Eugenio
Montale
Eugenio Montale
Nato
a Genova nel 1896 (morì a Milano nel 1981) da una famiglia
di commercianti, frequentò le scuole tecniche e intraprese
studi di canto che dovette interrompere nel 1917 per andare al
fronte come ufficiale di fanteria. Tornò dopo la guerra
a Genova dove si dedicò agli studi di poesia. Nel 1927
andò a Firenze per lavorare presso la casa editrice Bemporad.
Dal 1928 direttore del Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux,
incarico che dovette lasciare dieci anni dopo perché non
iscritto al PNF. Montale aveva mostrato il suo dissenso firmando
nel 1925 il manifesto degli intellettuali antifascisti promosso
da Benedetto Croce. A Firenze ebbe assidui contatti con Vittorini,
Gadda, Bonsanti. Collaborò alle riviste «Solaria», «Pegaso»,
«Pan», «Letteratura».
Si allontanò dalla matrice ligure
della sua prima raccolta poetica Ossi di seppia pubblicate da
Piero Gobetti nel 1925, ma già apparse sparsamente a partire
dal 1922 sulla rivista «Primo tempo». Nell'ambiente fiorentino
matura la poesia delle Occasioni (1939). Tradusse T.S. Eliot e,
dopo il licenziamento dal Vieusseux, autori teatrali e narratori
(Shakespeare, Cervantes, Corneille, Melville ecc.). Nel 1940-43
compose le poesie di Finisterre che G. Contini riuscì a
portare in Svizzera dove saranno pubblicate a Lugano nel 1943.
Dopo la guerra aderisce al partito d'azione,
collabora alla «Nazione», è condirettore per un breve periodo
del quindicinale «Il Mondo». Nel 1948 è redattore del «Corriere
della sera», si trasferisce a Milano da dove si allontana per
viaggi di lavoro ( Fuori di casa , 1969, ricordi). Dal 1955 è
critico musicale del «Corriere d'informazione».
Nel 1956 rompe un lungo silenzio poetico
con La bufera e altro (in cui confluiscono le poesie di "Finisterre"),
e con le prose di Farfalla di Dinard . Un altro periodo di silenzio
fino alla raccolta di Xenia (1966), liriche per la moglie morta
nel 1963, che faranno parte del volume Satura (1971). Una raccolta
di scritti di costume e di cultura è Auto da fé:
cronache in due tempi (1966); seguirono Diario del '71 e del '72
(1974), Quaderno di quattro anni (1977), e gli scritti critici
Sulla poesia (1976). Nominato senatore a vita nel 1967, riceve
il nobel nel 1975 con questa
motivazione: "for his distinctive poetry which, with great
artistic sensitivity, has interpreted human values under the sign
of an outlook on life with no illusions".
La poetica di Montale è quella del
'negativo', tesa a esprimere inquietudini e tensioni di gran parte
della cultura del nove cento, il diffuso disagio etico-esistenziale
nei confronti della realtà del regime. Il suo è
un universo di sconfitta e disillu sione, dove solo nell'epifania
dell'"occasione" occhieggia e si rivela una via alla speranza
e alla salvezza. L'incontro con il "male di vivere" è il
punto d'inizio per riformulare un'etica del risentimento stoico,
opposto agli ottimismi idealistici e pragma tistici; e per la
ricerca attenta del "varco" verso un possibile mondo dell'autentico,
che la vita quotidiana nasconde. La sua poetica si esprime in
un linguaggio poetico di grande incisività e compattezza.
Originato da una matrice crepuscolare, ha acquistato autonoma
e inusitata cifra stilistica, comprensiva di suggestioni anche
discordi: l'impressionismo pascoliano con le sue onomatopee, allitterazioni
e tecnicismi letterali; l'eloquenza dannunziana depurata dall'ideologia
superomistica.
Il soggettivismo metafisico di Montale si
innesta nella linea simbolista che da Browning passa a Valéry
e Eliot, e più incidentalmente a Mallarmé, restando
estraneo agli sperimentalismi dell'avanguardia. Individuando negli
oggetti l'equivalente di una condizione soggettiva, avvicinandosi
così alla teoria eliotiana del "correlativo oggettivo",
esso cerca la chiave per "far capire quel quid al quale le parole
sole non arrivano" (come scrive Montale).
Già nell'itinerario delle sue prime
raccolte, segnato da avvolgimenti e involuzioni, la struttura
delle singole liriche si definisce nella dialettica tra un lessico
che tende a aprirsi e arricchirsi, e una organizzazione del ritmo,
del suono e del significato che tende a chiudersi su misure classiche.
E' una struttura che si manifesta su differenti registri e figurazioni.
"Ossi di seppia" attuano il recupero di metri e ritmi tradiziona
li, anche in riferimento a una specifica tradizione ligure (C.
Roccatagliata Ceccardi, G. Boine, C. Sbarbaro), e danno forma
a una particolare persuasività colloquiale, alla voce di
un'istanza esistenziale che si afferma nel rifiuto. "Le occasioni"
e "La bu fera" elaborano un dettato lirico-narrativo più
elevato, capace di fissare il canto sull'emblematicità
di oggetti-amuleti, pre senze "numinose" o cifre dell'avventura
umana nella sua quotidia nità. Domina nel volume del 1939
un rapporto con la natura che, nella raccolta successiva cede
a una specie di allegoria storica di un mondo sull'orlo della
catastrofe. Da "Satura" alle raccolte degli anni '70, la gamma
dei metri e dei ritmi si amplia, oscilla dalla registrazione del
quotidiano spesso vissuto come degradato e insensato alla meditazione
sulle epifanie e i presagi che, sempre nel quotidiano, tralucono.
La ellitticità dell'"occasione" di un tempo si scioglie
in una più diffusa discorsività, spesso incline
al sarcasmo e alla sentenziosità scettica o disincantata
dell'epifonema. La coerenza anticonsolatoria dell'ultimo Montale
salda questa esperienza terminale con quella iniziale, e conferma,
al di là dei risultati, il valore morale di un'eccezionale
vicenda poetica.
Poesia tra le due guerre
[1997]
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