Il sole era sorto da poco meno di dieci ore quando
Mister X si destò. Un odore pungente di calzini portati da una settimana
permeava laria. Fece per alzarsi e il letto rispose con un sonoro
rumore di molle. Non potè fare a meno di pensare che se quel letto avesse
potuto parlare, ne avrebbe raccontate delle belle. Laveva infatti
comprato di seconda mano dal gestore di una casa chiusa; era rimasto
affascinato da quel curioso insieme di macchie bianche e gialle sul
coprimaterasso.
Guardò lorologio e imprecò come al solito:"Adesso
basta! Oggi me ne voglio comprare uno che abbia anche la lancetta piccola!".
Erano le qualcosa e trentacinque, ma capì subito, acuto comera,
che doveva essere già pomeriggio. Prese la palla da basket posta in
prossimità della sua finestra rotta e la lanciò fuori.
"Volete smetterla di giocare a basket qui sotto
tutti i pomeriggi? Almeno cambiate finestra!"
Si girò irato e si diresse verso larmadio a muro.
Non cera ancora arrivato quando un rumore di vetri infranti gli
segnalò che anche la finestra della cucina era andata.
"Bisogna avere pazienza con i bambini!" esclamò,
e la mente gli corse ai bei tempi spensierati della sua infanzia, quando
anche lui rompeva tutti i vetri che voleva; era davvero una bella fortuna
avere un padre che faceva il vetraio.
Si vestì con calma ma come al solito il risultato fu
eccellente: sotto il suo celebre cappotto di tweed verde portava una
camicia rossa con un foro in corrispondenza della tasca sinistra (lui
diceva che quello era un ricordino lasciatogli dalla pistola di un killer
russo, in realtà si vergognava di ammettere che non sapeva stirare).
I pantaloni erano i suoi jeans dordinanza, che si erano sporcati
del suolo (e delle suola) di tutti i continenti. Ai piedi i suoi inseparabili
anfibi, cui era tanto legato che a volte se li teneva anche a letto
(anche perchè non riusciva a toglierseli). Prese la lettera che aveva
ricevuto il giorno prima e la rilesse con attenzione. Era un dattiloscritto
di poche righe,
Caro Mister X,
sono nei guai. Mi è stato fatto il suo nome da un amico,
e nonostante quello che mi ha detto, ho deciso di scriverle. Vorrei
incontrarla al più presto per metterla al corrente della situazione.
Vediamoci Giovedì alle sei del pomeriggio allaeroporto internazionale.
Venga solo e cerchi di non dare nellocchio. Mi riconoscerà dalla
benda nera sullocchio destro.
La prego di accettare,
cordialità,
Suo Io
Nel rileggere quelle righe ebbe chiara la sensazione
che gli stesse sfuggendo qualcosa. Ma non si era mai tirato indietro
e non lavrebbe fatto neanche stavolta. Mise la lettera in tasca
e andò verso larmadietto a muro che costituiva la sua piccola
armeria. Dovete sapere infatti che Mister X amava collezionare armi
da tutto il mondo, isole comprese. Aprì con estrema delicatezza le ante
dellarmadio (tra le armi cerano anche alcune mine inesplose,
residuati della seconda guerra mondiale, ma il rischio lo eccitava),
e guardò compiaciuto il suo arsenale. Decise che faceva troppo caldo
per portare lalabarda, e optò per la 44 Magnum. La infilò nella
tasca interna del cappotto e mormorò: "Spero che stavolta riuscirò
a colpire qualcuno".
Sceso in strada, si avviò verso il centro. La sua auto
era in riparazione. Era un vero fuoristrada, nel senso che raramente
riusciva a completare un percorso restando sullasfalto.
Lultima volta però aveva proprio esagerato. Era
inseguito da una banda di criminali lungo una tortuosa strada che costeggiava
il fianco di una collina. Per liberarsi di loro pensò di azionare il
dispositivo lancia-chiodi di cui il suo veicolo era dotato. Ma, invece
che dietro, i chiodi furono lanciati davanti alla macchina. Tutta colpa
di quello strabico del suo meccanico! Non ne combinava una giusta dal
giorno in cui gli montò gli abbaglianti sul retro della vettura. Dopo
quellincidente, e i relativi due mesi di prognosi riservata, Mister
X non potè usare la sua auto per molto tempo. Per andare allaeroporto
decise perciò di prendere lautobus.
Aveva bisogno di sapere che ora era e decise di chiedere
ad un passante. Un signore di mezza età di una certa mole gli passò
vicino e lui gli si parò davanti. Improvvisamente si ricordò di non
aver caricato la pistola, per cui la tirò fuori e mentre inseriva dolcemente
il caricatore nellarma chiese al signore:"Ho bisogno assolutamente
di sapere che ora è!" Al che il passante si sfilò lorologio
e lo diede al nostro mettendosi a correre allimpazzata e a gridare.
Mister X rimase a guardarlo con sorpresa per qualche
istante e poi, contento di aver trovato lorologio che cercava,
si rimise in cammino.
In pochi minuti raggiunse il centro della città. Lautobus
sarebbe passato dopo un quarto dora e lui rimase alla fermata
ad aspettare. Di lì a poco si accorse che una delle persone che aspettavano
come lui, una bella bionda che poteva avere non più di venticinque anni,
era intenta a guardarlo e a sorridergli. Rapido come il falco che piomba
sulla preda, si avvicinò a lei e con un sorriso malizioso disse:"Salve,
signorina. E da un po' che la sto osservando, e sono sicuro che
lei ha qualcosa da dirmi". Il suo tono era volutamente ambiguo.
"Ha la saracinesca aperta" fece la ragazza indicando la lampo
dei suoi calzoni. Mister X non perse il controllo della situazione.
"Le piacerebbe tirarmela su?". Arretrò, ma non abbastanza
da evitare la sberla della ragazza, che, fatto questo, se ne andò sdegnata.
"Mi sa che dovrò cercare un approccio diverso,
con le donne" concluse Mister X massaggiandosi la guancia colpita.
Finalmente lautobus passò e Mister X ci saltò
su, direzione aeroporto. Una nuova ed esaltante avventura stava per
cominciare.