Stanislavskij: i rapporti con l'avanguardia russa

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I rapporti con l'avanguardia russa

Nei confronti dell'avanguardia culturale russa degli inizi del secolo, Stanislavskij si mostrò sempre piuttosto tiepido. Di contro, i giovani autori dell'avanguardia cercarono di porsi sempre in contrasto con Stanislavskij e con il Teatro d'Arte.

Può essere indicativa la posizione di Majakovskij, che tra gli esponenti dell'avanguardia fu certamente il maggiore. Già nel 1913 Majakovskij se la prendeva con il Teatro d'Arte:

"Osservate il lavoro del Teatro d'Arte. Scegliendo soprattutto drammi di vita quotidiana, si sforza di trasportare sul palcoscenico, tale e quale, un pezzo di strada disadorna. Imita servilmente la natura in tutto, dal fastidioso scricchiare del grillo alle tende ondulate dal vento" [[40]].

Il vecchio teatro realista non ha più senso, dal momento che per copiare la vita esiste ora il cinema. Dopo l'incontro con Mejerchol'd, l'ostilità di Majakovskij si fece più intensa. Nel Prologo della seconda variante di "Misterobuffo", prendendosi gioco del metodo di Stanislavskij, scrisse:

"Ad alcuni teatri non importa / rappresentare: / per loro / la scena è soltanto / il buco di una toppa. / Siediti dunque tranquillo, / diritto o di sbieco, / e guarda un pezzo di esistenza altrui. / Guardi e che vedi? / Barbugliano sopra un divano / le zie Mànje / e gli zii Vanja. / Ma a noi non interessano / né gli zii né le zie, - / le zie e gli zii li troverete a casa. / Anche noi mostreremo l'autentica vita, / ma trasformata dal teatro / nel più singolare spettacolo" (vv. 31-48).

Nel 1926, polemizzando a proposito della rappresentazione de La guardia bianca (Bulgakov), scrisse: "prendete il famigerato libro di Stanislavskij La mia vita nell'arte, questo celebre libro per ghiottoni: vi troverete già nella prefazione panegirici di mercanti".

All'indomani della "rivoluzione d'ottobre", gran parte delle energie culturali che fino ad allora avevano stentato a manifestarsi trovano una possibilità di espressione. E' una stagione caotica ma estremamente produttiva, dal punto di vista delle sperimentazioni e dell'energia creativa. Di fronte al proliferare delle attività degli artisti legati all'avanguardia, il teatro tradizionale stentò a assimilare la nuova realtà: così il Malyj, l'Aleksandrinskij e il Teatro d'Arte di Stanislavskij. Una parte del teatro più tradizionale cercò di rispondere all'evento-rivoluzione utilizzando il patetico, il monumentale, o cercando nei classici analogie con il presente [[41]].

La politica culturale del regime sovietico, nei primi anni, fu guidata da Anatol Lunacarskij, che lasciò liberi gli autori di teatro di seguire i propri orientamenti. Fu così possibile per alcuni registi dell'avanguardia - come Taìrov, Foregger, Ferdinandov, Granovskij, Ràdlov e Mejerchol'd, di scatenarsi nei tentativi più strani e sperimentali, influenzati dalla pittura futurista. Ci si avvalse degli espedienti del circo, del cinema, del music-hall. Una preminenza dei trucchi e degli "effetti speciali", che metteva in primo piano il regista rispetto all'autore.

Era un attacco formale a quella che era sentita come "verbosità" del teatro naturalistico, la preminenza dell'espressione e della parola dell'attore (e per suo tramite, dell'autore). La convinzione è quella espressa da Majakovskij in Banja: "il teatro / non è specchio che riflette, / ma lente che ingrandisce". Ebbene, nel 1929 lo stesso Majakovskij finisce per proporre al Teatro d'Arte le commedie che aveva intenzione di scrivere, mentre Mejerchol'd, dopo il mutamento di politica culturale del regime sovietico nel 1935 trova in Stanislavskij l'unico che gli affida un lavoro (la direzione del teatro d'opera e la regia del Rigoletto) [[42]].

 

Saggio a cura di Barbara Failla

[40] Cfr. Majakovskij e il teatro russo d'avanguardia / Angelo Maria Ripellino. Torino : Einaudi, 1976. Ripellino parla dei rapporti polemici tra Majakovskij e Stanislavskij alle pp. 231-235. Il brano di Majakovskij citato fu scritto in uno di tre articoli in cui Majakovskij auspicava la distruzione del teatro a opera del cinema.

[41] Cfr. Ripellino, op. cit., p. 114.

[42] Mejerchol'd finirà imprigionato nel 1939 e condannato a morte per fucilazione nel 1940.



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