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Le origini del romanzo borghese : Studi su Defoe, Richardson e Fielding / Ian Watt ; a cura di Luigi del Grosso Destrieri. - Milano : Bompiani, 1977.

Il libro è uscito in una prima edizione nel 1957 e, cosa strana per un saggio accademico, ha avuto da allora un gran numero di ristampe. (in questa edizione è presente anche un saggio del 1968, in cui l'autore racconta la genesi del suo studio e l'eccoglienza che ebbe quando uscì la prima volta).
Il curatore di questa edizione italiana del 1977, sostiene che il saggio di Watt costituisce la base di molti altri studi, una base data ormai per scontata, ed è per questo che ne ha ritenuto utile la stampa in Italia, soprattutto in relazione alle questioni di sociologia della cultura che al curatore sembrano particolarmente importanti.
E' utile anche oggi, come nel 1977, ribadire l'importanza di questo saggio per la storia e l'analisi del romanzo e riproporne la lettura, non solo da parte di chi si occupa di sociologia della cultura, ma di chiunque sia interessato al romanzo e alla storia europea.

La scelta di Watt di analizzare i primi autori di romanzi, quelli che erano ormai considerati alle origini del romanzo borghese, parte da un assunto (in relazione anche al metodo ipotetico-deduttivo, maturato alla lettura di filosofi come Neurath, Carnap, Wittgenstein): partire da un'opinione ormai consolidata e confermarla con i dati obiettivi della lettura dei testi. Più precisamente - Watt ce lo ricorda nel piccolo saggio del 1968 - si tratta di questo: “Se riteniamo, come generalmente avviene [che il romanzo sia una forma letteraria nuova] e che sia stato iniziato da Defoe, Richardson e Fielding, in cosa differisce dalle narrazioni in prosa del passato... quale può essere la ragione di queste differenze e la causa per cui apparirono in un certo tempo e luogo?”.

Il saggio risponde in maniera soddisfacente a questa domanda e il termine soddisfacente vuol dire che a partire da questa domanda Watt affronta, in maniera sempre stimolante, diverse questioni relative a: la struttura del romanzo in generale; i suoi caratteri; la sua storia; la storia della società che lo ha prodotto; e poi gli autori, gli editori, il pubblico, i romanzi, i personaggi, i filosofi, le questioni teoriche e quelle tecniche. Tutto ciò con un linguaggio e un ritmo particolarmente piacevole, leggibile cioé, che rende questo saggio un caso pressoché unico, e quindi un modello ancora oggi.

In estrema sintesi: il romanzo rompe con altre forme precedenti di letteratura (teatro, racconti, poemi, etc) soprattutto in relazione alla scelta del realismo formale. Il romanzo cioé si pone come forma suprema di rispecchiamento della realtà, di valorizzazione dell'esperienza. In filosofia era già stato negato il principio di autorità (che in letteratura significava il ripetersi di trame tradizionali e di personaggi stereotipati in forme nuove ma rispettose sempre della tradizione) e veniva man mano acquisito il primato del soggetto che conosce (l'io penso di Descartes) e della sua esperienza (Hobbes, Locke, Hume). Ma per spiegare la nascita e i caratteri del nuovo romanzo occorre tener conto di altri elementi: la nascita di un pubblico di non addetti ai lavori reso possibile dall'evoluzione della società borghese (il formarsi della classe media); la nascita dell'industria editoriale, dapprima con le riviste e gli opuscoli religiosi, poi con i romanzi.(la produzione quindi non deriva più dal mecenatismo delle corti, ma emerge la figura dell'editore e di conseguenza quella dell'autore pagato per scrivere, e quanto più scrive meglio è).

Il romanzo cioé accompagna la nascita e l'evolversi della società industriale e della classe borghese. Da qui alcuni caratteri: l'individualismo, che deriva dal primato dell'iniziativa privata in campo economico ma anche dall'influenza del puritanesimo (vedi Weber e la sua analisi del calvinismo, e l'esemplificazione attraverson il Robinson Crusue di Defoe); la dialettica pubblico-privato con l'enfasi sul secondo termine (vedi il successo del romanzo d'amore di Richardson, che pone anche la questione del peso e del ruolo del pubblico femminile nella nascita del romanzo);il tema della solitudine; l'urbanesimo e le sue paradossali conseguenze : “La recitazione sul palcoscenico o altra forma di narrazione orale avrebbe distrutto l'effetto intimo e privato della forma epistolare. La stampa è il solo veicolo adatto per questo tipo di effetto letterario ed è anche l'unico modo di comunicazione possibile della cultura urbana moderna. Aristotele riteneva che la giusta dimensione della città dovesse essere limitata dal bisogno dei cittadini di discutere e decidere gli affari comuni in un unico luogo di riunione: al di là di queste dimensioni la cultura non era più orale e la scrittura diventava lo strumento principale di comunicazione. Con la successiva invenzione della stampa vi fu l'avvento di quella tipica caratteristica del moderno urbanesimo che Lewis Mumford ha definito: “lo pseudo-ambiente di carta” per il quale “è visibile e reale...solo ciò che è stato trascritto su carta”.(Watt, Le origini del romanzo, p. 189) Non è un caso che Richardson sia stato uno stampatore.

Un libro, quello di Watt, da cui non si può prescindere ancora oggi, per qualsiasi discorso sul romanzo che voglia essere anche una maniera di capire la nostra storia e la nostra realtà.

recensione a cura di Pina La Villa / Bancarella 20030829

 

 
 
 

 

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