Vitaliano Brancati

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Vitaliano Brancati

Nato a Pachino [Siracusa] nel 1907, compì gli studi a Catania. Si trasferì a Roma per svolgervi attivitàletteraria e giornalistica. Nel 1934 la crisi politica che lo portò a ripudiare gli scritti giovanili e il fascismo con la sua mitologia dell'azione. Tornò a Catania e si dedicò all'insegnamento, compiendo una scelta individuale coraggiosa, che pochi scrittori in quegli anni fecero preferendo collaborare con il fascismo. Collaborò al settimanale «Omnibus» con alcune corrispondenze, ispirate a un anticonformismo radical-liberale cui rimase fedele anche dopo il 1945. Gli ultimi anni furono angustiati dalle difficoltà familiari - aveva sposato l'antipatica attrice Anna Proklemer - e economiche. Morì a Torino nel 1954.
Suggestioni di problematiche esistenziali e di un invadente erotismo appaiono nel romanzo Singolare avventura di viaggio (1934). Dopo il ripudio del fascismo, continuò a pubblicare. Raccolta delle corrispondenze anticonformiste apparse su «Omnibus» è il volume I piaceri (1943). Non riuscito è il romanzo L'amico del vincitore, sul tema di una intelligenza coltivata dai familiari con amore ma destinata alla sconfitta nella vita.
Soprattutto importanti sono le opere narrative. Gli anni perduti (1938) è un romanzo comico-simbolico di umori cechoviani e gogoliani. Ottenne il successo con tre romanzi successivi.

Don Giovanni in Sicilia (1941) è una farsa spregiudicata e partecipe del 'gallismo'. Protagonista è il quarantenne Giovanni Percolla. Egli ha trascorso una beata sonnacchiosa esistenza confortata da tre premurose sorelle: lunghi pisolini pomeridiani, robuste pastasciutte, dettagliati discorsi sulle donne che a Catania danno «maggior piacere che le donne stesse». Improvviso arriva l'amore: la bella marchesina Ninetta di Marronella lo «guarda», e Giovanni si accende di passione. Sposa Ninetta e si trasferisce a Milano. La vita cambia radicalmente: docce fredde, sonni brevi, minestre scarse e rare. Giovanni diventa un altro, magro scattante. Qualche avventuretta extraconiugale gli dà più fastidio che piacere. Un giorno gli sposi decidono di fare una breve visita a casa. Giovanni è accolto dalle sorelle servizievoli, un pasto robusto, coltri che lo accarezzano. La resa è totale e incondizionata: il sonno pomeridiano che la suggella lascia dubitare che Giovanni ritornerà mai a Milano.
Un capolavoro novellistico è Il vecchio con gli stivali (1944), una denuncia dell'antifascismo ufficiale: ancora una volta un'opera controcorrente rispetto alle mode dominanti.
Il bell'Antonio (1949) racconto tragicomico di una impotenza sessuale dissimulata in cornici vitalistiche. Sono passati tre anni da quando Antonio Magnano e la bella ereditiera Barbara si sono sposati, ma il matrimonio non è stato ancora consumato. Antonio nonostante sia molto innamorato e forse proprio per questo, davanti alla moglie prova una inibizione che è vicina all'impotenza vera. Scoppia lo scandalo, ingigantita dalla fama di seduttore del bell'Antonio e dal clima farsesco del 'gallismo' fascista. L'«onore» del figlio viene riscattato dal padre settantenne che muore in un vicolo malfamato di Catania sotto un bombardamento, con una scarpetta femminile stretta contro il viso. Alla caduta del fascismo Antonio resta indifferente alle speranze comuni, sorpreso alla fine del romanzo da un improvviso riflusso di erotismo.
Incompiuto e pubblicato postumo è Paolo il caldo (1954), storia di una ossessione erotica cui si intreccia l'analisi del costume culturale e sociale postbellico.
L'opera di Brancati ha avuto un notevole rilievo anche nel cinema e nel teatro. Da "Il vecchio con gli stivali" fu fatto un film, per la regia di Luigi Zampa e con il titolo "Anni difficili", che generò un filone cinematografico di satira politica, inizialmente osteggiato dalla censura. Una censura che si accanì ancora più duramente contro il teatro di Brancati. La rappresentazione del suo miglior lavoro teatrale, La governante (1952) fu vietata a causa del tema, "scabroso" per quei tempi nell'Italia ipercattolica: il dramma di una omosessualità femminile condannata dall'ipocrisia.
La vicenda della censura ispirò a Brancati un pamphlet, Ritorno alla censura (1952), in cui lo scrittore rivendicò i diritti civili del teatro e ribadì la sua poetica del comico, fedele ai grandi modelli del realismo classico ottocentesco.

*Leonardo Sciascia, rinvenendo una linea di continuità tra Brancati e Borgese parla dei due come dei "più veri ed effettuali scrittori liberali di questo secolo: Borgese di fronte al fascismo; Brancati, da un certo punto in poi, di fronte al fascismo e poi di fronte al marxismo. E perciò stanno come in disparte, solitari e quasi dimenticati" [Leonardo Sciascia, "Per un ritratto dello scrittore da giovane", Palermo 1985].
In effetti a Brancati sono nuociute una serie di circostanze: il non essere appartenuto alle due consorterie intellettuali più importanti dell'Italia del dopoguerra, quella cattolica e quella legata al PCI; e il tema dominante, esterno, delle sue opere, il tema del sesso su cui si riversano gli strali benpensanti della borghesia cattolica moderata, la scelta del registro comico, anch'esso negletto e poco apprezzato dai 'critici seri'.

Bibliografia: Vitaliano Brancati

Singolare avventura di viaggio (1934)
L'amico del vincitore
Gli anni perduti (1938)
Don Giovanni in Sicilia (1941)
I piaceri (1943)
Il vecchio con gli stivali (1944)
Il bell'Antonio (1949)
La governante (1952)
Ritorno alla censura (1952)
Paolo il caldo (1954)
Diario romano (1961)
Il borghese e l'immensità(1973)


© Antenati, 1995-6


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