Giosuè
Carducci: produzione poetica
Giosuè Carducci: produzione poetica
Impronta laica e orientamento politico filo-repubblicano
hanno l' Inno a Satana (1863), e Levia gravia (1868). Fino ai
componi menti poi inclusi nei Giambi ed epodi (1882), la sua raccolta
più dichiaratamente impegnata nella polemica politica.
La sua fama di poeta nazionale si afferma grazie a un'ampia produzione,
poi raccolta in Rime nuove (1861-1887), e Odi barbare (1877-1889)
così chiamate perché Carducci, che aveva tentato
di riprodurvi il ritmo della metrica quantitativa dei greci e
dei latini, era tuttavia convinto che sarebbero sembrate "barbare"
agli orecchi di un greco o di un latino. Al 1878 risale la chiacchierata
Ode alla regina d'Italia , filo-monarchica. Del 1899 è
la sua ultima raccolta di versi, Rime e ritmi .
Arbitro della situazione letteraria italiana, Carducci assegnò
all'attività poetica responsabilità decisive, oltre
che sul piano del linguaggio e della letteratura, su quello della
vita civile. Di qui la svalu- tazione della prosa e della narrativa,
e la sua insistenza sul ruolo di vate che competerebbe al poeta.
Proprio dalla concezione della centralità del poeta nella
so cietà deriva la sua posizione di poeta nei confronti
delle poeti che e delle estetiche letterarie. Il suo classicismo
è l'assun zione di una posizione di centralità,
di equilibrio che non si gnifica rinuncia delle estetiche altre:
ma assunzione di quelle estetiche all'interno della propria concezione
e della propria scrittura poetica. Il suo anti-romanticismo è
assunzione degli elementi del romanticismo, ma all'interno di
un progetto più va sto e complesso che è il suo
particolare classicismo, che è in nanzitutto coscienza
della storia letteraria.
Di qui la disposizione sperimentalista di fronte al fatto poetico,
che lo porta a produrre contemporaneamente versi di accento e
significato diversissimo: nel 1881 per esempio scrisse la "barbara"
Nevicata , uno dei momenti di maggiore raccoglimento della sua
poesia, ma immediatamente dopo scrisse la "rima" A Vittore Hugo
, con la sua ostentazione di poesia vaticinante.
Nel 1871-1878 è per Carducci un periodo di crisi ma anche
il periodo in cui è maggiore la sua maturazione poetica.
L'amore per Cristofori- Piva, la morte del figlioletto Dante (1875),
spinsero Carducci a una più intensa ricerca interiore.
Nello stesso tempo lesse con maggiore attenzione Goethe, Schiller,
Platen, Baudelaire, Gautier, Shelley. La tematica di Carducci,
arricchitasi di nuovi stimoli umani e letterari dette i suoi risultati
più originali, in tre direzioni:
- 1) la rievocazione storica, che coincide con la nostalgia
per le età eroiche del passato, in particolare per
quella romana: il ciclo delle poesie "romane" delle Odi barbare
(Nell'annuale della fondazione di Roma, Dinanzi alle terme
di Caracalla, Alla Vittoria, Alle fonti del Clitumno). E per
quella medioevale-comunale (Il comune rustico, Faida di comune,
Il parlamento);
- 2) la poesia di memoria che rievoca una giovinezza energica
e appassionata (Idillio maremmano, Davanti San Guido, Nostalgia,
San Martino);
- 3) il senso della morte, intesa come privazione di forza
e di luce (Funere mersit acerbo, Pianto antico).
Già nelle ultime Odi barbare e poi, in modo più
vistoso, in molte liriche di Rime e ritmi , l'ispirazione più
genuina viene sostituita dall'oratoria celebrativa. E' un declino
che coincide con le posizioni politiche del 'vate', integrato
nella politica di Crispi e plaudente al regime monarchico. Pur
nel complessivo quadro di declino e involuzione poetica, tuttavia,
si incontrano anche accenti nuovi di lirismo raccolto e sbigottito:
il paesag- gio interiore di "Nevicata", quello composto e luminoso
di "Sogno d'estate", i piccoli quadri a tenui colori di "In una
villa", "Mezzogiorno alpino", "Ostessa di Galby", il misurato
fantasticare di "Courmayeur", la grazia ilare e malinconica di
"Ad Annie" ecc.
Ma è anche da notare che il rischio della retorica è
sempre stato implicito nella poetica stessa di Carducci. E cedimenti
oratori si trovano anche nelle poesie "storiche" delle Odi barba
re e di Rime e ritmi . Carducci non è mai stato, anche
nel suo periodo più felice, un poeta della storia. Fu un
pittore di paesaggi storici, icastici, coloriti, ma privi del
senso vichiano che aveva animato le rievo cazioni foscoliane,
o del senso religioso e provvidenziale che aveva ispirato tutta
la poesia storica di Manzoni. E così risulta astratta la
dottrina della "nemesi" che colpisce inesorabilmente i discendenti
dei tiranni, specialmente gli incolpevoli (Per la morte di Napoleone
Eugenio, Miramar): una forza naturale che interviene a ristabilire
un ordine di cose, arbitrariamente infranto con la violenza e
l'irrazionalità. A parte singoli risultati, l'esperienza
carducciana restò comunque isolata dalle correnti più
vive della letteratura contemporanea, avviate decisamente verso
soluzioni naturalistiche o decadentiste.
© Antenati - 1994-1997
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