Fëdor Sologub

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Fëdor Sologub


Si chiamava Fëdor Kuzmic Teternikov, nacque a Pietroburgo nel 1863 da una famiglia di umile estrazione, fu maestro e poi ispet tore scolastico di cittadine di provincia. Nel 1890 fu trasferito a Pietroburgo dove entrò in contatto con i circoli modernisti e simbolisti. Dopo i primi successi letterari potè dimettersi dall'insegnamento e vivere dell'attività di scrittore. Morì a Leningrado nel 1927.
La cosa migliore di Sologub è il romanzo Il demone meschino scritto nel 1892-1902 (pubblicato nel 1905). Peredonov è insegnante in una piccola città di provincia. Vive con l'amante Varvara, una sartina che sopporta grossolanità e vessazioni nella speranza di diventare sua legittima moglie. Una principessa cliente di Varvara promette di appoggiare la promozione di Peredonov a ispettore se sposerà l'amante. Varvara gli fa avere una falsa lettera della principessa: il matrimonio avviene, ma non la promozione. Ossessionato dall'attesa, Peredonov viene travolto dalla mania di persecuzione. Ciò gli procura l'odio della scuola dove insegna e della cittadina in cui vive. Si crede in potere del demonio che gli appare sotto forma di una bestiolina grigia. La sua mania si concentra sull'unica persona a lui ancora since ramente amica, il falegname Volodin. Sospettando che lo voglia uccidere, Predeonov gli taglia la gola in un accesso di freddo furore. L'apparente realismo dell'ambientazione, il sottomondo burocratico, piccolo-borghese e piccolo-nobiliare, nasconde un vasto disegno simbolico. La vita di provincia, argomento di molta letteratura satirico-sociale, diviene cupa allegoria della vita, con l'inesorabile presenza del male che inquina e sconfigge ogni manifestazione di bontà e purezza. Nella squallida meschina malvagità di Peredonov e del suo alter ego allucinatorio il demone Nedotykomka, sembra quasi concludersi con irrevocabile brutalità la romanticicista titanica vicenda dei più famosi "demoni" del XIX secolo russo, dagli eroi di Lermontov a certi personaggi di Dostoevskij.
Tra gli altri romanzi di Sologub si ricordano Sogni angosciosi (1896) che rivela spunti autobiografici nella vicenda di Login, maestro di una oscura città di provincia. La leggenda che si va creando (1908-1912) è un racconto interessante, al limite della fantapolitica, in cui si riflettono echi del contemporaneo atteggiamento rivoluzionario di Sologub insieme alle morbose figurazioni della sua immaginazione sottilmente perversa. Altro romanzo è L'incantatrice di serpenti (1921). Numerosi i racconti, e alcu ne le opere teatrali.
Una parte rilevante della sua produzione è occupata dalla poesia, espressione tra le più significative del simbolismo russo: Versi (1896), Il cerchio fiammeggiante (1908), Cielo azzurro (1921). Con un linguaggio allusivo e emblematico, quasi classico nella sua concisa semplicità lessicale e sintattica, Sologub evo ca il nodo centrale della sua ispirazione. L'ambigua reversibili tà della purezza e della bellezza, simboleggiata nell'infanzia, nella nudità e nell'amore, pronte a dileguare in immagini di vol garità e squallore da cui il poeta cerca conforto in sognanti vi sioni di una immaginaria vita precedente o in fantastici mondi di intatta felicità.

Bibliografia: Fëdor Sologub

Sogni angosciosi (1896)
Versi (1896)
Il demone meschino (1905)
Il cerchio fiammeggiante (1908)
La leggenda che si va creando (1908-1912)
L'incantatrice di serpenti (1921)
Cielo azzurro (1921)



[1997]


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