Benedetto Croce

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Benedetto Croce


Benedetto Croce, nato a Pescasseroli [L'Aquila] nel 1866 domina l'ambiente culturale italiano negli anni tra le due guerre. La sua matrice culturale è quella liberal, come tale non ebbe ufficiali collusioni con il fascismo verso cui passò dalla neutralità a posizioni d'opposizione (su invito di Giovanni Amendola redasse il Manifesto degli antifascisti nel 1925). Strumento della sua egemonia culturale, in un ambiente sostanzialmente provinciale come quello italico, oltre agli scritti fu una rivista come ĞLa Criticağ, stampata a Bari dal 1903 al 1944. Alla rivista collaborarono un po' tutti i migliori critici italiani dell'epoca: Gentile, Omodeo, De Ruggiero, Flora, Borgese, Vossler, Cecchi, Ragghianti. La rivista operò una certa sprovincializzazione, imponendo un filtro idealistico in senso antipositivista, antiscientista, antispiritualista ecc.

Nello stesso tempo è l'attività di Croce come erudito e storico, come filosofo hegeliano e teorico critico. Suoi punti di riferimento furono oltre a Hegel (cui giunse attraverso il marxismo di Antonio Labriola), Vico e De Sanctis. Dopo l' Estetica (1902) procedette a una serie di opere sulla "filosofia dello spirito" che si concluse con una Teoria e storia della storiografia nel 1917. Dopo la guerra: La storia come pensiero e come azione (1938); Problemi di estetica (1910), Nuovi saggi di estetica (1920), La poesia (1936); La letteratura della Nuova Italia (6 volumi, 1914-1940), La poesia di Dante (1920), Ariosto, Shakespeare e Corneille (1920), Poesia e non poesia (1923), Poesia popolare e poesia d'arte (1933), oltre a una serie di volumi stori ci (tra cui una Storia d'Europa del secolo XIX , 1932, celebrazione della sua "religione della libertà") e all'edizione critica di opere della letteratura italiana. Una attività di scrittore vera mente poderosa.

Ridotta tutta la realtà a vita dello spirito (secondo i princìpi hegeliani), ne distingue 4 categorie: nella sfera conoscitiva (estetica e logica), e nella politica (economia e morale). L'intuizione artistica è posta come anteriore alla conoscenza concettuale e a ogni tipo di azione: sintesi di contenuto e forma (De Sanctis), scienza primitiva e ingenua (Vico). La distinzione accurata tra le parti dell'opera letteraria in cui l'intuizione è allo stato puro ("poesia") e le parti ibride in cui essa si contamina con la riflessione intellettuale e morale ("non poesia"), sarà il canone-guida di tutta la sua critica: di qui ad esempio la distinzione nella "Divina Commedia" di parti liriche e strutturali-ideologiche. Il suo gusto è quello ottocentesco: loda un autore come Carducci, disprezza l'irrazionalismo e il sensuale D'Annunzio; giunge ad apprezzare Baudelaire, ma non Verlaine Mallarmé Rimbaud e neppure le avanguardie e Proust.


Vale sostanzialmente bene una osservazione di *Mircea Eliade, a proposito di Croce: "solo Croce possiede il genio di dire sempre la stessa cosa senza ripetersi. Egli non copia mai i testi già scritti; li riscrive diversamente" (Eliade, Frammenti di un diario).



© Antenati - 1994-1997


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