Il western-spaghetti

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Il western-spaghetti

Il western-spaghetti è un western prodotto e concepito in Italia, girato nei paesi mediterranei, che si conquista il mercato di serie B tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70: alla levigatezza e alla stessa possanza fisica dei western tradizionali hollywoodiani si contrappongono qui attori smilzi, impolverati. Ironia e violenza di un mondo senza legge, che è in fondo la metafora del sud-Italia. La produzione italo-europea si incunea nella doppia crisi del mercato: quello del western hollywoodiano e quella che investe il genere mitologico (il "peplum" alla francese, o "muscoli e sandaloni" all'italiana). Sergio Leone , Duccio Tessari, Sergio Corbucci , tutti e tre italiani e provenienti dal mitologico in crisi, scoprono il nuovo filone. Essi danno al pubblico quello che esso aveva sempre sognato di vedere in un western: sparatoie e morti ammazzati. E' la rilettura del west fatta da uomini che avevano amato giocare ai cowboys da bambini e che non avevano tempo da perdere con storie d'amore e tante chiacchiere. I loro western, fondati sulla violenza spinta fino al paradosso, erano in alcuni elementi storicamente pił esatti di quelli statunitensi: descrivevano il mondo violento e selvaggio della Frontiera, senza nessun addolcimento moraleggiante tipico della retorica hollywoodiana. Un mondo dove i cimiteri si chiamavano "boot hills" perché a quei tempi la gente moriva con gli stivali ai piedi, e dove la vita umana valeva poco pił di un pugno di dollari. Nel western-spaghetti si muore con facilità e si muore male, anche i rumori delle armi da fuoco sono pił cattivi di quelli dei films statunitensi. E poi ci sono le torture, generalmente subite dal protagonista nel secondo tempo: pestaggi, amputazioni, accecamenti, crocifissioni, frustate. Il realismo del western-spaghetti si ferma qui: ai ceffi dei cattivi, ai costumi, alla violenza. Non ci fu nessuna particolare attenzione alle tematiche storiche del periodo, i western-spaghetti erano azione pura: storie di vendette, duelli, rapine, sfide, tradimenti, in un crescendo di violenze, azione e morti cinematografiche.
Tra il 1961 e il 1977 furono girati circa 600 euro-western (circa 400 tra il 1964 e il 1969), la maggior parte dei quali scritti e girati da sceneggiatori e registi italiani. Ecco perché , pur essendo prodotto con soldi di diverse nazioni europee, l'euro-western è definito western-spaghetti. Molti film di questo filone oscillano dal mediocre al brutto, ma ebbero successo perché uscirono al momento giusto. E, dato che questi films dovevano sembrare veri western statunitensi, gran parte di coloro che lavorarono a questi films usarono pseudonimi nordamericani .
Leone avvia il sotto-genere: una serie di film replicanti, una valanga di films tutti uguali, le trame ricalcate sugli originali leoneiani. Generalmente si tratta di storie della Frontiera del sud-ovest, tutte ambientate in un paesaggio caratteristico e desolato ai confini tra il Texas e il Messico. Film che sfruttano in questo modo gli esterni spagnoli: Almeria, Burgos, Cadice. E le numerose comparse latine, che passano per desperados messicani. La Spagna provvede anche ai villaggi americani e non: il pił usato fu Pedrija-del-Colmenar-Viejo (= la pietraia del vecchio alveare), a 40 chilometri da Madrid, paesino fatto di casette in gesso bianco nel quale è ambientato il finale di "Per qualche dollaro in pił " di Leone. Nei villaggi del western-spaghetti c'è molta meno animazione e viavai di gente che in quelli hollywoodiani: alla base è una legge economica: meno gente cioè meno comparse da pagare a causa dei budget estremamente bassi che si avevano a disposizione. Una necessità che divenne stile: i villaggi spettrali e semi-abbandonati, solo polvere vento e pistoleri, diventano emblematici di questo nuovo western rarefatto, essenziale, un concentrato del genere.

Le storie del western-spaghetti possono essere raggruppate in tre grandi nuclei germinativi, intorno cui i vari registi e autori fanno le loro piccole variazioni: I western-spaghetti resero nuovamente appetibile il western alla produzione hollywoodiana. E diedero alla storia del cinema alcuni attori e registi che si faranno strada, senza perdere le qualità migliori delle prime prove ma approfondendole.
Il western-spaghetti non è solo Leone, ma un numero ragguardevole di registi, sceneggiatori, caratteristi, produttori. La gran parte come abbiamo detto di pessima qualità , ma anche con alcuni film particolari, che si distinguono dal rumore di fondo.
Nell'ambito del western-spaghetti possiamo distinguere alcuni filoni, che si intrecciano in vario modo:

a) gli epigoni

Nel gran numero di epigoni, rientrano storie e caratteristi che derivano tutti dai films di Sergio Leone. Nell'ambito del b-movie siamo spesso davanti a film-spazzatura. Sul tipo di storie e caratteristiche abbiamo già parlato.
Accenniamo qui a alcuni registi e attori che raggiunsero i loro primi successi in questo sottogenere, magari per poi dedicarsi a altri films, oppure che hanno dato qui il meglio di loro. Partito come clone di Clint Eastwood è l'attore Franco Nero in "Django". Tra i migliori attori è Tomas Milian, che interpreta ruoli di messicano estroso e vulcanico, dalla gamba lesta e dal coltello letale. Lee Van Cleef fu lanciato da Leone e è stato protagonista di molti altri films. Interessanti sono stati Gianni Garko in "Sartana", William Berger in "El Cisco", Anthony Steffen in "Shango".
Ruolo classico di eroe buono svolge Giuliano Gemma. Giovane atletico e affascinante, Gemma esordisce nel western dopo una carriera nel genere mitologico come eroe-muscolo, in "Una pistola per Ringo" regia di Tessari e con il nome d'arte di Montgomery Wood. Ringo è un pistolero funambolo, dalla battuta pronta e dal sorriso smagliante: ha la "faccia d'angelo", diversamente dai pistoleri alla Django. Quando non interpreta ruoli alla Ringo, Gemma è specialista nelle parti del giovane e innocente coinvolto in una congiura. Per lui gli sceneggiatori inventano una variante del tema della vendetta: la vendetta in seguito a errore giudiziario. La maggior parte dei films con Gemma inizia in un carcere dove l'eroe è rinchiuso in seguito a un processo truccato. Seguono evasione o liberazione, vendetta e reinserimento dell'eroe nella società . A differenza dei bounty-killers dei western leoneiani, i personaggi di Gemma non vogliono dollari ma chiedono solo di tornare a ricoprire i ruoli di marito felice e cittadino esemplare. Si vedano i ruoli interpretati nei films di Tonino Valerii "I giorni dell'ira" (1967) e "Il prezzo del potere" (1969). La morte del western-spaghetti porterà poi Gemma, dopo un periodo di offuscamento, a una carriera di attore pił completo: avrà ruoli ne "Il deserto dei tartari" (1976) regia di Valerio Zurlini, "Delitto d'amore" (1974) di Luigi Comencini, "Tex e il Signore degli Abissi" (1985) di Tessari ecc.
Tra i cattivi sono il bravissimo Klaus Kinski. Ma da ricordare è anche un minore come Fernando Sancho (l'attore è morto nel 1990). Specializzato nell'interpretazione del desperado messicano grasso, sporco, baffuto, che indossa giacche militari con alamari sulle spalle e bandoliere incrociate sul petto. Cattivissimo. Il nemico per eccellenza di Giuliano Gemma. I films migliori in cui i due si fronteggiano sono: "Una pistola per Ringo" (1964), "Il ritorno di Ringo" (1965) regia di Tessari, "Arizona Colt" (1967) regia di Michele Lupo. In "Arizona Colt" è la scena in cui si rivolge agli uomini della sua banda: «Vedete questo? [chiede mostrando un orologio da tasca con solito carillon] Era di mio padre. Un giorno mi disse: Figliolo, quando morirò , questo orologio sarà tuo. Cinque secondi dopo... era mio!»

Mentre Leone trova gli ingredienti del western-spaghetti e Corbucci tenta gli aspetti pił estremi, Duccio Tessari è il regista che sviluppa gli aspetti ironici del western-spaghetti. E' Tessari l'inventore di Ringo, con cui si anticipa il filone parodico-comico di Trinità . Ispirandosi a "Ore disperate", un classico thriller di William Wyler del 1955, Tessari diresse Una pistola per Ringo (1964), con cui si pigliavano in giro alcuni stereotipi del western. Con Il ritorno di Ringo (1966), ritorno di Ulisse a Itaca in chiave western, Tessari mette da parte l'ironia e confeziona la sua opera migliore, sempre con Giuliano Gemma nei panni del pistolero dalla faccia d'angelo. Tessari in seguito dirigerà altri western ironici ma pił deboli, come il western rosa Vivi o preferibilmente morti (1969) con Gemma e il pugile Nino Benvenuti, Viva la muerte... tua! (1971) con Franco Nero e Eli Wallach. Nel 1985 dirigerà la trasposizione cinematografica di un'avventura del personaggio fumettistico di Tex, Tex e il Signore degli Abissi, che non ebbe molto successo.
Il successo di Leone fa diventare il western fonte di guadagno per produttori e registi. Molti registi di serie A, in cerca di incassi sicuri si attaccano al treno del western autarchico, con risultati spesso desolanti. Florestano Vancini girò con lo pseudonimo di Stan Vance I lunghi giorni della vendetta (1967) con Giuliano Gemma, che usa la stella da sheriff come arma in stile ninja. Lina Wertmuller (con lo pseudonimo di Nathan Wich) ci prova con la commedia Il mio corpo per un poker (1968). L'unico che riesce a confezionare un prodotto godibile è Tinto Brass con il suo Yankee (1967), western con buoni dialoghi, firmati dallo scrittore di hard-boiled italiani Giancarlo Fusco.

Il western-spaghetti permette a diversi giovani autori di farsi le ossa nella regia. E' il caso ad esempio di Dario Argento. Egli scrive il soggetto, insieme a Bernardo Bertolucci di "C'era una volta il West" di Leone. E' lo sceneggiatore di "Oggi a me, domani a te" (1968) regia di Tonino Cervi, su un gruppo di cacciatori di taglie in caccia di una banda di fuorilegge capitananata da un samurai giapponese (Tatsuya Nakadai, che sarà poi protagonista di "Kagemusha"); lo sceneggiatore di "Cimitero senza croci" (1968) regia di Robert Hossein, e di "Un esercito di cinque uomini" (1969) regia di Don Taylor: quest'ultimo è un tortilla-western in cui appare ancora una volta un samurai.
Film che fa da ponte d'unione tra western hollywoodiano e western- spaghetti può essere considerato Il mio nome è nessuno (1972) diretto da Tonino Valerii, "da un'idea di Sergio Leone", che è il produttore e la vera 'mente' del film: protagonisti sono i due attori-eroi dei due filoni western, rispettivamente Henry Fonda e Terence Hill. Il film è un atto d'amore per il western hollywoodiano, girato quasi alla fine delle fortune del westernspaghetti. Nessuno è il nome del giovane pistolero, abile e beffardo che idolatra il leggendario Beauregard (interpretato da Henry Fonda) ormai vecchio e stanco, e lo convince a impegnarsi con lui in una impresa disperata, sbaragliare una banda di 150 banditi a cavallo. Il comico del western- spaghetti accanto allo stile, la classicità westerniana di Henry Fonda. Con una piccola dose di surrealismo di certe situazioni, ma in un contesto (con "messaggi politici") ormai decontestualizzati, quasi assenti. Leone avrebbe voluto che l'eroe del 'nuovo' ammettesse alla fine del film che di fronte all'eroe vecchio stile lui è proprio un nessuno. Ma Valerii a quanto pare non riuscì a detestare il personaggio interpretato da Terence Hill quanto il suo produttore, e così il giovane pistolero diventa un sincero ammiratore del vecchio pistolero, lo aiuta a entrare nella leggenda senza farsi ammazzare. Valerii era un allievo di Leone. Aveva riscritto, non accreditato, i dialoghi di "Per un pugno di dollari" durante la lavorazione. Era stato aiuto-regista di Leone in "Per qualche dollaro in pił ", ed era stato lui a inventare il personaggio di El Indio, al posto del cattivo previsto nella sceneggiatura originale. Valerii esordì come regista in proprio con il dignitoso Il gusto di uccidere (1967), ma si fece conoscere con I giorni dell'ira (1969) interpretato da Giuliano Gemma e Lee Van Cleef. Un anno dopo esce Il prezzo del potere sempre con Gemma in cui viene ricreato in chiave western l'omicidio del presidente USA Kennedy. Dopo Una ragione per vivere, una per morire (1972) con James Coburn, Bud Spencer e Telly Savalas, western bellico pacifista, Valerii tornò a lavorare con Leone con "Il mio nome è Nessuno" che resta la sua cosa migliore.

Il punto pił estremo toccato dall'epigonismo è quello di Se sei vivo spara (1967). Regia dell'esordiente Giulio Questi, ex documentarista. Il film fu sequestrato dopo tre giorni dall'uscita. Esso supera per crudeltà qualsiasi western girato prima. E' una galleria provocatoria di eccessi, shock visivi. Una banda di fuorilegge omosessuali e sadomaso violenta un ragazzino, un indiano scalpato lentamente in diretta, cavalli squartati, uomini dilaniati da folle inferocite. Il protagonista Oro Hondo (Tomas Milian) spara pallottole d'oro, la voce si sparge in paese e così gli abitanti si mettono a frugare nelle carni dei nemici feriti da Hondo alla ricerca dei preziosi proiettili. Il film fu poi dissequestrato, uscì nelle sale e divenne un successone. Oggi lo possiamo considerare uno splatter-movie. Il momento in cui il genere giunge al limite, è sul punto di esaurirsi. Prima di passare attraverso la parodia del western- comico.
Negli anni '70 il western-spaghetti è in pratica defunto. Gli esemplari di western-kung-fu, nati sulla scia del successo dei films di arti marziali cinesi, tipo Il mio nome è Shangai Joe (1973) regia di Mario Caiano, sono il colpo di grazia.
Appaiono gli ultimi film di buon livello (ma sempre nell'ambito del b- movie): I quattro dell'apocalisse (1976) e Sella d'argento (1978) entrambi con la regia di Lucio Fulci, Keoma (1976) regia di Enzo G. Castellari con Franco Nero, oltre naturalmente a "Il mio nome è nessuno" regia di Valerii. Il gusto del pubblico è ormai diretto verso altri generi filmici, come la fantascienza.

b) tortilla-western

Il sottofilone del western-spaghetti che abbiamo denominato tortilla- western è dato dai films ambientati in Messico (girati sempre in Spagna, ovviamente). Siamo alla vigilia del '68: il tortilla-western risponde con maggiore o minore coscienza a un filone terzomondista. Alla base di questi film è sempre la difficile amicizia tra un messicano di umili origini e un professionista, yankee o europeo. Il mercenario anglosassone è al solito bello, intelligente, inossidabile; il messicano è povero, disgraziato, gli vanno sempre tutte le cose storte: è la continuazione del personaggio leoneiano del Tuco.
Tra le cose migliori del filone, sono i tre film di Sergio Corbucci, "Il mercenario" (1967), "Vamos a matar compañeros" (1968) e "Cosa c'entriamo noi con la rivoluzione?" (1970).

Tipico di un clima politico che era comune a una parte della società italiana di quegli anni è Quien sabe? (1967), regia di Damiano Damiani. La vicenda è ambientata nel 1917, in Messico: un gringo (Lou Castel) è assoldato per uccidere il generale Elias capo dei rivoluzionari, e si allea con il feroce El Chuncho (Gian Maria Volontè ) che assalta treni per vendere armi a Elias. Nella vicenda è anche una figura di frate rivoluzionario (Klaus Kinski), una variante del frate Tack di robin-hoodiana memoria. C'è qualcosa di inquietante, per uno spettatore italiano, vedere la bandiera messicana, contro i cui soprusi il popolo rivoluzionario combatte. "Quien sabe?" è un film sulla rivoluzione, sui popoli sfruttati da pochi militari e possidenti: un film che riguarda strettamente la realtà sociale e politica dell'Italia di quegli anni. Ma c'è qualcosa di pił : c'è l'umanità . Tra il rozzo violento ma anche ingenuo El Chuncho e il raffinato e astuto giovane gringo si instaura uno strano rapporto, una attrazione. I due sembrano attratti per la diversità stessa estrema delle 'leggi' interiori che si sono scelti. Alla fine si comprende (ma è un processo di maturazione di El Chuncho?) che esiste un onore, semplice e primordiale, nel modo di agire di El Chuncho. Molto bella la scena in cui il generale Elias chiede allo stesso El Chuncho di analizzare e dare una condanna al proprio comportamento (aver lasciato morire l'intera popolazione di un paesino ribelle). El Chuncho, con rapida e coerente scelta, chiede di essere ucciso perché è colpevole. Se si vuole, esiste una mitizzazione quasi rousseauniana del 'selvaggio', contadinesco in questo caso: ma è proprio su questa mitizzazione che è possibile un film come questo, realistico ma anche epico. Ed è possibile un finale come quello proposto: El Chuncho alla fine uccide il gringo. «Perché ?» gli chiede il gringo, tra lo stupore ma anche con il bisogno di sapere, alla ricerca anche lui di una verità , di un senso pił vero e generale. «Quien sabe» risponde il bandito, «quien sabe». C'è qualcosa che sfugge a qualsiasi comprensione, eppure fa parte di un dovere sentito come imperativo. Quello che permette di capire che il nemico è colui che scavalca la fila e si piazza davanti a tutti per il solo privilegio di denaro o di razza. E allora, a questo punto, con i soldi della borsa «non comprarti il pane stavolta, compra dinamite!».
Tra gli altri migliori prodotti del filone tortilla-western, si ricordano Requiescant (1967) regia di Carlo Lizzani, Tepepa (1968) regia di Giulio Petroni e la sceneggiatura di Ivan Della Mea, Corri, uomo, corri (1968) regia di Sergio Sollima.
Sergio Sollima nel 1967 aveva diretto La resa dei conti, un giallo incentrato sull'atroce delitto di cui è stato accusato un povero pezzente messicano, Cuchillo (dal nome della sua arma preferita, il coltello) Sanchez. Sulle tracce del presunto assassino si scatena l'inesorabile Jonathan Corbett, un bounty-killer in cerca di fortune elettorali. Inizia la caccia, ma poco prima del finale salta fuori la verità . Le sequenze della caccia all'uomo sono grandiose, non manca un tocco di originalità con la presenza di un barone austriaco alla Eric Von Stronheim. Il personaggio di Cuchillo lancia al grande pubblico l'attore cubano Tomas Milian che, dopo la morte del western-spaghetti trasferirà il suo personaggio nel nuovo filone poliziesco. Sollima dirigerà poi Faccia a faccia (1969) con Gian Maria Volontè e Tomas Milian, storia dell'amicizia tra un professore tisico e Beauregard Bennet, capo del "mucchio selvaggio": è il primo film in cui appare il leggendario "mucchio".
Carlo Lizzani nel 1966 aveva diretto con il nome di Lee B. Weaver Un fiume di dollari. Nel 1967 è "Requiescant", prototipo del western politico. Il film è interpretato da Lou Castel nei panni di un pistolero che prima uccide ma poi ha la cristiana abitudine di recitare il requiestant alle sue vittime impiombate. Al suo fianco Pier Paolo Pasolini nel ruolo di un prete rivoluzionario che cita il Vangelo e i testi della rivoluzione.
Nel 1971 Sergio Leone dirigerà "Gił la testa", ultimo e migliore film del sotto-filone.

c) la parodia

Tutto il western-spaghetti è una parodia, cosciente, del western americano. Ma all'interno del genere si sviluppa parallelo un filone pił espressamente comico. Esso diverrà preminente quando il genere tenderà a esaurirsi. Tipiche parodie comiche del c-movie sono filmacci come "I magnifici Brutos del West" (1965) regia di Marino Girolami, "Per qualche dollaro in meno" (1966) regia di Mario Mattoli con Lando Buzzanca e Raimondo Vianello; e i parodiatori per eccellenza del c-movie, il duo comico Franco Franchi e Ciccio Ingrassia: "Per un pugno nell'occhio" (1965) regia di Michele Lupo, "Il bello, il brutto e il cretino" (1967) regia di Giovanni Grimaldi. E' una produzione di c-movie che ha come unico mercato l'Italia.
Fu Enzo Barboni a dirigere i due films che affossarono definitivamente il già agonizzante western-spaghetti. Barboni era stato direttore di fotografia in film mitologici e western. Con lo pseudonimo di E.B. Clucher (Clucher era il cognome della madre), diresse Lo chiamavano Trinità (1970) e Continuavano a chiamarlo Trinità (1971). Interpreti sono Terence Hill (il vero nome era Mario Girotti) e Bud Spencer (il vero nome era Carlo Pedersoli) nel ruolo di Bambino, fratello di Trinità , gigante dal pugno insostenibile. L'accoppiata Hill-Spencer era nata grazie al fiuto del regista Giuseppe Colizzi che li aveva lanciati in western-spaghetti tradizionali come "Dio perdona, io no!" (1967) e "I quattro dell'Ave Maria" (1967) con Eli Wallach e Hill che interpreta il personaggio di Cat Stevens. Trinità e Bambino a suon di pugni e lazzi ridicolizzano tutti gli elementi tipici del western-spaghetti. Il pubblico si sente vendicato dalla coppia di picchiatori che dimostrano quanto sia breve il passo tra i western fatti mali e la comicità pił sfrenata. Il successso dei Trinità fu grandioso, tale da provocare la nascita di un nuovo filone di western dissacratori.
Gli epigoni di Clucher-Barboni, non hanno né la stoffa né l'umorismo. Si attaccano a volgarità e trovate da cartone animato, con budget sempre pił miseri. Gli schermi italiani si riempiono di eroi chiamati Te Deum, Spirito Santo, Requiem, Acquasanta. Anche nei titoli ci si sbizzarisce nel demenziale: così Oremus, Alleluja e Così Sia (1972) di Alf Thunder (= Alfio Caltabiano), o Nessuno dei tre era chiamato Trinità (1974) di Pedro Ramirez.

Western-spaghetti e musica

Tra gli ingredienti che decretano il successo del western-spaghetti, un suo ruolo ha anche la colonna sonora. Anche qui troviamo nel gran mare di pattume idee e piccoli capolavori. Ci si riferisce alle colonne sonore di Riz Ortolani ("I giorni dell'ira"), Louis Enriquez Bacalov ("Django"), Francesco De Masi ("Arizona Colt"), Gianni Ferrio ("Un dollaro bucato"), Bruno Nicolai ("Ehi, Indio Black, sai che ti dico, che sei un gran figlio di..."). Il maggiore resta il romano Ennio Morricone, cui si debbono le musiche modernissime di "Per un pugno di dollari" di Leone. Queste musiche erano state appena scartate da un altro western, "Le pistole non discutono" (1964), western-fotocopia di tipo hollywoodiano. Il brano che dà il titolo a "Per un pugno di dollari" è una variazione del brano tradizionale "Deguello" che Howard Hawks usò con molta pił discrezione in "Un dollaro d'onore". Per i titoli di testa, sempre di "Per un pugno di dollari", fu usata una composizione per fischio solista e coro, con sottofondo di colpi di incudine, frustate, campane e ocarine. Il binomio Leone-Morricone divenne indissolubile, ma Morricone lavorò anche a altri western: "Una pistola per Ringo", "Il ritorno di Ringo", "La resa dei conti", "Il mercenario".
Oltre che musicisti furono usati anche cantanti, appartenenti al mondo dello spettacolo di serie B e commerciale italiano. Tra quanti conobbero in seguito, per altre attività , l'onore della hit-parade italica, ricordiamo come curiosità : Rocky Roberts ("Django"), Nicola di Bari ("Preparati la bara"), Fred Bongusto ("Se tu non fossi bella come sei", tema da "Un dollaro bucato"), Nico Fidenco ("Ringo il Texano"), Peter Tevis ("Le pistole non discutono"), Maurizio Graf ("Il ritorno di Ringo"), Nini Rosso (tromba d'oro e voce rauca in "Yankee"), Augusto Martelli ("Sartana nella valle degli avvoltoi").



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