Michail
Jurevic Lermontov
Michail Jurevic Lermontov
Michail Jurevic Lermontov nacque a Mosca nel
1814. Iscrittosi a 16 all'università di Mosca, abbandonò
gli studi per abbracciare la carriera militare. Si gettò
con entusiasmo nella vita mondana di Pietroburgo, ostentando pose
di scherno sprezzante verso la società del tempo. Suo modello
era Byron, di cui condivideva l'anticonformismo, e lo spirito
di ribellione orgogliosa e 'demoniaca'. Morì giovanissimo,
ucciso in duello da Martinov, un suo vecchio compagno di scuola:
a Pjatigorsk [Caucaso] nel 1841.
Le sue prime opere interessanti sono alcuni
poemetti licenziosi: Sashka (1836), La tesoriera di
Tambov (1838), i cui soggetti derivano dall'esperienza militare.
Essi rinnegano i modi retorici delle prime esercitazioni poetiche
e anticipano il realismo della maturità. Nel 1837 la lirica
In morte di Puskin, piena di sdegno contro i cortigiani
che avevano permesso la morte del più grande poeta russo,
gli provocò l'ostilità degli ambienti di corte e
l'esilio nel Caucaso. Il paesaggio di questa terra fa da sfondo
ai suoi poemi più importanti: Il demone, e
Il novizio (1840).
De "Il demone" esistono molte stesure, ma fu pubblicato solo dopo
la sua morte. Vi lavorò nel 1829-1841. E' la storia caucasica
del bellissimo demone ancora mèmore della sua caduta dal
paradiso, che si aggira volando sulla terra nel monotono scorrere
dei secoli, e che si innamora di una splendida e innocente fanciulla
georgiana, Tamara, alla vigilia delle nozze. Muore il promesso
sposo, ucciso in un agguato. A Tamara assopita appare in sogno
l'innamorato angelo del male, la cui bellezza soprannaturale rimane
nei pensieri della fanciulla anche quando si è ritirata
in un convento. Una notte il demone entra nella sua cella, le
confessa il suo amore e la bacia. Tamara ne muore, e invano il
demone contende la sua anima all'angelo che l'ha accolta.
Intorno alla figura del demone, creatura del male esiliata da
una favolosa contrada di beatitudine, essere indocile che brama
l'assoluto e rifiuta di mischiarsi alla gente, si impernia gran
parte della sua produzione poetica. Una produzione caratterizzata
dal ricorrere di immagini-chiave: il demone, la Spagna, la Scozia
di Ossian, l'Oriente mitico.
Anche nel romanzo Un eroe del nostro tempo (1840) Lermontov
riprese, anche se nell'ambito di un realismo anticipatore, la
tematica demonica: Peciorin, il protagonista dei cinque racconti
che formano il romanzo, è uomo nobile e coraggioso che
si autocondanna all'incomprensione e alla solitudine con il suo
insop primibile disprezzo per la massa. I due primi racconti ("Bela"
e "Maksim Maksimyc") si fingono narrate all'autore da un amico
di Peciorin, Maksim Maksimyc. Gli altri ("Taman", "La principessina
Mary", "Il fatalista") sono presi da un diario di Peciorin. La
Bela che dà il titolo al primo racconto è una principessa
tartara rapita con l'astuzia da Peciorin e uccisa per vendetta
dal tartaro Kasbic. In "Maksim Maksimyc" è il fuggevole
incontro di Peciorin con l'amico al quale affida il suo diario.
Dopo una breve avvertenza in cui si informa il lettore della morte
di Peciorin, si passa a "Taman", storia di un agguato teso all'ufficiale
da una bella contrabbandiera. Ne "La principessina Mary" siamo
nella città termale di Piatigorsk, e Peciorin tesse una
trama futile e perversa ai danni di due donne innamorate di lui,
la sua antica amante Vera e la giovane Mary. Il tenente Grusnickij
innamorato di Mary lo sfida e viene da lui ucciso. Ne "Il fatalista"
l'ufficiale Vulic, per dimostrare di credere al destino, sperimenta
su di sé di fronte a Peciorin la 'roulette russa': la pistola
fa cilecca, ma Peciorin gli ha letto in volto la morte e glielo
dice. La sera stessa Vulic viene ucciso da un tartaro ubriaco
incontrato per caso. Le vicende avventurose di Peciorin e i suoi
tragici amori hanno un cinico, aristocratico sperimentalismo,
che si esercita, con risultati disastrosi, contro le già
corrotte strutture della società russa.
Lermontov scrisse anche per il teatro. Il suo dramma più
famoso, Un ballo in maschera (1835), presenta la vicenda
di Arbenin, un ex dongiovanni che, tormentato dai ricordi, uccide
per gelosia la giovane moglie. E' in questo dramma il motivo dell'impossibilità
di redenzione e di fuga per l'uomo prigioniero senza scampo del
proprio passato.
L'opera di Lermontov ha scorie di eloquenza retorica e di indulgenza
al patetico, ma si tratta comunque dell'espressione più
pura del romanticismo russo. "Un eroe del nostro tempo" influenzò
enormemente la generazione contemporanea, nella vita oltre che
in letteratura. La figura del demone, con la sua insopprimibile
urgenza della ribellione e la sua disperata inutilità,
anticipatrice di una tematica ricorrente in Dostoevkij e in tutta
la letteratura russa moderna, ha ispirato poi poeti come Blok,
Majakovskij e Pasternak.
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