Sergej
M. Ejzenstejn
Sergej M. Ejzenstejn
Sergej Michailovic Ejzenstejn (nato a Odessa nel 1898, morto a
Mosca nel 1948), "Sua Maestà Ejzenstejn" come lo chiama Sklovskij,
è stato tra i maggiori registi della storia del cinema. Era
figlio di un architetto ebreo-tedesco, e di una madre russa divisi
da gravi dissapori. Ebbe una infanzia borghese. Allo scoppio della
rivoluzione nel 1917, il padre si schiera con i bianchi, lui combatte
per l'Armata Rossa. Entra nel teatro di avanguardia, persuaso che
alla trasformazione della sociretà debba corrispondere la
trasformazione del linguaggio e della cultura. Lavora con Vsevolod
Mejerchl'd al Teatro del Proletkult, su posizioni di estrema sinistra.
Elabora sulle scene la teoria del "montaggio delle attrazioni",
l'arbitrarietà degli elementi narrativi messa al servizio
di un significato unitario, che trasferisce poi nel cinema.
Dopo il suo esordio post-teatrale con Sciopero
(1925), ha diretto alcuni dei films fondamentali della cinematografia
mondiale: a cominciare da La corazzata Potëmkin
(1925) che gira in tre mesi, con i suoi bellissimi contrasti tra
primi piani di personaggi e oggetti e prospettive allungate, come
la più che famosa scena della carrozzina che precipita per
le scalinate, resta tra le sue cose migliori.
Il film nacque per la decisione del Comitato Centrale, nei primi
mesi del 1925, di affidare a una produzione cinematografica la celebrazione
del ventennale della rivolta armata del 1905. Il Goskinò,
incaricato di portare a termine l'operazione, approva una lunga
sceneggiatura della trentaseienne Agadzanova, e affida la realizzazione
al ventisettenne Ejzenstejn. Proiezione fissata, il 21 dicembre
al teatro Bolshioj di Mosca. Ejzenstejn parte per i sopralluoghi,
mette insieme la troupe, gira i primi ciak. All'inizio dell'estate
si convince che realizzare per intero la monumentale sceneggiatura
scritta da Agadzanova entro la fine dell'anno è impossibile.
Propone al Goskinò di limitarsi all'episodio dell'ammutinamento
della corazzata (nella sceneggiatura originale l'episodio occupa
non più di 50 righe) avvenuto il 21 giugno 1905. Ottiene
l'approvazione del Gostinò, parte per Odessa, insieme ai
suoi cinque assistenti (Aleksandrov, Strauch, Antonov, Gomarov e
Levsin) e a Eduard Tissè l'operatore. Fin dall'inizio Ejzenstejn
abbozza i cinque atti in cui dovrà svolgersi il dramma: Uomini
e vermi, Dramma sul ponte di poppa, Il sangue grida vendetta, La
scalinata di Odessa, Incontro con la squadra. Gli interpreti sono
scelti tra i marinai sovietici e tra gli abitanti di Odessa e Sebastopoli;
la corazzata originaria (la 'Principe Potemkin di Tauride') era
stata da tempo demolita, viene usata una gemella (la 'Dodici apostoli'):
arrugginita e non in grado di prendere più il largo, viene
verniciata e ancorata nella rada di Odessa.
Questa la trama: siamo nel giugno 1905, porto di Odessa. La carne
data per rancio ai marinai della Potemkin è piena di vermi.
Alcuni si rifiutano di mangiarla, sono condannati alla fucilazione.
Il plotone incaricato dell'esecuzione si rifiuta di sparare. Intanto
la popolazione di Odessa accalcata sulla scalinata che scivola verso
il porto, solidarizza con i marinai. Per frenare i disordini accorrono
i cosacchi che sparano sulla folla. Dalla corazzata gli ammutinati
sparano cannonate per cercare di fermare il massacro. Arriva la
flotta imperiale, e la Potemkin sotto tiro deve abbandonare il porto.
Ma nessuno spara contro gli ammutinati, e dalla nave ammiraglia
arriva un messaggio: "Fratelli!". La Potemkin prende il largo, libera
di alzare sul pennone la bandiera rossa.
Il film è una ricostruzione abbastanza fedele di quanto
accadde realmente. Con alcuni 'strappi' voluti. Così il massacro
tra i civili non avvenne in pieno giorno né sulla famosa
scalinata (disegnata tra l'altro dall'architetto italiano Boffo),
ma avvenne di notte e in viuzze secondarie. Ejzenstejn concentra
la tragedia in uno spazio ristretto e teatralmente in evidenza,
finendo per rappresentare in quelle scene tutti i massacri compiuti
in quell'anno nella Russia zarista. Ejzenstejn usò ampiamente
la tecnica del «montaggio delle attrazioni» già sperimentata
in "Sciopero". Una tecnica che così definiva: «libero montaggio
di azioni [attrazioni] arbitrariamente scelte, indipendenti, ma
con un preciso orientamento verso un determinato effetto tematico
finale». Con la rottura della drammaturgia classica borghese: «abbasso
l'insidioso veleno della dolce Mary Pickford». Contro l'attenzione
data al singolo, il protagonista assoluto deve diventare ora la
«massa». Naturalmente, dando fondo a tutto il bagaglio tecnico cinematografico
fino ad allora possibile: si veda la scena del leone di pietra che
si solleva sulle zampe e ruggisce, a simboleggiare il popolo che
risponde all'appello rivoluzionario (l'animazione è stata
fatta componendo tre inquadrature identiche, montate in rapida sequenza
per ottenere l'effetto 'lanterna magica'). Ma anche la colorazione
fatta a mano, fotogramma per fotogramma, della bandiera rossa che
sventola alla fine.
Nel novembre 1925 le riprese non erano ancora terminate. Il presidente
dell'URSS, Michail Kalinin, convocò Ejzenstejn a Mosca. Ejzenstejn
montò sommariamente quanto già girato e lo fa vedere
al presidente che, impressionato favorevolmente, gli mette a disposizione
la flotta sovietica del Mar Nero per l'ultima sequenza. La scena
con la flotta sovietica per un errore di sincronizzazione, non fu
girata da Ejzenstejn che sopperì con inquadrature tratte
da vecchi cinegiornali d'attualità. "La corazzata Potemkin"
fu montato in 12 giorni. Il giorno della proiezione al Bolshioj
gli ultimi rulli non erano ancora terminati: profittando del fatto
che la proiezione dei vari rulli era intercalata da un breve intervallo,
Ejzenstejn e Aleksandrov riuscirono a terminare appena in tempo,
durante le proiezioni: secondo il racconto di Aleksandrov, usando
la saliva perché Ejzenstejn aveva finito il collante. Il
film ebbe un grosso successo, finì per diventare in europa
un cult-movie: in Francia i surrealisti lo osannarono, i nazisti
tedeschi reagirono con violento disprezzo mentre l'Italia fascista
ne proibì le proiezioni.
Tecniche e tematiche ejzenstejniane diedero una nuova grande prova
in Ottobre (Oktjàbr', 1928). Tratto
dal libro di John Reed, soggetto e sceneggiatura di Ejzenstejn e
di Grigori Aleksandrov, musiche di Dmitri Shostakovic, la fotografia
di Eduard Tissè è tra i capolavori della storia del
cinema. Tra gli interpreti, l'attore-operaio Nikandrov nella parte
di Lenin, e N. Popov in quella di Kerenskij. Non un film di semplice
propaganda, nel momento in cui l'ideologia che sta alla base del
film è (ancora per poco) una ideologia liberatoria. Film
che sa usare la massa e l'individuo per dare il senso di una vicenda
che è anche storia. L'uso del montaggio sfruttato per innestare
l'analogia visiva permette di toccare l'ironia, la satira e il sarcasmo,
il patetico. Si veda l'accostamento Kerenskij-pavone, in cui l'espediente
sfruttato da Chaplin per creare una situazione comica diventa sottolineatura
espressiva, giudizio storico su una intera classe dirigente oltre
che su un singolo personaggio. Con il suo ritmo travolgente, l'alternanza
di violenza, indignazione, entusiasmo, il film è un grido
di rivolta e non certamente un canto celebrativo.
Ne La linea generale (1928) sfrutta ampiamente
l'effetto dreyer. In Vecchio e nuovo (Staroe
i novoe, 1929) Ejzenstejn indugia con fare scherzoso sulla riparazione
di un trattore: è un lirico documentario sulla vita che risorge
nelle campagne grazie alla rivoluzione.
Dopo aver dato tanto dal punto di vista culturale e propagandistico,
il regime sovietico lo mise da parte: le critiche del PCUS contro
Ejzenstejn spingono Stalin a intervenire. Ejzenstejn è ormai
noto in tutto il mondo, è diventato una delle bandiere culturali
dell'URSS, non può essere brutalmente accantonato come vorrebbero
alcuni. Lo si manda all'estero, in viaggio d'istruzione: per studiare
il sonoro. Ejzenstejn lavora all'estero. Girato in Francia è
Romanzo sentimentale (Romance sentimentale,
1930), girato in Messico per conto di alcuni 'radical' di Hollywood
è Viva Messico! (¡Que viva
Mexico!, 1930), di cui fu proiettato solo nella selezione fattane
da Sol Lesser [o Mary Seaton?], dei 6 mila metri [o 50 chilometri?]
di pellicola da lui girati. Il girato fu infatto sequestrato dagli
americani prima che lui potesse montarlo. Torna in patria, trovando
l'atmosfera ormai gelida del socialismo reale. Tenta di adeguarsi:
Il prato di Bezin (1937) viene interrotto,
il negativo distrutto. I successivi sono una evasione nella storia:
Aleksandr Nevskij (1938), e il dittico
Ivan il terribile / La
congiura dei boiardi (1946) in cui il tiranno fondatore dello
zarismo russo viene rivalutato come il fondatore dello stato unitario,
contro le tendenze centrifughe e feudali dei boiari: film tutto
sommato lento, teso a rievocare un ambiente opprimente cui fanno
contrasto gli ampi spazi (tipica la situazione di Ivan che, dall'interno
della casa, guarda il lungo serpente della folla moscovita che avanza
in mezzo alla neve: gli spazi aperti non riescono a scacciare il
senso d'oppressione, claustrofobico, della scena). E' l'ultimo sforzo
di Ejzenstejn che in questo film sembra aver perso il senso della
coralità, la capacità di manovrare grandi masse: film
della solitudine, sulla solitudine del potere. "Ivan il terribile"
fu girato ad Alma Ata, in piena guerra: subito sottoposto a censura.
Muore poco dopo, per un attacco cardiaco, gli ultimi anni amareggiati
dai continui attacchi e dal conformismo dilagante del nuovo regime.
Ejzenstejn resta legato a una stagione 'rivoluzionaria' della storia
del cinema, sia per le tematiche affrontate che per le tecniche
usate. La sua validità è anche quella di essere riuscito
a andare oltre la semplificazione del cinema-propaganda. La ricostruzione
storica di Ejzenstejn è fortemente orientata e di parte.
Così ne "La corazzata Potemkin", non viene detto nulla di
ciò che accadde dopo l'allontanamento della corazzata dal
porto: la resa alle autorità rumene, i rivoltosi rimandati
in patria e impiccati e internati a vita. Mentre il seguito storico
dell'ottobre 1917 fu lo stalinismo. I due maggiori films di Ejzenstejn,
"La corazzata Potëmkin" e "Ottobre", sono possibili solo in
un clima, e grazie a committenti la cui esistenza è circoscritta
nell'ambito di pochi anni. Dopo, film come quelli di Ejzenstejn,
nella stessa URSS post- rivoluzionaria e stalinista (e non solo),
non sono più possibili. Ma rimangono, come testimonianza
di una volontà, di una speranza di liberazione collettiva,
sociale, umana.
Filmografia: Sergej M. Ejzenstejn
- Sciopero (1925)
- La corazzata Potë mkin (1925)
Oktjàbr' (1928)
- La linea generale (1928)
Staroe i novoe (1929)
Romance sentimentale (1930)
Que viva Mexico! (1930)
- Il prato di Bezin (1937)
Aleksandr Nevskij (1938)
- Ivan il terribile (1946)
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