Giovanni Pontano

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Giovanni Pontano


Giovanni o Gioviano Pontano era nato a Cerreto-di-Spoleto nel 1429. Dopo aver studiato a Perugia, nel 1448 seguì Alfonso d'Aragona a Napoli e partecipò alla grande civiltà aragonese anche come politico. Dopo la morte di Beccadelli nel 1471 divenne capo del cenacolo del "Porticus Antoniana" che divenne poi Accademia Pontaniana. Fu un diplomatico accorto e energico. Segretario di stato nel 1487-1495, fronteggiò da solo, nel 1495, negoziando abilmente una soluzione di compromesso, l'invasione dei francesi di Carlo VIII. Al ritorno di Ferdinando II fu messo da parte. Trascorse gli ultimi anni della sua vita, funestata da lutti familiari, rielaborando e riordinando le proprie opere. Morì a Napoli nel 1503.


Pontano scrisse trattati astrologici, morali e letterari. Era convinto dell'influenza degli astri sul destino umano, e per questo fu in polemica con Giovanni Pico da Mirandola. Scrisse: il poema in cinque libri Urania (1476); Libro delle meteore (Meteororum liber, 1490); Cose celesti (De rebus coelestibus, c.1494). Sugli aspetti morali della vita scrisse: La forza d'animo (De fortitudine, 1481), La prudenza (De prudentia, 1496-1499), La fortuna (De fortuna, 1500-1501). Si occupò di politica con Il principe (De principe). Vivacissime rappresentazioni dei costumi contemporanei sono i suoi dialoghi: Charon (Charon, 1467-1491), Asinus (Asinus, 1486-1490), Antonius (Antonius, c.1487), Aegidius (Aegidius, 1501) che riprendono temi classico-latini e moderni, in particolare Alberti e Bracciolini. In particolare l'"Aegidius" che tratta dei temi della fortuna e della virtù, accoglie amare meditazioni in netto contrasto con molti umanisti del tempo. Più importante l'Actius (Actius, 1499), dialogo di impostazione retorica sullo stile di prosatori e poeti. Mentre Il sermone (De sermone) è un trattato sulla lingua familiare e che propone l'ideale di un uomo "urbano" e "faceto". In versi scrisse due libri di Amori (Amores, 1455-1458), due libri di Endecasillabi o Baia (Hendecasyllabi seu Baiae, 1490-1500), l'ampia egloga Lepidina (Lepidina, 1496), il poema georgico Il giardino delle Esperidi (De hortis Hesperidum, 1501) in due libri, L'amore coniugale (De amore coniugali), Le tombe (De tumulis). Queste opere fanno di Pontano il maggior interprete della cultura umanistica dopo Poliziano. Il suo latino è una lingua viva e straordinariamente duttile, realizza la lezione virgiliana e ovidiana soprattutto per la capacità di esprimere ogni affetto con raffinata, sensibile eleganza. Così il pianto sulla sposa Adriana e sul figlio Lucio, le ninnananne per figli e nipoti, il godimenti idilliaco del paesaggio e della vita campestre, gli inquieti lamenti per la vecchiaia solitaria.


Umanesimo nel XV secolo

[1997]


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