Scipione Maffei

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Scipione Maffei


Nato a Verona nel 1675, di nobile famiglia, Scipione Maffei fondò nel 1710 con Zeno e con Vallisnieri il «Giornale de' letterati italiani». Morì a Verona nel 1755. La sua multiforme attività puntò coraggiosamente allo svecchiamento delle strutture sociali e culturali italiane. Fu, con Muratori, una tappa importante per il passaggio dall'età degli eruditi a quella dei riformatori. Contro i pregiudizi di casta è l'opuscolo "Della scienza chiamata cavalleresca" (1710). Contro le superstizioni sono i trattati "La favola dell'ordine equestre costantiniano" (De fabula equestris ordinis costantiniani, 1717), "Arte magica dileguata" (Arte magica dileguata, 1749) e "Arte magica annichilata" (1754). Diede un contributo al progresso della filologia e della paleografia con l'"Italia diplomatica" (1727) che instaura nell'esame dei codici medievali un criterio di valutazione cronologico-storicistica che gli servirà poi per avvalorare i dogmi dell'ortodossia cattolica contro il giansenismo ("Istoria teologica" 1734, pubblicata nel 1752). L'idea di un governo fatto su modello inglese è il motivo centrale del "Consiglio politico presentato al governo veneto" (1738). Capolavoro storico e erudito di Maffei fu la monumentale "Verona illustrata" (1732) dedicata alla storia, agli scrittori e ai monumenti della sua città. Opera qui, nonostante il carattere erudito e tradizionale dell'opera, un concetto innovatore basato sul rapporto tra sincronia e diacronia nella storia della cultura medievale, e sulla scoperta di scambi risolutivi tra centri maggiori e aree periferiche.
Come letterato fu inferiore all'erudito, anche se ebbe intuizioni importanti. Maffei avvertiva la centralità della questione del teatro per un rilancio europeo della letteratura italiana, attraverso un genere che negli altri paesi, soprattutto in Francia, era veicolo essenziale tra cultura d'élite e pubblico borghese. Spinto da queste convinzioni collaborò con la compagnia Balletti-Riccoboni per richiamare in vita il repertorio tragico italiano del XVI e XVII secolo. Difese le rappresentazioni sceniche dalle accuse di immoralità del domenicano D. Concina ("De' teatri antichi e moderni" 1753). Al programma di riforma teatrale secondo l'indirizzo arcadico-razionalista volle dare il suo contributo con due commedie di costume, Le cerimonie (1728) e Il Raguet (1747), e un melodramma, La fida ninfa (1747) che fu musicato da Vivaldi. Il risultato migliore fu quello della tragedia Merope (1713), che fu ritenuta per diversi decenni un modello da studiare e imitare. E' un'opera costruita a tavolino, che però ha il merito di equilibrare le esigenze di decoro classicista con quelle di un'azione e un linguaggio sufficentemente scorrevoli, secondo il gusto dell'arcadismo del secolo.



[1997]


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