Kahlil GibranNotevoli successi di vendite ottiene nel corso del Novecento in occidente un autore come Kahlil Gibran. Nato il 6 dicembre 1883 a Bisharri [Libano], da una famiglia piccolo-borghese maronita, dovette emigrare negli Stati Uniti per ragioni economiche, nel 1895. Vive a Boston nel quartiere cinese, abitato da immigrati italiani irlandesi siriani. Tornò nel 1899 per tre anni a Beirut a studiare lingua e letteratura araba, soggiornò poi in Libano e Siria. Nel 1902 torna a Boston. Scrive, dipinge, organizza cultura; conosce Mary Haskell che lo finanzia. Nel 1908 è a Paris per studiare all'Accademia di Belle Arti, si avvicina alla filosofia di Nietzsche e di Rousseau. Nel 1911 torna in USA, prima a Boston e poi a New York. Nel 1920 è tra i fondatori a New York della Lega Araba, che doveva rinnovare la tradizione araba con l'apporto della cultura occidentale. Muore a New York l'11 aprile 1931, stroncato dalla cirrosi epatica e dalla tubercolosi; la sua salma fu portata, secondo le sue volontà, in un eremo libanese. Il successo (occidentale) di Gibran si deve soprattutto a un testo come Il profeta (The prophet, 1923). Ci troviamo in un territorio vicino a quello di un Hesse, ma anche a una atmosfera culturale che è parte anche di Rilke e di D'Annunzio. "Il profeta" è il punto più alto del sincretismo religioso di Gibran: su tutto prevale l'idea di divino, vi si intrecciano immagini e simboli di ogni religione e filosofia (cattolicesimo, induismo, islamismo, mistici sufi accanto agli idealisti europei, romanticisti, Nietzsche e mistici arabi). L'esistenza, per Gibran, è il tempo regalato per ricomporre la frattura esistente tra noi e dio; quando nell'individuo bene e male, perfezione e imperfezione, piccoli sentimenti e grandi passioni riusciranno a convivere, ecco che nella coincidenza degli opposti si manifesteranno saggezza, perfezione, felicità. La mistica di Gibran sfugge a ogni classificazione, il poeta parla per immagini ricorrendo a un mon do simbolico dai mille significati, che per la sua universalità sollecita l'uomo indù e il cristiano, l'ateo e il credente. Il suo successo deriva proprio dal suo porsi tra oriente e occidente, tra Beirut, Paris e New York. Testo autobiografico, e in cui esprime il dolore per la morte di Selma, cui è dedicato, è Le ali infrante (1912), scritto in inglese. Tipico della sua produzione, tra l'aforistico e il mistico, teso a una conciliazione tra occidente e oriente sono le Massime spirituali (Spiritual sayings, 1962). Quello di Gibran è un pensiero cellulare, che affida alla parola il compito di esprimere l'uno e il tutto nella stessa frase: «metà di quel che dico non ha senso. Ma lo dico perché l'altra metà possa raggiungervi», scrive Gibran. Tra le altre sue opere si segnala Il miscredente, breve romanzo scritto nel 1908 per la rivista «L'Emigrante». Impegno politico e tensione civile prevalgono qui ancora sulla dimensione religiosa. Un giovane cacciato da un convento viene raccolto in fin di vita da due donne. Guarito, racconta la sua storia di ribellione contro l'ipocrisia dei monaci. Il suo parlare ammalia. Arrestato dal capo-villaggio, viene sottoposto a un processo pubblico durante il quale il giovane si autodifende mettendo a nudo l'ingiustizia dello sfruttamento. La folla ne decreta l'innocenza e lo proclama maestro. Nel villaggio la proprietà diventa collettiva e la felicità entra in tutte le case insieme all'abbondanza. Il mondo arabo tra le due guerre
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