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La rivolta
del caporale Asch...
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Può accadere nella Germania ipernazista che si
accinge a scatenare una delle più sanguinose
guerre che il Novecento europeo ha conosciuto, che un
semplice caporale "impazzito" possa cominciare
a ragionare con la propria testa e dire no al sistema
militarista e "prussiano" del suo tempo? La
vicenda di ribellione narrata da Hans Helmut Kirst in
08/15 La rivolta del caporale Asch si presterebbe
a tutta una serie di stimolanti riflessioni. Innanzitutto
perché Asch è un caporale, e caporale
lo era stato Adolf Hitler prima di trovarsi come mestiere
quello di leader politico. Che direzione avrebbe potuto
prendere la storia - della Germania e dell'europa -
se al posto di... ci fosse stato...? Domande retoriche
- se mia nonna avesse avuto i baffi sarebbe stato mio
nonno -. Ma in questo libro di Kirst viene inciso un
problema ancora più interessante: la responsabilità
individuale, di ognuno di noi, all'interno del "sistema".
Ne parla tra l'altro Annah Arendt in alcuni suoi libri
a proposito degli sterminatori nazisti e della macchina
di quotidiana distruzione, fatta di solerti impiegati,
"uomini comuni" e mediocri - insomma, noi
- tramite i quali lo sterminio diventava un lavoro come
un altro, niente di eccezionale niente che possa far
rimordere la coscienza.
Uno dei momenti "cardine" del libro è
quando, dopo un crescendo di diverse pagine, il soldato
Giovanni Vierbein tenta il suicidio e viene salvato
da Asch. Un tentativo derivato dalla pressione che il
"sistema" militare - fatto di persone, niente
di metafisico o meccanico: questo è uno dei pregi
di Kirst - ha esercitato sull'anello debole costituito
dal mite non-soldato Vierbein. Asch gli salva la vita
e nello stesso tempo fa scatenare in lui la molla della
ribellione. Ma prima, il dialogo tra Vierbein e Asch:
"- Herbert, - disse Vierbein a bassa voce, ma non
perché si vergognasse. - Era proprio come hai
immaginato tu. Volevo proprio. Non ne potevo più.
-
- Dimentica! -
- Non lo dimenticherò mai, Herbert. Ma credo
che non ritenterò più. -
- Bene, Giovanni. Non ne vale la pena. Per chi lo dovresti
fare? Chi merita che si faccia una cosa simile per lui?
E se trovi uno che pretende di capirti, sparagli. -
- Era come se qualche cosa mi spingesse avanti, brutalmente,
ma fino in fondo. Non avevo più volontà.
Mi sono capitate tante cose insieme. -
- E' che ti sei lasciato trasportare come una piuma.
E per colpa di chi? Per colpa di pazzoidi megalomani
e aguzzini di professione. - [...]
- Ho fatto tutto quello che potevo, ho fatto proprio
ogni sforzo, siceramente... Ma con questo mondo, con
questo mondo di soldati io non ce la faccio. -
Asch riuscì a ridere. - Anche questo mondo di
soldati, - disse, - non è tutto il mondo, anche
se ci sono molti che si sforzano di farlo passare per
il mondo più vero che esista. Ma tu, in un modo
o nell'altro, devi farcela. Se non sarà questo
mondo che sistemerà te. -
- Belle parole e facili a dire, - rispose Vierbein,
amaro.
- Ma chissà che non si trovi qualcuno,- disse
Asch con finta indifferenza, - qualcuno che ti faccia
vedere che hai torto e fino a che punto hai torto. Ormai
è venuto il momento di dimostrare che una caserma
è tutt'altro che una istituzione divina. -"
(p. 168-169)
E' da questo momento che ha inizio la "rivolta"
di Asch. Rivolta solitaria, individuale e che non trova
nei fatti seguito. Il "sistema" trova il modo
di riformarsi, nella sostanziale visione dell'autore
della bontà di una istituzione come l'esercito.
Perché, si badi, l'antimilitarismo di Kirst ha
dei limiti. Così come la sua satira si ferma
spesso all'umorismo. E tuttavia, rispetto al contesto
anche letterario oltre che politico dell'epoca - il
dopoguerra, la "guerra fredda" ecc. - si tratta
di un libro coraggioso e che tale è stato percepito
dai giovani e meno giovani lettori dell'epoca.
Un caporale si aggira tra noi08/15 La rivolta del caporale
Asch, di Hans Helmut Kirst (Garzanti, 1966). Bancarella
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