Honoré
de Balzac
Honoré de Balzac
Notizie biografiche
Nato a Tours nel 1799 da una famiglia della media borghesia. Solo
nel 1830 aggiungerà il "de" al cognome. Il padre era stato
segretario del consiglio del re durante l'Ancien régime,
fu poi capo della sussistenza della XXII divisione militare di
Tours. La madre proveniva da una famiglia di commercianti.
Nel 1807-1813 studiò come interno al Collège de
Vendôme. Quando la famiglia si trasferì a Paris, iniziò
gli studi di giurisprudenza, e si impiegò come scrivano
prima presso un avvocato, poi da un notaio. Contemporaneamente
seguì alla Sorbona i corsi di Cousin, Guizot, Villemain.
Nel 1819 ebbe dai genitori un periodo di prova per saggiare la
sua vocazione letteraria. In una mansarda del quartiere della
Bastiglia, in rue Lesdiguières, scrisse le prime opere.
L'insuccesso lo portano al giornalismo e alla letteratura di consumo,
a essere editore e tipografo: acquistò anche una fonderia
di caratteri da stampa. Nelle lettere che scrive alla sorella
Laure, si auto-rappresenta come desideroso di gloria e di amore.
Come scrittore segue la moda e il gusto piccolo-borghese. Si prova
con romanzi rocamboleschi e fantastici, senza firmarli. Il periodico
parigino «Le Pilote» pubblicò un articolo elogiativo sull'Ultima
delle fate (l'articolista lo paragonava al Diavolo amoroso
di Cazotte e al Mari Sylphe di Marmontel) uscito senza
il suo nome, ma si tratta di uno dei pochi "successi" di questa
prima fase della vita di Balzac. Tutti i suoi tentativi commerciali
fallirono, si ritrovò a trent'anni al punto di partenza
e coperto di debiti.
Il successo giunse grazie a "Gli Sciuani" (1829) e allo scandalo
del saggio "La fisiologia del matrimonio" (1830). Da allora si
affermò stabilmente sulla scena pubblica francese, come
giornalista e romanziere. Nel 1830-1831 accarezzò senza
successo ambizioni politiche, nel partito legittimista. Influenzato
da Swedenborg si dà al misticismo cosmico. Nel 1833 ha
inizio, con uno scambio di lettere, la sua relazione con la ricchissima
Eve (Eveline) Hanska, nobildonna polacca, e che fu il grande amore
della sua vita. In precedenza Balzac si era legato con Laure de
Berry, di vari anni più anziana di lui, e aveva avuto altre
relazioni. Con Hanska, Balzac fu sostanzialmente fedele. La sua
vita fu segnata dalle continue difficoltà finanziarie,
da una ostinata prodigalità. Negli ultimi anni il ritmo
vertiginoso di lavoro cui si sottometteva cominciò a rallentare,
il suo fisico cominciò a risentire delle notti insonni,
i litri di caffé ingurgitati. Balzac in più risentiva
anche dei continui rifiuti dell'Académie Française,
e dell'ostilità di critici e giornalisti.
Nel 1850 Balzac riuscì a strappare alla dura e diffidente
Hanska, rimasta vedova nel 1841, il consenso al matrimonio. Si
sposò il 14 marzo 1850 a Berdicev [Ucraina]. Balzac sopravvisse
solo qualche mese alle nozze. Morì a Paris, nella lussuosa
casa di rue Fortunée (ora rue Balzac), la sera del 18 agosto
1850.
Dalle prime opere al successo
Le prime opere di Balzac furono la tragedia in versi Cromwell,
e il romanzo filosofico Sténie,
che non ebbero successo. Si dedicò alla letteratura di
consumo. Gli anni 1821-1829 sono per lui difficili: pubblica,
da solo o in collaborazione con altri e sotto vari pseudonimi,
opere narrative. Molte ispirate al romanzo nero inglese. Un gran
numero di saggi e di articoli.
Un discreto successo ha solo con il romanzo storico, di ispirazione
scottiana, Gli Sciuani (Les Chouans, 1829) sulla ribellione
della Vandea. A fare scandalo e a procurargli la notorietà
è il saggio La fisiologia del matrimonio (La physiologie
du mariage, 1830). Collaboratore di giornali mondani, sostenuto
e lanciato da importanti editori, pubblica i racconti che compongono
le Scene della vita privata (Scènes de la vie privé
e, 1830). La pelle di zigrino (La peau de chagrin, 1831)
consacrò la sua fama di narratore. Seguirono tutta una
serie di opere: Il colonnello Chabert (Le colonel Chabert,
1832), Il curato di Tours (Le curé de Tours, 1832),
La storia intellettuale di Louis Lambert (L'histoire intellectuelle
de Louis Lambert, 1832), Il medico di campagna (Le mé
dicin de campagne, 1833), La ricerca dell'assoluto (La
recherche de l'absolu, 1834). Racconti faceti (Contes
drolatiques, 1832-1837) è un curioso pastì sc su
temi narrativi e stilistici di scrittori rinascimentali.
Di questi anni sono anche due tra i suoi romanzi migliori:
Eugénie Grandet (1833) e Papà Goriot
(Le père Goriot, 1834), entrati tutti nel ciclo de "La
commedia umana".
"Eugénie Grandet" entrò a far parte delle "Scene
della vita di provincia", negli "Studi di costumi" de "La commedia
umana". Grandet è un commerciante di Saumur che ha accumulato
una prodigiosa fortuna. E' un avaro, e costringe e vivere in ristrettezze
la moglie, la serva Nanon e la figlia Eugé nie. Sottomessa
e devota, Eugé nie è la più ricca ereditiera
della città, ambì ta dalle due grandi famiglie del
luogo, ma indifferente a ogni pretendente. Arriva il cugino Charles,
dandy Parisno travolto dal fallimento del padre, e Eugé
nie si innamora. Suo padre manovra per ri scattare i crediti del
fratello, Eugé nie offre al giovane tutti i suoi risparmi
per permettergli di partire e trovare fortuna in India. Charles
promette che al suo ritorno la sposerà. Cinque anni dopo,
morti entrambi i genitori, Eugé nie eredita una grossa
fortuna. Ma anche Charles si è arricchito e sposa una giovinetta
di nobile famiglia. Eugé nie si rassegna a sposare l'anziano
Crichot de Bonfons, a condizione che il matri- monio non venga
consumato. Rimasta vedova, dedica il suo denaro alla beneficenza.
Inserito nelle "Scene della vita privata" (negli "Studi di costume")
de "La commedia umana" è invece "Papà Goriot". Siamo
a Paris, nella triste pensione di Madame Vauquer dove abitano,
con altri personaggi squallidi o patetici, Eugène de Rastignac
giovane studente povero ma ambizioso, risoluto a farsi strada
nel mon do, l'enigmatico Vautrim che poi si saprà essere
un forzato evaso, e Goriot, un vecchio che sembra roso da una
pena segreta. A poco a poco Eugène scopre il segreto di
Goriot: si è rovinato per assicurare una vita agiata alle
due figlie Anastasie e Delphine che, sposate con il conte de Restaud
e con il barone de Nucingen, vedono il padre solo per estorcergli
i pochi soldi che gli rimangono. Durante un furioso litigio delle
due figlie in sua presenza, Goriot ha una crisi apoplettica. Nell'agonia
è in preda al delirio: crede che le due siano al suo capezzale
e invece sono a un ballo. Muore benedicendole, tra le braccia
di Rastignac che sarà l'unico a seguire il funerale fino
al Père-Lachaise. Di qui, dominando Paris, Rastignac lancia
la sua sfida alla città e alla società: «E adesso
a noi due».
La "Commedia umana"
L'idea di fondere tutti i suoi romanzi in un'unica opera, facendo
riapparire in nuove vicende gli stessi personaggi delle opere
precedenti e organizzando i vari romanzi e racconti in modo da
presentarli come parti autonome ma complementari di un unico quadro
che dovesse essere «esatta rappresentazione dei costumi della
società moderna» e «fisiologia generale del destino umano»,
cominciò a essere attuata da Balzac nel 1834, quando annunciò
il suo progetto con il titolo complessivo di Studi di costume
del XIX secolo (Etudes de moeurs au XIXe siècle). Essi
dovevano esse re suddivisi in:
- Scene della vita privata (Scènes de la vie privée)
- Scene della vita di provincia (Scènes de la vie
de province)
- Scene della vita Parisna (Scènes de la vie parisienne).
Balzac si rese conto che tutta una parte dei suoi scritti non
era puramente descrittiva, e non poteva trovare posto in questa
cornice. Nel 1835 presentò un secondo gruppo di opere con
il titolo di Studi filosofici (Etudes philosophiques).
Anche gli "Studi filosofici" riunivano un certo numero di romanzi,
ma senza suddivisioni nette come la serie precedente. Tutte le
opere che ne facevano parte si basavano su una certa definizione
fisiologica dell'uomo, per consentirne la comprensione del comportamento
sociale, e l'illustravano con degli esempi.
Queste due primitive idee di struttura furono sostituite nel 1842
da una nuova e più vasta idea, che è alla base della
presentazione (Avant-propos, 1842) a La commedia umana
(La comédie humaine). Nel 1841 Balzac aveva firmato il
contratto per la grande edizione delle sue opere narrative, illustrate
da pittori come Gavarni, Meissonnier, Daumier, e per la quale
quattro editori si erano consociati. Alla base de "La commedia
umana", su un piano descrittivo, c'erano gli "Studi di costume
del XIX secolo": ma arricchiti con:
- Scene della vita politica (Scènes de la vie politique)
- Scene della vita militare (Scènes de la vie militaire)
- Scene della vita di campagna (Scènes de la vie de
campagne)
Andando verso l'alto c'erano gli "Studi filosofici", anch'essi
ampliati. Alla sommità dovevano essere gli "Studi analitici"
(Etudes analytiques), che Balzac non fece in tempo a scrivere
e che avrebbero dovuto trarre le conclusioni filosofiche e politiche
di questa visione globale dell'uomo e della società.
Nella Prefazione (Avant-propos, 1842) Balzac esprime i
suoi intenti generali. Descrivendo le varietà umane create
dalla vita sociale, si prefigge di fare ne "La commedia umana"
ciò che Buffon aveva fatto descrivendo le differenti specie
animali. I drammi che la vita sociale determina, alimentando le
passioni, avrebbero dovuto illustrare il modo di pensare e di
agire degli uomini del XIX secolo: dipingendo lo sfondo ambientale
della loro vita, realizzando una «storia dal vivo» dei costumi
dell'epoca, domina ti dagli impulsi fondamentali dell'amore e
dell'ambizione. In pochi anni Balzac scrisse alcuni dei suoi romanzi
più famosi, come Grandezza e decadenza di César
Birotteau (Grandeur et dé cadence de César Birotteau,
1837), Casa da scapolo (La rabouilleuse, 1841-1842),
Splendore e miseria delle cortigiane (Splendeur et misère
des courtisanes, 1839-1847).
Le illusioni perdute (Les illusions perdues, 1837-1843),
sono una trilogia, formata da I due poeti (1837),
Un grand'uomo di provincia a Paris (1839) e da Le sofferenze
di un inventore (1843). La trilogia fu inserita nelle "Scene
della vita di provincia" (negli "Studi di costume"). Nel primo
racconto siamo a Angoulême: David Séchard che aveva
l'animo di un poeta si è rassegnato a gestire la tipografia
del padre. E' amico di Lucien Chardon detto Rubempré ,
di cui sposa la sorella Eve. Lucien è più ambizioso
di David, riesce a entrare nell'ambiente letterario e a farsi
conoscere come poeta. Un giorno però fugge a Paris con
Mme de Bargeton. Nel secondo racconto siamo a Paris: è
la degradazione di Lucien abbandonato da Mme de Bargeton, senza
risorse, cerca invano di farsi pubblicare una raccolta di sonetti
dall'editore Dauriat. Lucien diventa giornalista mondano e i suoi
compiacenti articoli lo portano al successo. Festeggiato dai salot
ti, si dà a una vita dispendiosa: screditato e pieno di
debiti è costretto a tornare a Angoulême. Ne "Le sofferenze
di un inventore", terzo romanzo della trilogia, Lucien trova David
che, impegnatosi nella ricerca di un nuovo procedimento per la
fabbricazione della carta, è vittima dell'aggressività
dei concorrenti e dei creditori. Lucien per una imprudenza rivela
il suo nascondiglio, e David è arrestato. Pieno di rimorsi,
Lucien decide di uccidersi, ma incontra il prete spagnolo Carlos
Herrera (in realtà è il forzato evaso Vautrin) che
gli promette una vita fortunata se seguirà i suoi consigli.
David intanto è riuscito a accordarsi con i creditori,
si associa con i concorrenti per sfruttare la sua invenzione e
raggiunge la serenità. Lucien invece si appresta a tornare
a Paris.
La cugina Bette (La cousine Bette, 1846), e Il
cugino Pons (Le cousin Pons, 1847) fanno parte delle "Scene
di vita Parisna" (negli "Studi di costume"). Protagonista-martire
de "La cugina Bette" è la baronessa Adeline Hulot, una
dolce creatura moglie devota del barone Hector Hulot d'Evry, incorreggibile
libertino che ha fatto venire in gioventù a Paris dalla
Lorena la cugina Lisbeth Fischer, una du ra contadina priva di
grazia e di mezzi. Zitella, invecchiata da parente povera all'ombra
degli Hulot, la cugina Bette nasconde dietro un'apparenza devota
un animo carico di rancore contro Adeline e la sua famiglia. La
figlia di Adeline, Hortense, sposa il conte Steinbock, verso cui
Bette ha da tempo un affetto cupo e esclusivo. Bette ordisce la
vendetta. Riesce a gettare sia il conte Hulot che il conte Steinbock
tra le braccia della signora Marneffe, donna avida e senza scrupoli:
in questo modo distrugge pace reputazione e patrimonio delle due
famiglie. La signora Marneffe esce di scena con una morte atroce
e infamante, e Bette muore di tubercolosi. La famiglia Hulot riesce
a superare la crisi finanziaria. Adeline però muore poco
dopo, umiliata fino all'ultimo dai tradimenti del marito che,
dopo la sua morte, sposa la cuoca di casa, la rozza e volgare
Agathe.
Protagonista de "Il cugino Pons" è Sylvain Pons, oscuro
direttore d'orchestra, che è riuscito a raccogliere una
preziosa collezione di oggetti antichi, di cui lui stesso ignora
il valore commerciale. La sua golosità lo porta al parassitismo
gastronomi co presso i parenti ricchi e mondani che, credendolo
povero, lo umiliano e deridono. Improvvisamente, quando Pons si
ammala e non può più uscire di casa, tutti scoprono
il valore della sua collezione. Inizia attorno a lui un carosello
di amici e parenti avidi. Nonostante l'ingenuità, Pons
si accorge di essere circondato di intriganti e predoni, e designa
come proprio erede universale un amico, il pianista tedesco Schmucke.
Alla morte di Pons, Schmucke si lascia spogliare della collezione
proprio da quei parenti che con le loro manovre avevano affrettato
la morte dell'a mico.
Nonostante il massiccio impegno, il progetto di Balzac non fu
terminato. La parte descrittiva della "Commedia umana" è
quasi completa, anche se non riuscì a terminare I contadini
(Les paysans, 1844), I piccoli borghesi (Les petits bourgeois),
né le "Scene della vita politica". Gravi lacune presentano
gli "Studi filosofici", mentre quasi nulla esiste degli "Studi
analitici".
Le ultime opere
Nel 1833 inizia la corrispondenza con Eve Hanska. Le lettere che
le scrisse, nell'arco di diversi anni, sono il documento più
completo e suggestivo che possediamo sulla sua vita: diario del
suo amore ma anche della sua opera. Ci dicono tra l'altro anche
delle rovinose imprese economiche in cui si implicò , e
con cui sperperò i guadagni invece di risanare i vecchi
debiti. Ci dicono anche degli sfortunati tentativi teatrali compiuti
negli ultimi anni: così Vautrin (1840) di cui fu
proibita la rappresentazione, mentre Mercadet l'affarista
(Mercadet le faiseur) fu messo in scena solo dopo la sua morte.
Dopo la firma nel 1841 del contratto di pubblicazione delle opere
narrative, Balzac continuò a produrre anche se a ritmi
meno forsennati. Si ricordano tra l'altro I contadini
(Les paysans, 1844), e il ciclo I parenti poveri (Les
parents pauvres, 1846-1847).
L'importanza de "La commedia umana" non sta tanto nella sua consistenza
(quasi cento titoli) ma nella profondità e originalità
della sua impostazione, nel vigore dei caratteri creati dallo
scrittore, la straordinaria forza dei suoi personaggi monomaniaci
e che nulla distrae dal perseguimento delle proprie idee fisse,
la verità dei drammi domestici di cui Balzac fu il primo
tra i romanzieri ad avvertirne il carattere tragico, la vivida
esattezza delle descrizioni.
L'influsso di Balzac sulla letteratura realistica (naturalistica
e post-naturalistica) è stato enorme. Ciò nonostante
una certa freddezza della critica: già un contemporaneo
come *Sainte-Beuve gli rimproverava di essere «preda delle sue
opere», di non saperle governare e dominare: insomma, un genio,
un costruttore di storie ma non un artista. Scrisse invece *Baudelaire:
“Mi ha stupito molte volte che il merito più grande
di Balzac fosse considerato l'osservazione: mi era sempre apparso
tale, invece, quello di essere un visionario, e un visionario
appassionato. Ogni suo personaggio ha in dono l'ardore vitale
che animava lui stesso. [...] Chi può permettersi [come
lui] di offrire alla pura trivialità un abito di luce e
di porpora?”. Fondamentale fu la rivalutazione fatta da
*H.Taine nel 1870. Quella di Balzac è una scommessa nella
direzione del «romanzo assoluto» (*R.Barthes), teso fino all'estremo
delle sue possibilità.
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