l'angolo dell'unghia
del pollice
mentre l'aria
si riempe della fragranza
chiedendosi se l'acido dell'agrume
può fare male allo stomaco,
data l'età . E intanto
il pensiero di sua madre
che aveva visto quella gente
caricata sui camion sotto i mitra
il frusciare delle divise
gli ordini secchi degli ufficiali
il silenzio di chi rimane a guardare
suo padre
il padre di sua madre
suo nonno
le aveva stretto la mano
a sua figlia - sua madre
le aveva sussurrato stà zitta
per carità cattolica apostolica romana
non mettersi a parlare non dire
assolutamente nulla mentre
davanti ai loro occhi gli ebrei del ghetto di Roma
erano caricati sui camion
sua madre aveva giurato
dentro di sé

che mai
avrebbe ripetuto
mai più
gli errori
dei suoi
soprattutto

della propria madre ai suoi figli
lei non avrebbe fatto quegli errori
per lei sarebbe stato tutto diverso

e così niente cerchietto
alla testa
a rastrellare i capelli
niente a letto il pomeriggio
a forza e controvoglia
mai più schiaffi

e poi aveva avuto dei figli
e aveva fatto le stesse cose
e aveva detto le stesse cose
e avuto le stesse reazioni

il senso della continuità che rende
l'esistenza più completa
rassicurante
adulta

lui aveva girato molto,
visto le città e le strade dell'europa
aveva girato il mondo ed era
come se non si fosse mai allontanato
dal proprio letto aveva girato
da un letto a un altro per ritrovarsi
nello stesso letto di prima

lui mangiava
il clementino
rosso-arancione
a quell'ora
nel silenzio
assoluto
della casa

fuori
i rumori
di qualche rara
auto, di un tram
chissà
se

gli avrebbe fatto male allo stomaco
tutto quell'acido, il sapore agro
dopo il dolce

nella sua splendida torre
Hö lderlin con i piedi sul letto
di paglia

davanti a sé
la finestra
la valle

del fiume ciondolante come gente
in fila per la vodka mentre alla tivvù
gli oratori promettono vodka gratis
per tutti e carri armati nuovi di zecca
per riprenderci l'Alaska e la Polonia
profittando di un corto vedere
del telescopio Hubble che gironzola

sopra le nostre teste la faremo in tre
dicono quest'italia metteremo alla porta
i mendicanti del sud - scuri in faccia
puzzolenti e dalle lingue incomprensibili -
faremo un fagotto del passato
per questo inverno natalizio
un ultimo grido senza eco
avvolti nelle nostre calde coperte
mentre i carri armati riscaldano
i cuori dei bravi soldati

E intanto
lassù qualcuno
ci aggiusta
meglio gli occhiali
per veder le stelle...
l'uomo in fila
in un attimo di
distrazione superò
una anziana signora
pochi millimetri
la folla lo spinse
ancora più avanti
la vecchia signora
lo guardò : con odio
fu solo l'inizio

lei andava a spasso con un coccodrillo
vivo avvolto sulle spalle
mentre il becchino sotto casa
rubava le otturazioni d'oro
ai cadaveri con la benedizione
del cappellano che metteva all'asta
i loculi più esclusivi al Verano

quell'anno, l'anno del rinascimento,
fu una corsa folle a vedere in tivvù
l'ultimo tuareg catturato nella steppa
ucraina fosforescente come un albero di natale
l'anno in cui la solitudine fu rinventata
e i diritti d'autore scaduti
permisero nuove piccanti pubblicazioni

da quando pisciare e pensare
hanno molto in comune
sono attività che si possono rinviare...
ma non in eterno

se proprio
lo vuoi

savè r
semo cumbinati assà ie
mali
ca semu misi
ni li uà i
isti sù

li problema xe ne
lu prublema de li problema
u prublemazzu
nu xe ne pò più di
sta genti
di sti
respira

combinare
riconbinari
riminari
rimestolare
mescidare
il tiro sui colpi

due dopo tre
una dua tria

savè r dei savè r
savè r de morì r
savè r de odorar
già cadavre

de non savè r antro
po noantri

poareti

ca ci sta l'occidente

tra molare e dente del giudissio
er meio de la gioventù
la scarnificazione della sacra

allianza tra lega e rilega
tra sega e risega
tra un bossolo di bul dog
e il resto der monno nfame

sul resto non ci sò speranze

la foto
der fotocane
sempre lo stesso
cano manuzzeddu caì nu

apri la porta
e t'arritrovi in un altro mondo
oltre la porta di casa
attraverso lo spicchio
di luce della federa

prima d'innamorarti guardati bene
ed è come se avesse scoperto
un buco in mezzo alla testa,
tanto grande da poterci gettare
dentro un oggetto
senza mai sentire
il tonfo
per quanto grande fosse l'oggetto
e per quanto tempo
avesse voluto aspettare
con l'orecchio teso
tutto si può sopportare al mondo,
tranne una prosperità prolungata

per lui fu questo
quando tra le rovine di Ercolano
si ritrovarono tutti
i rotoli della Biblioteca
e quando dopo infinite cure
e studi
quei rotoli furono
srotolati e il loro contenuto
accuratamente ritrascritto
criticamente vagliato
e nessuno di essi diceva
ciò che ci si aspettava di sentire
il dubbio: che qualcuno avesse imbrogliato
le carte totalmente altre erano
le idee e le persone, i costumi,
ciò in cui si credeva fermamente
fino ad allora aveva insegnato menzogne
il suo "campo del sapere", spazio
di forze gravitazionali e meteoriti
dalle traiettorie caotiche
solchi arati e da arare
l'edifico si andava costruendo
l'anatomia della realtà
la bacchettina di gesso stretta tra le dita
i chimici ne analizzavano la composizione
gli storici ne facevano la storia geologica
produttiva e industriale, la storia della scrittura
e dei segni, il sistema delle comunicazioni
e così via - perché da un singolo oggetto
si può passare all'infinito del mondo
e ora quale verità poteva esserci
se il passato ci si rivoltava contro,
se esso risultava così inaffidabile,
aleatorio,
carico della menzogna
così dispettoso - irriverente alla nostra attualità
non resta che scegliendo le parole
del pensiero per accentuare l'eleganza del dire...

era la luna,
nettissima
a metà ,
a un quarto
disegnata al compiuter
Reni si sorprendeva
sempre più spesso
di ritrovare fuori
ciò che finora pensava potesse
esistere solo grazie alla virtualità
digitalizzata dei bits
il bambino che gioca
al calcio davanti alla chiesa,
monotono rimanda la palla
contro il muro,
il rumore del pallone
gommato il solo rumore che
si sente
tutti gli altri sono
dentro l'edificio
il bambino è
il solo essere vivente del paese
la luce è forte,
calda
gli spazi degli edifici
bianchissimi, le ombre nere
le strade vuote

quando i ricordi ci assalgono
e noi ne siamo
spazzati via, travolti
per sopravvivere avremmo bisogno
di non avere più i ricordi
di non avere più alcuna memoria
sua madre era una pregiuziosa
viveva il pregiudizio come una normalità

Reni non aveva mai pensato
di definire
così sua madre
anche in questo non sapeva
prendere una iniziativa
ancora una volta
era stato Giardino a definire
la madre di Reni in questo modo
"Pregiudizi"
sua madre parlava al telefono

con le amiche e diceva sul mondo
il cui disfacimento era in aumento
la mancanza dell'ordine della disciplina
la mancanza di religione, tutti questi giovani
parassiti e vestiti male
le notizie del telegiornale
questi drogati la cui soluzione sarebbe stata
così semplice contro il lassismo
contro questi comunisti che minacciavano
il vivere civile oppure leggeva
la rivista con le foto delle dive
e dei divi e delle loro faccende private
le loro ville "da sogno",
i loro vestiri "da favola",
le loro beghe tra corna matrimoni
ammucchiate e interviste
il suo pregiudizio,
Reni si era limitato a provare
una superficiale e indefinibile insofferenza,
un fastidio quasi un prurito
solo grazie a Giardino aveva trovato un nome
Giardino era l'amico che gli nominava il mondo
definiva ciò di cui Reni sentiva solo la presenza
Giardino gli svelava il mondo, glielo rivelava
non come attitudine pedagogica cosciente
con noncuranza, nell'ovvietà della conversazione
sua madre con i suoi pregiudizi
e suo padre con l'assenza
l'unico interesse di suo padre era l'auto
avevano avuto prima una Mercedes verde,
ora era passato a una Volvo grigio metallizzato
si lisciava la sua auto
come fosse la sua nuova amante,
alternativa alla moglie sempre più pregiuziosa
anche della macchina lei aveva esibito
il catalogo delle sue idee prestampate:
macchine che sembrano carri funebri,
casa produttrice straniera
ma in fondo anche il dottore del piano di sotto
aveva una Volvo e dunque poteva essere
ammesso anche per loro avere una Volvo
in cambio lei aveva voluto una ennesima
stola visonata di cui gloriarsi con le amiche
dal parrucchiere: "Sa mio marito mi ha comprato..."
Reni aveva memorizzato al compiuter
accurati dossier su tutte le persone che conosceva,
compresi suo padre e sua madre,
conoscenti e amici un dossier anche su Giardino
aveva scritto in una nota: "Racconta
come un orologiaio che mostra
il meccanismo di un orologio, ne spiega e chiarisce
a una a una
le varie molle rotelline perni servomeccanismi
all'improvviso le gira, e vedo che ore sono
è uno stupore, che è in grado di suscitare,
che si appiccica e non abbandona più -
per il resto di una vita". Di ognuno
Reni ha coservato dati biografici,
gusti, idee, abitudini, brani di conversazione riportate
opinioni, giudizi, fonti di provenienza dei dati
Giardino gli insegnava a vedere, e lui
invece di appropriarsi di una
autonoma capacità di osservazione sfogava
le sue nevrosi nella compilazione
di cataloghi di oggetti l'accumulo di dati,
dietro cui si barricava per sentirsi
protetto come in una trincea che lo poneva
al riparo dal mondo che deflagrava attorno
Reni voleva diventare ebreo trovava
qualcosa di speciale e irresistibile
una cosa che aveva a che fare con la storia,
con la memoria,
la capacità di attraversare
tutte le vicissitudini del mondo
ma sentendosi sempre parte
di una storia
di un popolo
Reni invece pensava di non essere parte
di niente di non avere tribù né radici,
mentre le radici,
l'essere parte di qualcosa, sono fondamentali
si nasce dentro qualcosa,
si vive per qualcosa
gli ebrei avevano avuto una storia di sofferenze
scacciati emarginati perseguitati
la faccenda dei nazisti era stata solo
l'ultimo fà il di una dirè ctori
c'era qualcosa di eroico
come avessero potuto affrontare
da soli, tutto quel cumulo
di sofferenze e poi, ancora soli,
la nascita di Israele la lotta per la sopravvivenza
contro cinque eserciti contemporaneamente
eppure avevamo vinto, eravamo riusciti a sopravvivere
l'orrore tatuato sulla pelle, incancellabile
dalla memoria, eppure avevamo preservato il Libro
c'era nella nostra storia
qualcosa che aveva a che fare
intimamente con la storia della specie umana
che attraverso i secoli ha resistito,
a prezzo di olocausti indicibili
quando ci si sente soli ci si identifica
con coloro che sono sempre stati soli
e Reni si identificava con il nostro popolo
a ben guardare la faccenda per lo stesso motivo
avrebbe potuto benissimo identificarsi
con l'esatto contrario per la stessa solitudine
si può giungere a voler ritorcere sugli altri
la violenza che si pensa di stare subendo,
quella solitudine quella sofferenza
e poi come si sa tutte le idee sono belle,
gli ideali sono tutti splendidi
il comunismo che vuol risolvere la divisione tra ricchi
e poveri, le varie religioni la faccenda
della morte promettendo
una vita più o meno eterna, il fascismo il disordine
con l'imposizione dell'ordine... Tutto bello
tutto perfetto nelle idealità e poi
ci sono i gulag e i lager, gli infedeli
crocefissi o messi al rogo, i desaparecidos
e i torturati le guerre sante insomma la realtà ,
cui nessuno sfugge ma a cui tutti cercano
disperatamente di chiudere gli occhi
gli ideali sono tutti belli e l'ordine
è tanto bello a chi dentro vi è ordinato...
ma Reni non voleva un ideale che lo facesse stare
dalla parte dell'impugnatura dell'arma Reni
voleva stare dall'altra parte,
la parte sbagliata, quella che vedeva
il fucile puntato contro di sé non
quella che voleva puntare
per prima il fucile e sparare.

Reni passava ore davanti al compiuter,
a programmare, stendere listati
di programmi in turbopascal
maniaco gli piaceva l'efficenza della macchina
una macchina fa quello che gli si dice di fare
e la fa esattamente, senza sbavature
la precisione era un'altra delle sue fissazioni
riuscire a mettere insieme un programma
che facesse esattamente quello per cui
era stato progettato, era per lui
il massimo della felicità anche in questo dava prova
della sua solitudine perché programmare
è una faccenda solitaria e la soddisfazione di veder
funzionare perfettamente qualcosa
che tu hai costruito è qualcosa di intimo,
una gioia solitaria di cui è
impossibile comunicare ad altri l'intensità
la sfumatura rispetto a Giardino, Reni aveva questo
limite Reni procedeva secondo un filo logico,
metteva insieme i dati di cui disponeva,
li interconnetteva era capace di costruire
qualsiasi cosa ma per fare questo
aveva bisogno dei mattoni per realizzare
un programma non sapeva trovare in sé stesso
il dato fondamentale, il dato iniziale
il bisogno che il programma era destinato a coprire
per questo Reni aveva bisogno di Giardino
che di programmi non ne capiva un'acca
non ne faceva mai ma era lui che andava da Reni
e gli diceva ehi non si potrebbe avere una cosa
che faccia questo quest'altro?
Reni solo grazie a Giardino metteva insieme i pezzi
della sua arte e della sua scienza e confezionava
avevano trovato un punto di contatto simbiontico
Reni vestito pulito in ordine accurato
di gesti e di parola, e Giardino che si stravaccava
sulla poltrona si scaccolava il naso
non contento del modo approssimativo del vestiario
era diventato eroe di Centro Sociale da quando
un gruppetto di Testerasate aveva fatto irruzione
lo aveva riempito di sprangate
due mesi in ospedale
trauma cranico un miracolo che non ci aveva
rimesso l'occhio sinistro da cui la cicatrice
a testimonianza del suo atto d'eroismo
trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato
questi eroi nascono per concorso irregolare
di circostanze subappaltate Reni invidiava molto
la cicatrice di Giardino e persino
quella sua vita da stronzo
ed è questa la storia di Reni
e quella di Giardino

il più resta fuori dalla sequenza

ed è per questo che Reni è morto
mentre a Giardino rimangono solo
rimpianti ipocriti pensieri indirette
confutazioni accertamenti non richiesti
le parole che restano da dire... gniente
no xe ne più niente.



La storia è finita, è tutto finito. Così
Ringrazio: Stephen King, Beppe Grillo, Johann W. Goethe
e il lettor cortese.
Released: 1997


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******July, 2000
 
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