Novalis
Novalis
1) notizie biografiche
Si chiamava Friedrich Leopold von Hardenberg,
nacque a Oberwiederstedt [Franconia] il 2 maggio 1772. Figlio
di un piccolo proprietario terriero, crebbe in un ambiente rigidamente
pietistico. Aveva una debole costituzione fisica, e ciò
influì sulla sua opera, impregnata dal senso della morte.
Compì studi privati, poi un anno di ginnasio a Eisleben
(1789), e corsi di giurisprudenza in vista di una carriera nell'amministrazione
sassone. Studiò filosofia a Jena, dove ebbe come maestri
Fichte e Schiller. A Lipsia frequentò Friedrich Schlegel.
Evento decisivo per la sua accesa emotività fu l'incontro
nel 1794 con Sophie von Kühn, che morì di tisi dopo
il fidanzamento nel 1797, a 15 anni. A Jena, dove si recava per
visitare la fanciulla malata, entrò in contatto con i romanticisti.
Dopo la morte di Sophie, Novalis si trasferì a Weissenfels-Saale
[Halle] come funzionario delle saline sassoni. Nel 1800 ebbe un
importante incarico nelle miniere. Pochi mesi dopo morì
improvvisamente di tisi, era il 25 marzo 1801.
2) opere
Le opere di Novalis furono pubblicate solo
in parte, durante la sua vita, in «Athenäum» e negli almanacchi
dei romanticisti. Esse per la prima volta furono raccolte e pubblicate
postume dai suoi amici Friedrich Schlegel e Tieck, nel 1802.
Dopo gli esordi poetici influenzati da Schiller, Novalis ac quistò
una sua individualità che ne fanno il massimo lirico e
narratore del primo romanticismo tedesco.
Novalis esprime la sua struggente intensa nostalgia di morte negli
Inni alla notte (Hymnen an die Nacht). Essi furono scritti
nel 1797 (pubblicati nel 1800), e celebrano in prosa ritmica l'amata
perduta con idealizzata sensualità. All'arduo e acceso
intellettualismo degli "Inni alla notte" fa riscontro nei
Canti spirituali (Geistliche Lieder, 1799), e soprattutto
nei "Canti a Maria" (Marienlieder) un certo tono popolare, in
cui Novalis esprime uno spirito di devozione volutamente elementare.
Nello scritto filosofico-religioso Cristianità o Europa
(Christenheit oder Europa, 1799) auspica una comunanza di fede
dell'occidente, nello spirito del medioevo. Esso divenne un testo
programmatico dei romanticisti. La sua visione universalistica
che include romanticisticamente letteratura e politica, si era
già espressa nei frammenti Pòlline (Blütenstaub,
1798). Si tratta di pensieri sulla religione, la poesia, la filosofia,
la scienza, la musica, la lingua ecc. Essi rivelano la tendenza
di Novalis a una concezione mistico-romantica intrisa di sogno
e di redenzione. Gli stessi elementi, approfonditi in senso lirico-allegorico,
nel romanzo incompiuto I discepoli di Sais (Die Lehrlinge
zu Sais, 1798-1799), con la de licata fiaba di Giacinto e Fior
di Rosa. L'allegoria del concetto di verità è qui
simbolo di una visione magica della natura: è visibile
l'influsso del mistico Jakob Bö hme, che Novalis aveva conosciuto
tramite Tieck.
L'opera più significativa di Novalis
è il romanzo incompiuto Heinrich von Ofterdingen,
scritto nel 1798-1801 e pubblicato da Tieck nel 1802. Il titolo
riprende il nome di un minnesäanger. Si tratta di una biografia
esemplare, un romanzo-fiaba, che riflette le vicende dell'autore
e la sua concezione del poeta romanticista. Novalis lo concepì
in polemica con il «prosaico» "Wilhelm Meister" di Goethe. Esalta
l'unità magica del visibile e dell'invisibile attra verso
la poesia, evocata nel simbolo del «fiore azzurro». Il romanzo
fu definito da *L. Mittner come "l'opera più squisita del
romanticismo tedesco". Oggi noi leggiamo questo romanzo soprattutto
per le caratteristiche filosofiche e storiche legate a un aspetto
del romanticismo.
3) il mito del passato
Nell'ambito della rilettura del passato operata
dal romanticismo, la svolta nella cultura europea con cui all'antichità
comincia a sostituirsi come elemento decisivo di confronto e vagheggiamento
fantastico il passato del medioevo popolare e cristiano (il processo
che poi approderà con il decadentismo wagneriano al medioevo
mitologico germanico) il pensiero di Novalis ebbe una funzione
decisiva. Il cenacolo di Jena che inventò il movimento
romanticista tedesco poi dilagato in europa grazie a Madame de
Stael, riconobbe in Novalis un maestro. I principali esponenti
del gruppo, i fratelli Schlegel e Tieck, si considerarono dopo
la sua morte i suoi continua- tori.
Eppure il saggio "Cristianità o Europa", da cui prese le
mosse la rivalutazione del medioevo cristiano, non fu pubblicato
sulla rivista del gruppo, «Athenaeum»: ci furono dissensi all'interno
del gruppo, e alla fine il verdetto sfavorevole di Goethe chiamato
come arbitro. Esso fu pubblicato solo nel 1826.
Negli scritti e articoli di Novalis sono tutte le posizioni tipiche
della fase eroica del romanticismo. Si veda il frammento giovanile,
databile intorno al 1789-1790 in cui parla della poesia e dell'«entusiasmo»:
chiama «la poesia, figlia del più nobile impeto e delle
sensazioni e passioni più alte e forti». Scrive in un frammento
del 1800: «la poesia sana le ferite inferte dall'intelletto. Essa
è appunto formata da elementi contrastanti - da una verità
sublime e da un piacevole inganno». Oppure ancora il frammento
sulla traduzione, pubblicato su «Athenaeum» nel 1789 quando distingue
tra tre tipi di traduzione e soprattutto delle «traduzioni mitiche
che sono traduzioni nello stile più alto. Esse espongono
il carattere puro e compiuto dell'opera d'arte individuale. Non
ci presentano l'opera d'arte reale bensì il suo ideale
[...]». Nel corpus degli scritti di Novalis sono innumerevoli
anche le intuizioni, precorritrici di movimenti e climi poetici
che saranno in altre stagioni della storia poetica europea. Così
l'idea di linguaggio come attività separata e autonoma
capace di giungere al significato proprio quando lo si separa
dall'intenzionalità razionale: una posizione che rimanda
alle "parole in libertà" dei dada e dei surrealisti. «Nessuno
sa», scrive Novalis intorno al 1789-1790, «che la peculiarità
del linguaggio è proprio quella di preoccuparsi solo di
sé stesso. Perciò esso è un mistero così
portentoso e fecondo: se infatti si parla solo per parlare allora
si pronunciano le verità più splendide e originali.
Se invece si vuol parlare di qualcosa di deter minato, allora
il linguaggio, questo spiritoso, ci fa dire le cose più
ridicole e insensate [...]. Potessimo far capire alla gente che
per il linguaggio accade lo stesso che per le formule matematiche:
costituiscono un mondo a sé , giocano solo con sé
stesse, non esprimono altro che la loro meravigliosa natura e
proprio perciò sono così espressive, proprio perciò
vi si rispecchia l'insolito gioco dei rapporti tra le cose [...]
solo nel loro libero moto si manifesta l'anima del mondo [...].
Pur ritenendo di aver indicato con ciò , nel modo più
chiaro, l'essenza e la funzione della poesia, so però anche
che nessuno può comprenderle, e di aver detto delle sciocchezze,
perché appunto ho voluto dirle, e così non nasce
nessuna poesia. E se dovessi però parlare? E se quest'impulso
linguistico al parlare fosse il contrassegno dell'ispirazione
del linguaggio, dell'efficacia del linguaggio in me? E se poi
la mia volontà volesse tutto ciò che io dovessi,
ciò non potrebbe infine essere, senza che io lo sapessi
o vi credessi, poesia, e non potrebbe rendere comprensibile un
mistero del linguaggio? Sarei dunque così uno scrittore
nato, visto che lo scrittore non è che un entusiasta del
linguaggio?». La strada pionieristica di Novalis, che in altri
ha portato all'idea dell'arte per l'arte e al rifiuto della realtà
e dell'impegno in essa.
L'idea romanticista di Novalis ha una buona parte delle sue radici
nella rilettura di Plotino. Di contro al trionfo del pensiero
sistematico, vince in lui un pensiero fortemente orientato al
frammentismo, poetico e saggistico. Da questo punto di vista è
un atteggiamento simile a quello di un Leopardi. Sua idea centrale
è il concetto di «immaginazione creatrice», la capacità
che ha l'immaginazione di forza plastica; il logos come parola
poetica. Passato, immaginazione, sono due strumenti messi al servizio
di una revisione dell'idea di progresso e di storia, che si concentra
attorno alla nuova idea di Europa che Novalis presenta: un'europa
fortemente eurocentrica, unitarista, 'forte' e germanica, una
visione che non sarà senza conseguenze nella successiva
assunzione dell'irrazionalismo romanticista da parte della mitografia
reazionaria.
Nell'ambito della storia della filosofia
romanticista, Novalis pone il problema della contraddizione -
problema che sarà di lì a poco 'risolto' nella dialettica
hegeliana. Novalis legge la contraddizione come fluttuazione tra
opposti; l'individuo è questa polarità, unione dell'eterogeneo,
fluttuazione, gioco di estremi. «Il contrasto tra corpo e spirito
è uno dei più rilevanti e pericolosi»: inibisce
la conoscenza del reale. «Il corpo è lo strumento del formare
e modificare il mondo - dunque dobbiamo cercare di sviluppare
il nostro corpo in un organico capace di tutto. Modificazione
del nostro strumento è 'modificazione' del mondo». La conoscenza
è modificazione del mondo, e questa modificazione si realizza
nel corpo e attraverso il corpo. Esso è il luogo in cui
gli oggetti esterni si toccano per formare il mondo. E dove interno
e esterno si toccano, lì è il luogo dell'anima.
L'atto amoroso è l'attimo in cui il corpo diventa anima
e l'anima diventa corpo. In questa zona di contatto in cui gli
estremi fluttuano, tutto viene sconvolto ma anche illuminato.
Filosofare è una carezza, l'inizio della filosofia è
il primo bacio. La filosofia è l'impulso a essere ovunque
di casa, non abbiamo bisogno di 'casa' perché «ciò
che si ama lo si trova dapertutto, e dapertutto si vedono simiglianze.
Quanto più grande è l'amore, tanto più largo
e vario è questo mondo di somiglianze». L'amato o l'amata
diventano l'abbreviazione dell'universo, e l'universo il prolungamento
di ciò che è amato. Tuttavia non è una conciliazione
di opposti, una sintesi (come sarà quella hegeliana). L'amore
è divisione, polemos. Ci caliamo nella via segreta che
conduce dentro di noi e «si è necessariamente atterriti
quando si getta uno sguardo» dentro questa profondità:
non appaiono confini, la nostra immaginazione «spossata si arresta»,
e a nulla servono intelletto, fanta sia, ragione. Occorre andare
ancora più avanti, alla scoperta del paesaggio interno
su cui si proietta tutto l'universo esterno. Questi collegamenti
possono diventare il fondamento della visione del mondo. L'unico
linguaggio capace di esprimere questa pluralità interna,
è il linguaggio della poesia. Essa è la possibilità
di risolvere una esistenza straniera nella nostra, di cogliere
nei suoi limiti il mutevole, di descrivere questa percezione del
mutamento abitualmente visto come annientamento in una nuova visione
dell'infinita ricchezza del mondo e del soggetto che è
ovunque a casa in esso. Il liguaggio della poesia non è
un linguaggio di verità: «solo con un ardito ed esatto
disegno oggetti e storie inventate da noi stessi, diventiamo capaci
di trasmette re un animo libero in una copia apparente del mondo».
«Regno del poeta sia il mondo stretto nel punto focale del suo
tempo», si augura Novalis.
Novalis ebbe fama per tutto il XIX secolo
e per il XX secolo di poeta: solo a partire dagli anni '60 del
XX secolo furono pubblicate le opere filosofiche e i frammenti
che, per un filosofo asistematico come lui, costituiscono la gran
parte dei suoi scritti. A questa rilettura, Novalis appare tra
i maggiori filosofi romanticisti tedeschi.
Bibliografia: Novalis
Hymnen an die Nacht (1797, 1800)
Blütenstaub (1798)
Die Lehrlinge zu Sais (1798-1799)
Christenheit oder Europa (1799)
Geistliche Lieder (1799)
Marienlieder (1799)
Heinrich von Ofterdingen (1798-1801, 1802)
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