Alfred
de Vigny
Alfred de Vigny
Nato a Loches [Turenna] nel 1797, da una nobile
famiglia, intraprese la carriera militare, ma entrando anche in
contatto con il cenacolo romanticista di Victor Hugo, di cui divenne
amico. Nel 1825 sposò a Pau la giovane inglese Lydia Bunbury.
Nel 1827 lasciò l'esercito e si trasferì a Paris.
Nel 1830, turbato dagli avvenimenti politici che lo videro titubante
tra ambizioni umanitarie e solidarietà con la dinastia
regnante, si staccò dal grup po di Hugo. Si interessò
poi alla dottrina di Saint- Simon e al cristianesimo sociale di
Lamennais, e si accostò alle idee repubblicane. Nel 1848,
all'indomani della rivoluzione che aveva accolto con entusiasmo,
si presentò per essere eletto deputato della Charente,
ma ne uscì battuto. Nel 1853 decise di ritirarsi nella
sua tenuta del Maine-Giraud, dove trascorse gli ultimi dieci anni
di vita accanto alla moglie malata, in raccoglimento e solitudine,
lasciando il suo rifugio solo per brevi soggiorni a Paris. Morì
a Paris nel 1863.
Vigny scrisse libri di versi, romanzi, racconti,
prose, testi teatrali.
La prima raccolta di versi organica sono i Poemi antichi e
moderni (Poèmes antiques et modernes, 1826) in cui
confluirono anche le Poesie (Poèmes) apparse anonime
nel 1822. Nel 1837 i "Poemi antichi e moderni" furono completati
e divisi in tre gruppi: "Libro mistico", "Libro antico", "Libro
moderno". Il testo più famoso di questa raccolta è
Mosè (Moï se). La raccolta è diseguale, si sente
l'influsso di Chateaubriand e di Byron.
Un netto progresso sono I destini (Les destiné
es), la sua opera poetica più matura. Essi furono pubblicati
nel 1864, ma Vigny vi lavorò dal 1838. In undici composizioni
Vigny affronta il problema della condizione umana, secondo una
visione stoica e pessimistica frutto di una meditazione attorno
al «male sociale» e al «male filosofico» contro cui Vigny suggerisce
i rimedi rispettivamente della pietà e del silenzio. E'
un pessimismo non integrale, attenuato dalla fede nel progresso
civile e dalla sua religione dello spirito. Il suo sistema di
valori si esprime attraverso un lirismo controllato, capace di
dare forma concretamente simbolica alle sottili esperienze intime
e alla severa dimensione concettuale del discorso. Tra i componimenti
più significativi di questa raccolta sono La casa del
pastore (La maison du berger), La morte del lupo (La
mort du loup), Il silenzio (Le silence), Lo spirito
puro (L'esprit pur), Il monte degli ulivi (Le mont
des oliviers).
Consistente fu il contributo di Vigny al
teatro romanticista. Dopo alcune rielaborazioni di temi scekspiriani,
come Il moro di Venezia (Le More de Venise, 1829), sono
una serie di opere più autonome: il dramma storico
La marescialla d'Ancre (La maré chale d'Ancre, 1831),
l'atto unico Cavarsela per paura (Quitte pour la peur,
1833). La cosa migliore è Chatterton (1835), uno
dei testi più interessanti e felici del teatro romanticista.
Esso è tratto da uno dei racconti di "Stello", ed ha per
protagonista un poeta inglese suicidatosi diciottenne: il nucleo
drammatico è dato dal contrasto insanabile tra il poeta
che vive in un mondo di sogno e una realtà che lo frustra
e gli impedisce di esistere pienamente.
Di minor valore rispetto alla produzione
poetica e teatrale è quella in prosa narrativa. Vigny iniziò
con il romanzo storico Cinque marzo (Cinq-mars, 1826).
Seguirono i tre racconti di Stello (1832) al centro dei
quali è il problema della condizione del poeta come «paria
della società». Servitù e grandezza militari
(Servitude et grandeur militaires, 1835) è rievocazione
autobiografica della lunga esperienza di soldato, con riflessioni
sul declino nella società moderna di un mestiere eroico.
Postumo apparve Il giornale di un poeta (Le journal d'un
poète, 1867) utile per la ricostruzione della sua personalità
e del suo pensiero.
Vigny svolse in modo singolare alcune tematiche
di fondo del romanticismo. Poeta aristocratico e isolato, approdò
negli esiti migliori a una scrittura austera dove il vero filosofico,
la componente meditativa, si fa simbolo, teso e preciso, cristallo
ver bale, anche esclamazione e grido ma mai retorici.
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