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"Saltatempo"
di Stefano Benni è un romanzo molto bello.
Senza giri di parole: tra le cose migliori che siano
state scritte negli ultimi anni. Un recensore di solito
non dovrebbe mai essere così semplice ed esplicito,
dovrebbe argomentare, dire magari qualcosa di particolare
che aggiunga testo al testo. Se ancora non lo avete
letto, leggetelo; se lo avete letto non c'è
bisogno di leggere questa recensione/invito. Benni
è riuscito a dire in forma di narrazione cosa
è accaduto in questi ultimi anni in Italia,
impresa che pareva non possibile senza scadere nel
didascalico o nel fastidioso. La storia di un ragazzo
che cresce negli anni che qualcuno ha definito della
"contestazione collettiva", tra il paese
e la città, tra i grandi eventi della storia
sociale e quelli minuscoli e quotidiani della vita
di un paesino di montagna. Soprattutto, Benni conquista
un linguaggio: efficacissimo, frutto del lavoro di
un ventennio - noi lo seguiamo da quando faceva satira
su Il Manifesto in forma di poesia e parodia, i primi
libri pubblicati da Savelli prima di giungere a Feltrinelli
con il mitico "Terra!" e il bellissimo "Comici
spaventati guerrieri". Nel corso degli anni Benni
ha scritto libri di alto profilo e soprattutto di
impegno etico, cosa che sempre lo hanno distinto dal
resto della produzione contemporanea, anche nelle
opere meno riuscite. Già nel precedente "Spiriti"
Benni era riuscito a scrivere bene, nell'epoca del
berlusconianismo dominante. Ma con "Saltatempo"
siamo davanti a un romanzo capolavoro. Tragedia e
comicità, pathos e divertimento si alternano.
La storia di Saltatempo è la storia di una
generazione, la nostra storia. La forza di un sogno,
anzi: "E sognai così forte / che mi uscì
sangue dal naso" (Fabrizio De André, Sand
Creek).
Antologia:
"Ma la memoria non è fatta solo di giuramenti,
parole e lapidi, è fatta di gesti che si ripetono
ogni mattino del mondo. E il mondo che vogliamo noi
va salvato ogni giorno, nutrito, tenuto vivo. Basta
mollare un attimo e tutto va in rovina". Baruch
scrutò verso i monti, come se cercasse le orme
dei suoi passi, e di quelle dei suoi compagni. "Torneranno"
disse tristemente "tra vent'anni o trenta ma
torneranno. Non vedremo cingolati entrare in paese,
non parleranno tedesco. Sorrideranno e avranno delle
belle auto ammirate da tutti. Vestiranno giacche di
sartoria invece della divisa di ordinanza. Non gireranno
le squadracce, ma si sparirà in silenzio, cancellati
in qualche nuovo modo elegante. Così sarà
[...]" (p. 91).
"Ci hanno venduto, uno per uno.
Hanno venduto le nostre povere vite e la nostra storia,
per fare una storia insieme agli altri, una storia
finta, che non ha neanche un lieto fine, finisce nell'indifferenza
per tutto e per tutti. Se gli servirà a far
voti, ci insulteranno pure" (le parole del padre-fantasma,
p. 219).
"Dove siete finiti, tutti voi
che c'eravate quel giorno? pensai. Lo rifareste? Eravate
diversi, ci credevate in un altro mondo, oppure vi
avevano detto di crederci e obbedivate soltanto? Potevate
immaginare, quel giorno, che non ci sarebbe stata
giustizia per nessuno, ma che le ingiustizie sarebbero
cresciute una sull'altra, come le muffe su un tronco
morto?" (manifestazione per piazza Fontana, p.
243).
20011205
Saltatempo / Stefano Benni. - Milano
: Feltrinelli, 2001. - Lit. 28000
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