Dickens:
la società imperfetta
Dickens: la società imperfetta
Dickens ha conosciuto sempre una popolarità straordinaria.
Più discontinua invece la valutazione critica. I vittoriani
lo guardarono con sospetto o tesero a censurare buona parte della
sua opera per accogliere solo quella moralisticamente accettabile.
La reazione antivittoriana ha spesso confuso l'opera di Dickens
tra le tipiche espres- sioni della società che essa rifiutava.
L'opera di Dickens ha una buona dose di difetti, in parte riconducibili
al superlavoro cui lo costringevano le ferree scadenze editoriali,
e il bisogno di essere sempre a contatto con il suo pubblico.
Nonostante la mancanza di misura, gli errori di gusto, gli eccessi
patetici e moralistici, Dickens rimane il maggiore narratore inglese
del secolo. Egli creò una nuova forma letteraria, il romanzo
sociale, in cui fuse e sviluppò due grandi filoni della
narrativa inglese: la tradizione picaresca di Defoe, Fielding
e Smollett; e quella sentimentale di Goldsmith e Sterne. Ma esplorò
anche i generi più diversi: dal racconto di fantasmi a
quello poliziesco, dal romanzo umoristico alla satira di costume.
La sua denuncia dello sfruttamento suona al nostro gusto odierno
talvolta retorica. Ma fermo restando l'impatto che per il tempo
doveva avere, riesce a essere ancora oggi efficace, ecce zionalmente
acuto nel rappresentare gli effetti che lo sfruttamento ha sui
rapporti umani. La rappresentazione è sostenuta so prattutto
dai personaggi, costruiti con straordinaria vitalità: dai
caratteri unilaterali della prima maniera (il buono e il cat tivo,
il comico e il patetico) si giunge a quelli sempre più
com plessi e ambigui delle opere più mature. Anche gli
oggetti, l'ambientazione, il paesaggio urbano sono parte integrante
del quadro e acquistano a volte un forte rilievo simbolico. Si
pensi al carcere, presente ossessivamente in tanti romanzi; alla
nebbia di "Casa desolata"; o all'enorme cumulo di rifiuti che
diventa quasi un protagonista ne "Il nostro comune amico".
© Antenati - 1994-1997
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