Pierre
Loti
Pierre Loti
Pierre Loti fu lo pseudonimo di Julien Viaud.
Nato a Rochefort-sur-Mer nel 1850 (morì a Hendaye nel 1923),
ispirò la sua ricca produzione consistente di una quarantina
di volumi, soprattutto alle proprie esperienze di viaggio. Raggiunse
una tale fama da riuscire a entrare nel 1891 all'Académie
Française.
Loti era ufficiale di marina, ma riuscì a saldare efficacemente
i motivi autobiografici al gusto dell'intreccio avventuroso e
della descrizione coloristica. Aziyadé (1879) è
ambientato a Costantinopoli. Il matrimonio di Loti (Le mariage
de Loti, 1880) è am bientato a Tahiti. La signora Crisantemi
(Madame Chrysanthème, 1887) in Giappone. Ramuntcho (1897)
nei paesi baschi.
La sua cosa migliore è Pescatore d'Islanda (Pêcheur
d'Islande, 1886), romanzo di vita bretone sul tema della lotta
con il mare. La pubblicazione postuma, nel 1925, del suo Diario
intimo 1878-1881 (Journal intime 1878-81) offre la chiave per
comprendere i caratteri dell'esotismo naturalistico di Loti: una
poetica della malinconia e della onnipresenza della morte, della
irrimediabile solitudine dell'uomo, a cui si contrappongono disillusi
tentativi di evasione in realtà diverse e fascinose, che
confer mano tuttavia inevitabilmente i limiti ineluttabili dell'avventu
ra umana. D'altra parte l'esotismo agiva potentemente sul pubbli
co francese e europeo del tempo, e Loti, negli atteggiamenti e
nella stessa scelta dello pseudonimo (il fiore orientale) faceva
di tutto per alimentare la sua immagine. Scrivevano i velenosi
Goncourt: «Loti : uno strano scrittore e ancor più strano
uffi ciale di marina, tutto truccato e con gli occhi dipinti di
quel neretto che le donne usano per vellutare e sporcaccionare
il loro sguardo. Ha chiesto di portare con sé il suo marinaio,
un grazio so marinaio tanto scollato che Madame Daudet confessava
di avere provato imbarazzo [...]». Nella sua casa di Rochefort
Loti aveva una camera in stile bretone dove si vestiva da bretone,
una turca che abitava vestendosi da turco, un'altra giapponese
ecc. Pare amasse anche molto il travestimento: una serata del
1887 si pre sentò a una festa travestito da Osiride.
Più che i suoi romanzi oggi risultano meno noiosi i suoi
diari e resoconti di viaggio. Resoconto diaristico e impressionistico
del viaggio fatto a Gerusalemme nel 1894 sotto spoglie di beduino
è Gerusalemme , di cui coglie l'oscillare tra degrado e
solennità, illusioni deluse e maestosità. Al Marocco
è diario di un viaggio da Tangeri a Fez e ritorno, compiuto
al seguito di una missione diplomatica francese presso il sultano
del Marocco nella primave ra del 1886. Sullo sfondo di una Tangeri
la Bianca, sormontata da minareti verdi e punteggiata da caggetani
multicolori, la carova na diplomatica organizza la partenza, vera
città nomade che raggiungerà Fez, la capitale religiosa
di ponente, città santa dopo la Mecca, punto di convergenza
commerciale tra europa e africa protetta dalla catena montuosa
del grande Atlante scintillante di neve. A Fez Loti assiste all'apparizione
sfarzosa e lugubre di un sultano che sembra una mummia: secondo
i fedeli ortodossi maghrebini, si tratta del vero discendente
di Mohamed, a scapito delle pretese del sovrano di Istanbul, usurpatore
e sacrilego. Loti al loggia in una casa araba, vestito da musulmano,
visita la moschea di Karaouin capace di 20mila persone e sede
di una università do- ve scopre che anche gli studenti
marocchini alternano rigorosi studi di alchimia e filosofia a
movimentate feste goliardiche. Penetra nel ghetto ebraico, nel
mercato degli schiavi, si commuo ve davanti a una piccola schiava
negra in lacrime. Al tramonto, sulle terrazze che creano una seconda
città, Loti assiste alla passeggiata delle donne marocchine,
truccate e eleganti, nascoste agli sguardi maschili. Anche durante
il viaggio Loti ha modo di scoperte inaspettate. Il paesaggio
inaspettatamente fertile, con ampie distese di erbe e fiori, di
camomilla, una foresta di fi nocchi giganti. Lo stretto rapporto
della gente marocchina con gli animali indispensabili per la sopravvivenza
e i trasporti. L'atrocità delle usanze, sugli animali ma
anche con i supplizi inflitti ai delinquenti. Il viaggio lascia
al romantico Loti il sapore della nostalgia, la forte voglia di
tornare ai forti colo ri di un medioevo della civiltà.
Il viaggio di Loti si conclude non a caso assistendo a una pittoresca
'fantasia' a cavallo di bambini pascià dalle virtù
acrobatiche, l'orgoglio che sente pro venire dagli occhi di una
elegante cavaliere di sei anni. Mentre La morte di File descrive
l'Egitto, con attenzione sepolcrale e mortuaria per le rovine,
i musei, le mummie; lo stesso deserto è descritto come
«un'enorme e fantastica tomba, una necropoli natu rale che nessuna
opera umana avrebbe potuto eguagliare in fasto e orrore, una stufa
vagheggiata per cadaveri che vogliono conser varsi per l'eternità».
Il linguaggio di Loti, semplice e diretto, compone paesaggi impressionistici
di facile lettura. Le opere di Loti ebbero il favore del pubblico
francese in un clima di crisi dei valori bor ghesi, tra positivismo
e irrazionalismo, negli anni di fine secolo.
© Antenati - 1994-1997
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