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"La mafia è bianca". Totò, Giuffrè e la malasanità

In libreria il reportage (Dvd+libro) di Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini sulla nuova stagione di Cosa Nostra, con la partecipazione di Michele Santoro

di Carmen Ruggeri - mercoledì 9 novembre 2005 - 40391 letture

Ambra Jovinelli, 10 in punto. La sala al primo piano, dove Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini presentano il loro dvd/libro “La Mafia è bianca”, è semi vuota. In fondo, puntualissimo, circondato dai microfoni c’è già un Michele Santoro (da Strasburgo, sola andata) che più giornalista non si può. “Dal 14 - spiega alle telecamere - sarò in Rai a disposizione dell’azienda che spero mi utilizzi per la mia capacità e per la mia disponibilità. Ho apprezzato molto quello che hanno detto il presidente Petruccioli e il direttore generale Meocci”.

E giù con la metafora dell’asilo: “Ci andrò - continua - con il panierino, la mela e il panino con la nutella, come un bambino all’asilo, vedremo cosa succede. Il mio - conclude - non è più un asilo politico è un asilo accogliente, se poi si dimostrerà non accogliente, se dovrò tornare a ’crescere’ , a diventare cinico come la mia età e la mia vita mi hanno portato ad essere, questa volta andrò fino in fondo, ne vedrete delle belle”.

Poi, le luci si spengono. I riflettori abbandonano Santoro e il servizio pubblico per far spazio ad altro. Sullo schermo Stefano Maria Bianchi, Alberto Nerazzini (ex giornalisti e inviati di Sciuscià) e il loro film inchiesta “La mafia è bianca” (Bursenza filtro, 2005, euro 19,50) . 118 minuti di reportage, intercettazioni telefoniche e ambientali, dichiarazioni di pentiti e interviste scomode. Un dvd, un libro, una ricostruzione minuziosa, coraggiosa e dinamica, come non si vedeva da tempo, delle inchieste che la procura di Palermo sta conducendo sui rapporti tra mafia e politica. Tutto inizia il 15 gennaio 1993. Quando Giancarlo Caselli arriva alla procura che fu di Falcone e Borsellino e Totò Riina viene arrestato. Dalle tasche dei pantaloni del super-boss saltano fuori alcuni pizzini (messaggi manoscritti, vere e proprie cellule del ’ministero delle poste e telecomunicazioni’ di Cosa Nostra): “Altofonte vicino cava Buttitti strada interpoderale, Aiello”, si legge. Qui, la pista da Bagheria tira dritto fino a Palazzo D’Orleans (sede della regione siciliana). E il racconto si dipana lungo il filo dei rapporti ’ambigui’ tra cosa nostra e i colletti bianchi siciliani: politici, giornalisti, imprenditori, medici...

Le immagini scorrono sul telo, i nodi si infittiscono e i protagonisti balzano in scena. Ed ecco apparire Totò Cuffaro (medico, vicesegretario dell’Udc, dal 2001 presidente della regione siciliana, sotto processo per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra), l’amico Michele Aiello (ingegnere, proprietario di Villa Santa Teresa e altre cliniche mediche a Bagheria, accusato di associazione mafiosa, presunto prestanome di Bernardo Provenzano), il super-boss Giuseppe Guttadauro (medico, capo del mandamento palermitano di Brancaccio, condannato per associazione mafiosa); Mimmo Miceli (medico, sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa); Salvatore Aragona (medico, già condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, oggi rinviato a giudizio per lo stesso reato), Antonio Borzachelli (Deputato regionale dell’Udc. Ex maresciallo dei carabinieri, imputato per concussione); Giorgio Riolo (maresciallo dei Ros, accusato di concorso esterno); Guiseppe Ciuro (maresciallo della guardia di finanza, sotto processo per concorso esterno), Nino Giuffrè (ex braccio destro di Provenzano, collaboratore di giustizia); Angelo Siino (ex ’ministro dei lavori pubblici’ di Cosa Nostra, collaboratore di giustizia); Nino Dina (capogruppo dell’Udc all’Assemblea regionale siciliana), Salvatore Cintola (assessore al bilancio del governo regionale); Saverio Romano (sottosegretario al Lavoro dell’Udc nel governo Berlusconi); Bernardo Provenzano (Capo di Cosa Nostra. Latitante da 43 anni).

Ci sono tutti. Tutti sotto la lente della telecamera, gli atti della procura di Palermo e il microfono irriverente, sempre in contropiede, di Bianchi e Nerazzini. C’è la mafia che non c’è, che non si vede. Che non gira con la lupara, ma in camicia bianca e auto blu, abita gli uffici, s’infiltra nei palazzi, pilota appalti, gestisce risorse e promette stragi. Ci sono le super cliniche di lusso, cattedrali nel deserto, costruite ah hoc per le latitanze dorate (Villa Santa Teresa di Michele Aiello), e gli ospedali pubblici che arrancano a corto di personale e strutture di primo soccorso. C’è la mafia di Bagheria dove "i mafiosi ’sono dei santi’". “Il mondo ce l’ha fatto la mafia? - risponde la gente alle domande dei reporter - Gli ospedali con i bambini che muoiono li ha fatti la mafia? Le raccomandazioni e i favori le ha inventati la mafia. Il mafioso è uno che si fa rispettare Se non fosse un uomo d’onore sarebbero gli altri a metterlo sotto. Come succede a tutti. E poi i mafiosi di Provenzano non sono come Totò Riina. Assomigliano a noi. Abitano la nostra vita e i nostri ospedali. Non ammazzano più giudici e carabinieri. E se lo stato allenta la morsa non è meglio per tutti?”.

C’è la ‘mafia bianca’. Bianca come i colletti dei burattinai che ne reggono le fila. C’è un chiaro ritratto del nuovo potere che crea consensi, fabbrica voti e genera patti d’acciaio. Il potere cresciuto sulle ceneri del pool di Falcone e Borsellino. “In realtà - scrive Santoro nella prefazione al volume - non ci sarebbe bisogno di sentenze della magistratura per pretendere che Totò Cuffaro e i suoi accoliti escano di scena. Basterebbe soltanto la sua richiesta di voto ad Angelo Siino (l’ex ’ministro dei lavori pubblici’ di Cosa Nostra). Se Sciuscià fosse ancora in onda - chiude - milioni di italiani potrebbero appassionarsi alla storia di un imprenditore (Aiello) che, facendo stradine di campagna, è diventato l’uomo più ricco di Sicilia (beni confiscati per 250 milioni di euro, ndr) e il supporter più potente del presidente della regione Totò Cuffaro”. ’La Mafia è bianca’ comunque, anche senza Sciuscià, è in libreria e si prepara a girare l’Italia. Oggi l’anteprima al Cinema Metropolitan di Palermo

La mafia è bianca / di Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini ; Musiche: Nicola Piovani (a cura di Pasquale Filastò) ; Fotografia: Mauro Ricci, Marco Ronca ; Montaggio: Andrea Mastronicola, Alessandro Principe ; Suono: Giuseppe Vitale, Simone Polli ; Produttore esecutivo Rita Cavanna

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> "La mafia è bianca". Totò, Giuffrè e la malasanità
12 novembre 2005

Apprezzamento per questo lavoro, che, come detto dall’articolo, é innanzi tutto coraggioso e fatto con professionalitá. Ma c’é una piccola cosa che sconcerta: l’atteggiamento di michele santoro, il quale non perde occasione per sbandierare la propria mala suerte, agnello sacrificato all’altare della democrazia. E non perde occasione-nella sua introduzione al libro e alla prima del film- di dare appettito alla sua vana-gloria fagocitando il lavoro dei suoi giornalisti, il valore dell’inchiesta e l’enorme gravitá della questione mafia.
    appunti
    15 novembre 2005

    prova ad essere lincenziato tu dall’azienda alla quale contribuivi anche a fare milioni di spettatori (mi ricordo quanti spettatori inchiodavano alle poltrone Samarcanda e il Raggio Verde). Sara’ anche un po’ esagerato, ma al contrario di Biagi che ormai non ha le forze fisiche di rispondere a botte del genere, e di LUttazzi che tanto si fa le serate in teatro, beh lui ha reagito in un altro modo. Eppoi se Santoro e’ vanaglorioso, la truppa di Mediaset(con Fede e Parodi in testa) cosa e’?
    > "La mafia è bianca". Totò, Giuffrè e la malasanità
    5 agosto 2006, di : Maddalena

    Sono felice di esser venuta a conoscenza del film (anche se solo adesso) e di averlo da poco acquistato. Dal momento che da qualche anno sono andata via da Palermo, contro le cui dinamiche non avevo piú la forza (o forse anche la voglia) di lottare per venire qui ad Amburgo. Paradossalmente le dinamiche palermitane di mafia silenziosa mi inquietano molto di piú da quando abito qui, forse perché mi sono resa conto che l’assurditá di ció che ho vissuto giornalmente e che viene mostrato con coraggio e senza filtri alcuni dagli autori del film, è lontano anni luce dal modo in cui in realtá sarebbe normale vivere. Rispondendo invece al signore che definisce l’atteggiamento di Santoro come quello di un agnello sacrificale, mi chiedo invece se abbia letto interamente la presentazione del libro, in cui Santoro inserisce il caso della sua ingiusta cacciata dalla televisione nell’ ambito dell’ importanza che una trasmissione come la sua aveva in un contesto televisivo in cui la notizia è schiava delle regole. Dunque perfettamente in tema con un tipo di "mafia bianca" o soft che travestita da istituzione pretende di omologare i programmi al linguaggio del nulla. Regaleró il dvd ai miei amici, peccato che non vi siano i sottotitoli in inglesi altrimenti potrei farlo vedere ai miei amici che non conoscono l’italiano, ai quali ho peró giá riassunto il tutto. Grazie a Stefano Maria Bianchi ed Alberto Nezzarini il cui coraggio servirá a continuare quel cammino di cui parlavano Falcone e Borselino e a Santoro, con la speranza che torni presto in televisione
    > "La mafia è bianca". Totò, Giuffrè e la malasanità
    20 gennaio 2011, di : kareno

    Molto interessante articolo, mantenere la grande opera.

"La mafia è bianca". Totò, Giuffrè e la malasanità
16 novembre 2005

venerdi 11 ho visto su rainews24 la trasmissione ore 21:15 alla quale erano presenti i due giornalisti e cuffaro. cuffaro si è prodotto in un bel "la mafia e i mafiosi mi fanno schifo",; i due giornalisti si sono impagliati (complice il conduttore) in domande improponibili che hanno fatto risaltare la figura del governatore. ma perché cadere sempre nel tranello dello studio televisivo? perché non prepararsi adeguatamente ad occasioni del genere? ancora una volta dalla porta del torto?
"La mafia è bianca". Totò, Giuffrè e la malasanità
26 maggio 2006, di : Ettore Lomaglio Silvestri |||||| Sito Web: Il mio blog

Nel comunicato stampa inviato ieri pomeriggio ho compiuto due errori di nome. Infatti ho scritto Antonio Ajello, invece il nome è Michele Aiello. Ho inoltre scritto Antonino Guttadauro invece il nome è Giuseppe Guttadauro.

Volevo inoltre far leggere, tanto per facilitare ancora la comprensione del problema, un estratto dal capitolo "Il boss in camice", sempre tratto dal film, comunicando che ieri, in un’edicola nei pressi della stazione di Bergamo, su otto copie pervenute del dvd ne sono state vendute in pochissime ore ben sette...credo che gli amici dell’Unità dovranno ristamparne molte...

Inoltre volevo fare un appello al ministro della Giustizia Mario Clemente Mastella, affinché si impegni a migliorare lo strumento delle intercettazioni, aumentandone la utilizzabilità nell’ambito sempre del rispetto della privacy, credo che alcuni passi del libro sono veramente indicativi.

"Ci sono mafiosi con il diploma di perito agrario, come Manuzza (Antonino Giuffré). E ci sono mafiosi con la laurea, come Giuseppe Guttadauro. L’intercettazione è uno strumento fondamentale dell’azione investigativa. E’ così in tutto il mondo. E’ così in Italia. Dove infuriano le polemiche per limitarle. Ci sono inchieste che non sarebbero mai esistite senza le intercettazioni, come l’Operazione Ghiaccio; il sostituto procuratore Gaetano Paci non sarebbe arrivato da nessuna parte se alla fine degli anni Novanta non avesse deciso di far imbottire di cimici un appartamento di via Giovanni Agostino De Cosmi, una strada residenziale dei quartieri "alti" di Palermo, a due passi da via della Libertà. Al civico numero 15, in un grande appartamento al settimo piano di un palazzo con portineria, abita Giuseppe Guttadauro con la moglie Gisella e i due figli. Già arrestato e condannato definitivamente per mafia, Guttadauro, quando torna libero - e torna nel mirino dei magistrati - è il capomandamento di Brancaccio, quartiere simbolo della mafia palermitana, quartiere di frontiera di fatto extraterritoriale dove lo Stato non è mai riuscito ad insediarsi. L’elegante dimora di Guttadauro e il cemento di Brancaccio sono due mondi distanti, due anime opposte della stessa città, a una manciata di chilometri l’una dall’altra. Da un aparte, le strade popolate dagli studi legali più prestigiosi, dai negozi e dai ristoranti costosi, dove vive la buona borghesia fatta di professionisti, politici e giudici. Dall’altra i vicoli soffocati dall’edilizia a buon mercato dei predatori dell’abusivismo e delle speculazioni, dove campa il proletariato della mafia, fatto di disoccupati, piccoli commmercianti e manovali del crimine. Il caso di Guttadauro è particolarmente interessante perché il mafioso, alla pur gravosa attività di capomandamento, affianca la rispettabile professione di medico. Il boss è infatti chirurgo, un chirurgo piuttosto conosciuto in città, che ha prestato servizio nei reparti degli ospedali più importanti di Palermo. Si dice non sia un caso che a comandare quelle borgate della prima periferia Provenzano abbia voluto proprio lui, l’uomo d’onore armato di bisturi. Questo perché la primula rossa di Cosa Nostra ha sempre avuto il pallino della sanità, intesa come sistema di soldi, potere e di controllo sul territorio. Quando il mandamento di Brancaccio era rimasto scoperto per l’arresto dei fratelli Graviano, poi condannati per una lunga serie di crimini - tra cui le bombe del 1993 e l’omicidio di padre Puglisi, il piccolo prete coraggioso del quartiere - Provenzano avrebbe dunque pensato alla famiglia Guttadauro. Tre fratelli: Carlo, quello più giovane, imprenditore nel settore della trasformazione del pesce, già arrestato e condannato; Filippo, quello di mezzo, anche lui con un curriculum da mafioso di tutto rispetto; Giuseppe, il più grande, detto "il Dottore", già nei guai ai tempi del maxiprocesso, rinviato a giudizio dall’allora giudice istruttore Falcone e poi condannato. I magistrati infilano una miriade di cimici nel salotto di casa Guttadauro perché vogliono ricostruire l’organigramma del mandamento di Brancaccio. Sperano di riuscire a capire quali sono i nuovi uomini e i nuovi equilibri di Cosa Nostra a Palermo, ascoltando la voce da baritono di Guttadauro e quelle dei suoi frequenti ospiti. E’ la classica operazione di indagine sull’apparato militare della mafia. I magistrati non potevano sapere che quelle intercettazioni ambientali avrebbero gettato una luce forte e inattesa sui nuovi, oscuri rapporti tra la Cupola e la politica. La sera del primo febbraio 2001, nel suo salotto, Giuseppe Guttadauro conversa con l’ospite di turno, un giovane medico di nome Mimmo. Il tono è quello amabile delle rimpatriate e degli incontri piacevoli. E il boss ha voglia di parlare di politica:

- A vucca un l’avi pi parlari? Politicamente come siamo messi?
- Buoni! Vediamo che succede - risponde Mimmo - Sono stato ieri sera da Totò, potrebbe essere che a Totò gli chiederanno di fare ’u candidato ’a presidenza della Regione.
- Iddu è ’u candidatu. Amunì, è inutile che mi vieni a dire che ti pare. Io ’u saccio che sarà lui: all’ultimo Miccichè si tirerà fuori e iddu...
- Molto dipenderà dalla data delle elezioni.
- Miccichè perde con Orlando. L’unico che può fottere Orlando alla presidenza della regione è Totò Cuffaro. - ribadisce il boss, aggiungendo:
- Non è che c’è bisogno di avere l’arte della penna, giusto? Cu chistu comu semu cumminati?
- Con Totò?
- Io lo conosco bene, eh! non è che non lo conosco.
- Lo so, appunto.

La famiglia Guttadauro, in passato vicina ai clan dei Marchese e dei Bagarella, è stata sempre nel cuore dei Corleonesi. E dopo la scalata di Riina e soci, le nomine dei reggenti non sono più frutto di elezioni. Come in una dittatura decide il capo, da solo: il mandamento più importante di Palermo deve andare ai Guttadauro, e non ha alcuna importanza il fatto che le loro origini non risiedano a Brancaccio, bensì a Bagheria. Già, Bagheria, l’enclave di Provenzano e di Michele Aiello. Le coincidenze. Parlando con il suo misterioso ma ben informato ospite, Guttadauro già pensa al doppio appuntamento elettorale di giugno. E il boss punta su Totò Cuffaro; l’unica cosa da capire è la sua disponibilità:

- A me occorrerebbe che iddu si facesse carico di mettere in lista un avvocato alle Nazionali. Onorevole o senatore non importa. Tu sei in condizione di chiederglielo questo discorso?
- Ma il gioco è già fatto su Bagheria.
- E a chi ci deve mettere?
- A Saverio Romano. Purtroppo Totò subisce da Saverio, anche da altri, un’influenza particolare.
- E al Senato?
- Non ha collegi qua in provincia di Palermo.
- Dico non riesce a prendersi quello nostro di Brancaccio?
- No, già divisi sunnu, sunnu già spartuti, c’è una geografia perfetta. Il discorso alle Regionali invece è un discorso diverso. Lui mi invitò a candidarmi e io ci dissi: ’Senti, Totò, sti cose non è che si possono fare così. Quando tu avrai la serenità per potere decidere, n’assittamu e discurremu seri. Non è che io ho l’obbligo di fare una cosa. Io la posso fare se c’è un ragionamento. A venticinque anni puoi avere la voglia di dimostrare che la fai comunque..."

Dal capitolo "Il pupillo di Totò"

Il "picciotto serio" che la sera del primo febbraio 2001 va a trovare a casa il bossi Guttadauro si chiama Domenico Miceli, per gli amici Mimmo. E’ medico, è giovane, ha la passione per la politica ed è piuttosto ambizioso. Nel 2001 Miceli è un uomo sposato, ha un figlio e lavora al Policlinico di Palermo. Sembra il ritratto di un professionista perbene, di un buon padre di famiglia. Eppure, quel giovane medico con la faccia da bravo ragazzo, ha qualcosa in più. Qualcosa di cui lui stesso è orgoglioso e che interessa parecchio al boss: un’amicizia profonda con l’uomo che è destinato a diventare il numero uno della politica siciliana, Salvatore Cuffaro, detto Totò."

Termino qui l’estratto, spero che a qualcuno sia venuta voglia di leggere il libro o quantomeno di vedere il dvd. Spero che ai deputati e senatori dell’UDC sopratutto sia venuta questa voglia. L’on. Emerenzio Barbieri una sera mi ha telefonato, con lui siamo rimasti d’accordo che attendiamo la sentenza del processo a cui è sottoposto proprio Salvatore Cuffaro oggi senatore. Ribadisco però che il giudizio politico è molto meno paziente ed esigente di quello della magistratura. E da semplice cittadino esprimo un giudizio politico e personale nel dire che le persone citate in questo libro dovrebbero quanto meno astenersi dal fare attività politica e sopratutto dall’attaccare chi, come Rita Borsellino, cerca di contrastare il loro predominio da una posizione di sicura ed indiscutibile prevalenza morale. Grazie, Ettore Lomaglio Silvestri

> Si comunica che con la seguente lettera ho provveduto ad inviare una > copia del libro+dvd La mafia è bianca al Gruppo parlamentare UDC > dell’Assemblea Regionale Siciliana. > Ettore Lomaglio Silvestri > > AL GRUPPO PARLAMENTARE > DEI CRISTIANI DEMOCRATICI > DELL’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA > Piazza del Parlamento 1 > 90134 PALERMO PA > > Oggi con L’Unità, giornale a cui non avete certo sottoscritto un > abbonamento, viene distribuito anche un libro con dvd dal titolo "La > mafia è bianca". > Saprete certamente di cosa parla, e saprete certamente che tale > documentario è un documento molto pesante contro diversi dei personaggi > che sono tra voi e che siedono oggi fra gli scranni di Montecitorio o di > Palazzo Madama. > Si parla di un vostro senatore, Salvatore Cuffaro, che domenica prossima > potrebbe essere sconfitto da una certa Rita Borsellino alle elezioni per > presidente della Regione Siciliana. > Si parla di un certo Francesco Saverio Romano, già sottosegretario al > lavoro. Si parla di un certo Antonino Dina, di un certo Domenico Miceli, > di un certo Salvatore Cintola, autorevoli esponenti del parlamento > siciliano di Palazzo dei NOrmanni. > Si parla di Antonino Guttadauro, boss del quartiere Brancaccio (quindi > successore di un certo Vittorio Mangano), già medico di una certa > esperienza. > Si parla di Antonio Ajello, che costruiva le strade interpoderali, e il > cui nome è stato trovato in un pizzino di Salvatore Riina. > E queste persone parlano fra loro, in una serie di intercettazioni > ambientali e telefoniche, pubblicate perché ormai note agli > intercettati. Non parlano del tempo o della medicina, parlano di posti > di direttore nelle ASL, parlano di persone da candidare, parlano di > politica pratica e di organizzazione di dirigenze. > Si parla di Villa Santa Teresa, il privato di lusso, un ex albergo > diventato clinica privata. > Si parla dell’ospedale Fatebenefratelli di Palermo, un ospedale pubblico > dove vi sono sale di pronto soccorso chiuse perché non c’è personale ed > allo stesso tempo di malati che "pazientano" in corridoi, o di sale > travaglio adibite a sale di attesa anche per le interruzioni di > gravidanza volontarie o spontanee... > Si parla di un medico legale, ucciso perché non ha voluto cambiare il > suo parere su una perizia che avrebbe incolpato un mafioso. > Si parla di mafia, di mafia bianca, bianca perché i camici dei medici > sono bianchi, perché i colletti sono bianchi, quella mafia difficile da > distinguere dagli onesti, perché ha saputo prendere lo stesso colore... > Si parla dei poveri siciliani costretti ad accettare la presenza della > mafia in Sicilia, costretti perché devono vivere e devono lavorare, > senza capire che è proprio questa mafia che, da centocinquant’anni, ha > reso schiava la Sicilia. > Bernardo Provenzano è stato arrestato...ma non basta catturare il boss > per sconfiggere la mafia. > Ora io vi chiedo, voi che vi dite cristiani perché andate a Messa, o > perché dite di amare la famiglia composta secondo quello che dice il > Vaticano, ma che non ascoltate ancora l’urlo di disperazione del Santo > Padre Giovanni Paolo II gridato nella Valle dei Templi "VERRA’ UN GIORNO > IL GIUDIZIO DI DIO, CONVERTITEVI!!!", io vi chiedo "Siete voi veramente > cristiani?" che non disdegnate di avere al vostro fianco o di conoscere > o di accettare che ci siano nel vostro partito, gente di questa risma? > Il presidente Pierferdinando Casini non può parlare di > strumentalizzazioni, vi sono delle prove e vi sono dei procedimenti in > corso, il giudizio morale ormai è scritto, speriamo si sbagli, ma se non > sbagliavamo cosa sarà della vostra morale? > Acquistate quindi anche voi il libro La mafia è bianca, vedetelo con > attenzione, ragionateci sopra, sarà un esame di coscienza o una presa > visione di un mondo su cui non non taciamo proprio perché lo stesso vive > di omertà e uno dei modi per combatterlo è parlarne. > Se non volete acquistarlo, non preoccupatevi ve lo regalo io, > per > me è la > tredicesima copia che acquisto, ve la regalo con piacere. > Grazie, > Ettore Lomaglio Silvestri > Curno (BG) > presidente Associazione culturale Sconfiggiamo la mafia > e-mail sconfiggiamolamafia@comune.re.it

    "La mafia è bianca". Totò, Giuffrè e la malasanità
    10 agosto 2006, di : Maddalena

    ...e se oltre a diffondere il dvd in Italia si pensasse a tradurlo in tedesco e diffonderlo anche qui in Germania? A me piacerebbe molto farlo ed ho parlato giá con una mia amica tedesca che sarebbe disposta ad aiutarmi. Se qualcuno o magari gli autori trovano l`idea interessante possono contattarmi via e-mail. Molti infatti sono interessati al tema e credo che sicuramente sarebbe possibile diffondere il film e dunque anche le idee che lo caratterizzano.(Tra l’ altro qui vivono molti italiani!)