Vincenzo Monti

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Vincenzo Monti

Nato a Alfonsine [Ravenna] nel 1754, studiò prima al seminario di Faenza, poi frequentò i corsi di medicina all'Università di Ferrara, occupandosi anche di letteratura. Nel 1775 fu ammesso all'accademia di Arcadia. Nel 1776 la pubblicazione del poemetto La visione di Ezechiello gli procurò la protezione del cardinale Scipione Bor- ghese. Nel 1778 si stabilì a Roma, divenendo presto molto famoso. Fu segretario del nipote di Pio VI, il duca Luigi Braschi. Del 1791 è il matrimonio con Teresa Pikler, da cui Monti ebbe due figli, Gian Francesco e Costanza (che sposerà poi Giulio Perticari).
Con lo scoppio della rivoluzione francese, dopo il primo schierarsi contro la rivoluzione, Monti cominciò ad accostarsi a favore di quelle idee. Nel 1797 lascia Roma. Passa per Bologna, poi a Venezia dove tra l'altro conosce Foscolo con cui intrecciò un'amicizia durata fino al 1810, e si stabilisce a Milano dove, nonostante le diffidenze dei giacobini, ottiene rilevanti incari chi nella Repubblica Cisalpina. La sua natura di conservatore fu poi confermata dall'ammirazione per Napolé on, visto come l'uomo destinato a ristabilire un ordine illuminato. Nel 1799 fuggì a Paris in seguito alla calata degli austro-russi. Tornò a Milano nel 1801. Nel 1802 ebbe la cattedra di eloquenza all'Università di Pavia, che tenne fino al 1804. Nel 1805 fu nominato storiografo di corte. Con la restaurazione, Monti inneggiò ai nuovi dominatori. Fu tra l'altro, per breve tempo, nel 1816-1817, condirettore della rivista au- striacante «La Biblioteca italiana». Tenu- to ancora in grande considerazione, la sua autorità culturale non è più però quella di un tempo. Muore a Milano nel 1828.
Al periodo romano (1778-1797) appartengono tutta una serie di opere d'occasione e celebrative. Grosso successo ottenne con il poemetto La bellezza dell'universo (1781) scritto in occasione delle nozze del nipote di papa Pio VI, il duca Luigi Braschi, e celebrante la forza creatrice della natura. Seguirono i Pensieri d'amore (1782), gli Sciolti al principe don Sigismondo Chigi (1783), che risentono della suggestione del "Werther" di Goethe. Nell' Ode al signor di Montgolfier (1784) esalta il progresso della scienza e del- l'uomo. Nel 1784 iniziò a lavorare al poemetto Feroniade, cui lavorò fino a poco prima della morte, sul tentativo di prosciu- gamento delle paludi pontine da parte di Pio VI. Nel poemetto incom- piuto Musogonia (1793) fa una rievocazione di miti classici. In questo periodo scrive anche due tragedie come Ari stodemo (1787) e Galeotto Manfredi (1788), piene di echi shakespeariani e alfieriani. La prosopopea di Peri- cle (1789) è scritta in lode del mecenatismo di Pio VI. Più aper- tamente schierata da punto di vista politico è la cantica in terzine In morte di Ugo Bassville (1793), o "Bassvilliana". essa prende spunto dall'assassinio del segretario della legazione francese a Roma. Monti vi fa una requisitoria contro i princì pi e le pratiche della rivo- luzione francese. Monti con queste attività si pose al centro del mondo culturale romano, interpretando le esigenze del gusto neo classicista. Catturava e rielaborava le suggestioni più diverse, da Alighieri alla lirica settecentesca, all'inter- no di una concezione che considerava la scrittura poetica come una "bella veste" con cui ricoprire le idee.
Al periodo giacobino e poi napoleonico (1797-1815) appartengo no le opere scritte in appoggio ai nuovi poteri. Antipapali e an timonarchiche sono le tre cantiche Il fanatismo, La superstizione, Il pericolo (1798). A esaltare la fi- gura e l'opera di Napolé on sono: il poemetto incompiuto Prometeo (1797), l'ode Per la liberazione d'Italia (1801), il poema In morte di Lorenzo Mascheroni (1801) o "Mascheroniana", il poema Il beneficio (1805) per l'incoronazione di Bonaparte a re d'Italia, l'incompiuto Il bardo della Selva Nera (1806) sulle campagne napoleoniche in Prussia, La ierogamia di Creta (1810) per le nozze dell'imperatore con Maria Luisa d'Austria, e Le api panacridi in Alvisopoli (1811). Perfettamente in sintonia con la Repubblica Italiana, laica ma moderata e contraria ai giacobini, è la tragedia Caio Gracco (1801).
Le cose migliori sono forse le traduzioni. In endecasillabi sciolti dell'"Iliade", terminata nel 1810 (ma ritoccata nel 1812, 1820 e 1825), rivisitazione del poema omerico in chiave neoclassicista (ciò che del restò gli procurò il giudizio avvelenato dell'amico-nemico *Foscolo di «traduttor dei traduttori d'Omero», a causa delle sue scarse conoscenze di greco). E la traduzione in ottave della "Pulcella d'Orlé ans" di Voltaire (sarà pubblicata solo nel 1878).
Con la restaurazione Monti inneggia ai nuovi dominatori con le azioni teatrali Il mistico omaggio (1815), Il ritorno d'Astrea (1816), L'invito a Pallade (1819). Agli ultimi anni risalgono l'idillio Le nozze di Cadmo e Ermione (1825). Con il "Sermone sulla mitologia" (1825) intervenne nella polemica tra classicisti e romanticisti, schierandosi con i classicisti. Al 1826 risale la lirica Per il giorno onomastico della mia donna, che è tra i suoi componimenti più sinceri e migliori.
Al 1817-1826 risale la "Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della Crusca", scritta in collaborazione con Giulio Perti- cari. Monti e Perticari polemizzano con le teorie di A. Cesari, sostenitore dell'eccellenza della lin- gua trecentesca, e affermano la superiorità di una lingua letteraria italiana, respingendo le posizioni fiorentiniste della Crusca.
Ha lasciato un vasto Epistolario, uscito in sei volumi nel 1928-1931, che contiene pagine anche spigliate.
Monti visse in un'epoca di grandi trasformazioni politiche, sociali, di costume. Ogni caso contemporaneo, drammatico o lieto che sia, è semplificato nei suoi versi, ridotto a spunto per esercizi di stile, scorribande esperte nell'amato mondo della mitologia, visite commosse al museo della letteratura. Come poeta e come persona fu ambiguo: tra opportunismo politico, incapacità a scelte coraggiose, fragilità di carattere, attuatore di una idea di arte-per-arte. Fu poeta mondano e d'occasione, un eclettico che diffuse nuove mode culturali. Per *De Sanctis si trattò di un autore leggero e superficiale, per *Binni un poeta del consenso. Usò materiali disparati: moduli e motivi biblici, virgiliani, alighieriani, della tradizione illustre del XVI secolo, shake speariani, ossianeschi ecc. I suoi esiti espressivi sono però al nostro orecchio monotoni, il verso è sempre sonoro e rilevato, sfasato rispetto agli affetti in gioco (o per troppo colore, o per troppa soavità). Come rilevò *Leopardi, Monti è "poeta veramente dell'orecchio e dell'immaginazione, del cuore in nessun modo". La sua lezione formale ebbe influenza sulla poesia italiana di tutto il secolo.

Bibliografia: Vincenzo Monti

La visione di Ezechiello (1776)
La bellezza dell'universo (1781)
Pensieri d'amore (1782)
Sciolti al principe Don Sigismondo (1783)
Ode al signor Montgolfier (1784)
Feroniade (1784-1828)
Musogonia (1793)
Aristodemo (tragedia, 1787)
Galeotto Manfredi (tragedia, 1788)
Prosopopea di Pericle (1789)
In morte di Ugo Bassville (1793)

Il fanatismo (1798)
La superstizione (1798)
Il pericolo (1798)
Prometeo (1797)
Per la liberazione d'Italia (1801)
In morte di Lorenzo Mascheroni (1801)
Il beneficio (1805)
Il bardo della Selva Nera (1806)
La ierogamia di Creta (1810)
Le api panacridi in Alvisopoli (1811)
Caio Gracco (tragedia, 1801)

Il mistico omaggio (1815)
Il ritorno d'Astrea (1816)
L'invito a Pallade (1819)
Le nozze di Cadmo ed Ermione (1825)
Sermone sulla mitologia (1825)
Per il giorno onomastico della mia donna (1826) Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della Crusca (1817-1826) con G. Perticari
Epistolario

traduzioni:
Iliade (1810, 1812-1825)
Pulcella d'Orlé ans (pubbl.1878)

Contesto

L'Italia e il classicismo



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