«[Aspern] nel suo paese aveva passato il più dei suoi anni, e la sua musa, come su usava dire allora, era intrinsicamente america- na. Era questa la ragione per cui l'avevo tanto apprezzato fin dal prin- cipio: perché in un'epoca in cui il nostro paese era stato nudo e crudo e provinciale, quando della famosa 'atmosfera' che si crede gli faccia difetto non si avvertiva neppure la mancanza, allorché la let teratura vi fioriva isolata e l'arte e la bellezza erano quasi inesistenti, egli aveva trovato modo di viverci e di scrivere come uno tra i primi; di essere libero e universale, per nulla timoroso di sentire, di comprendere e di esprimere qualsiasi cosa».Motivo centrale è quello letterario: un racconto sulla letteratura e sull'"arte". Esemplare il dialogo che avviene tra il ricercatore e Miss Tina. Chiede miss Tina Bordereau (cap. VII):
«- Le pare giusto rinvangare il passato?Al cap.IV il narrante protagonista nella sua rievocazione dello stato d'animo che lo aveva condotto a Venezia:
- Temo di non capire ciò che lei intende per 'rinvangare'. Come possiamo penetrarlo se non scavando un pochino? Il presente lo calpesta in così malo modo...
- Oh, io amo il passato, ma non altrettanto i critici - dichiarò la mia ospite con quel suo aspro compiacimento.
- I critici non piacciono nemmeno a me, ma apprezzo le loro scoperte.
- Non sono per lo più menzogne?
- Menzogne sono ciò che talvolta essi scoprono, - dissi, sorridendo della mia bonaria impertinenza. - Spesso mettono a nudo la verità.
- La verità è di Dio, non dell'uomo; faremmo meglio a lasciarla stare. Come si può giudicare? Chi può dire?
- Brancoliamo terribilmente nel buio, lo so, - ammisi, - ma se si rinuncia a tentare, che avverrà di tutte le cose belle? Che ne sarà delle opere di cui parlavo prima, quelle dei grandi filosofi, dei sommi poeti? Restano tutte parole vane se non si ha un certo metro con cui misurarle.
- Parla come un sarto, - commentò sprezzante Miss Bordereau [...]».
«La mia eccentrica missione privata divenne parte dell'at mosfera romantica e dell'universale splendore: sentivo per sino una mistica amicizia, una fratellanza morale con tutti coloro che, in passato, erano stati al servizio dell'arte. Avevano lavorato per la bellezza, per adempiere un voto: e che altro io facevo? Quell'elemento era reperibile in tutto quanto Jeffrey Aspern aveva scritto, e io stavo semplicemente portandolo alla luce».Questo testo è un racconto su ciò cui la cosiddetta arte o l'amore per essa, la febbre per essa, può portare: allo straniamento dalla vita, all'uso della vita altrui per i propri scopi, per la soddisfazione delle proprie pulsioni di possesso e di soddisfacimento. L'altra faccia dell'arte. Da una parte le possibilità di essa (il riuscire a sentire comprendere e esprimere "qualsiasi cosa", l'universalità dell'arte), la bellezza, anche l'estraniamento dalla storia; ma dall'altra il volto scuro, quel lo del totalitarismo dell'arte. Il giudizio sull'arte-per-l'arte e sull'estetismo è inequivocabile, questo è un racconto lontanissimo da qualsiasi estetismo. Il climax non a caso è raggiunto al termine del cap.VIII, quando la vecchiaccia pronuncia il suo verdetto: "Ah, canaglia d'un pennaiolo!". Racconto sul fanatismo dell'arte, ciò cui può portare la devozione che diventa brama cieca. Indirettamente è anche scrittura e consapevolezza critica sulla storia letteraria, su un particolare momento della storia letteraria. Jeffrey Aspern è il poeta fondativo di una tradizione letteraria cui il narratore / James sente il legame. Inizio di una tradizione, origine e dunque giovinezza di una tradizione. Il racconto è la posizione di chi viene dopo, la generazione successiva a quella romanticistica (la generazione delle passioni, della giovinezza per eccellenza, la letteratura eroica degli Shelley e dei Byron). La generazione successiva ama quella, ma ne sente inevitabile e insormontabile il distacco. Ripercorrere il percorso compiuto da quella generazione non è un percorso indietro nel tempo, ma percorso sul mutamento del tempo (l'amante giovane diventata vecchia avida), scacco del tempo e quindi impossibilità a ricostruire o far tornare indietro quel tempo (le lettere brucia te): per questo la casa in cui vivono le due donne non è luogo tanto del disfacimento putrido quanto della corrosione del tempo sulle cose e sulle persone, deposizione di polvere. Percorso di straniamento, contatto con una realtà diversa e lontana: non solo perché il narrante è maschio e le due sono donne, perché lui ha forti connotati con la vita attuale (di qui anche i legami con gli altri americani e con la sua terra), rappresenta chi vive oggi, mentre le due donne sono quasi due naufraghe che vivono fuori dal mondo e dal tempo: non solo dal tempo attuale ma da tutti i tempi, anche di quello del passato. Il percorso è quello verso una terra limbica, una terra di nessuno in cui non sembra esistere tempo o in cui il tempo è fermo. In una nicchia della storia:
«Si sarebbe detto che [Miss Tina] non mettesse mai fuori la testa dal- l'appartamento della zia, e io mi domandavo che facesse là dentro una settimana dopo l'altra, un anno dopo l'altro. Una consegna di reclusione tanto rigida non l'avevo mai vista. Quello era, più che uno starsene tranquille, un fingersi morte da parte di due creature braccate. A quanto pareva, le due signore non ricevevano visite di nessun tipo e non tenevano contatti con il mondo». (Cap. IV)In questa terra-di-nessuno desolata il narrante penetra con l'unico scopo della sua ricerca. Il suo 'sacro graal' gli fa vedere solo questo, delle due donne osserva solo quello che è finalizzato alla sua ricerca, per sfruttare ciò che appartiene alle due donne, per conquistare la mèta. In questo senso ciò che vede è superficiale. Questa superficialità, la sua posizione interessata e parziale, sarà ciò che in fondo gli fa perdere il "tesoro". Fa da sfondo Venezia, città artefatta per eccellenza ma nello stesso tempo città che esiste davvero, racchiusa in sé stessa e al di fuori delle caratteristiche stesse di città. Non una Venezia-disfacimento (come sarà in Mann), ma una città-teatro, città-scatola come una scatola è la casa in cui vivono le due donne:
«Non so perché in tale circostanza mi venne di rimanere più che mai colpito da quella strana atmosfera di affabilità, di parentela, di vita di famiglia che costituisce per metà il tono di Venezia. Così senza strade, senza veicoli, senza strepito di ruote o impetuosità di cavalli, con le sue calli tortuose dove si formano capannelli di persone, dove le voci risuonano come nei corridoi di una casa, dove il passo umano si posa come a evitare gli spigoli del mobilio e le scarpe non si consumano mai, la città ha il carattere di un immenso appartamento collettivo, di cui piazza San Marco sia l'angolo più adorno [...]. E, in un certo modo, questo splendido domicilio comune così familiare, così domestico e sonoro, assomiglia anche a un teatro in cui gli attori stac chettino sui ponti [...]». (Cap. IX)Il racconto è percorso di penetrazione - la penetrazione, lo scoprimento strato dopo strato è il processo dell'analisi lette raria e psicologica per eccellenza - attraverso una serie di sca tole cinesi successive: penetrazione in una città, in una casa, in una stanza (quella della vecchia Miss Bordereau), fino allo scrigno-forziere in cui si suppone siano nascoste le lettere. Il percorso di una caccia al tesoro (Stevenson, "L'isola del tesoro") che però incontra un muro. Il muro è quello dell'artista nei confronti della realtà della vita quotidiana. L'artista (il giovane studioso) esita e rifiuta di compiere l'ulteriore e conse guente passo. Rifiuta, anche se ambiguamente e poco chiaramente, il patto faustiano del compromesso con la realtà quotidiana (sposare Miss Tina), e con questo perde tutto, perde il "tesoro".