La questione omerica

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La questione omerica

Le dispute attorno a Omero e ai due poemi fu molto viva nell'antichità. C'era la questione di attribuire una patria a Omero, con la relativa gloria che ne derivava per la città. Semonide da Amorgo parla di Chio, Pindaros di Smirne, ma le città che si attribuivano il vanto dei natali a Omero erano numerose. Le dispute, che sappiamo vive nel VII secolo (-), ebbero nuovo sviluppo in epoca alessandrina, quando divenne disputa tra filologi e studiosi. La "questione omerica" si trova così da allora connessa agli sviluppi della filologia e degli studi letterari occidentali, insieme all'altro grande testo-macigno, la "Bibbia".
Oltre che sulla nascita, anche sulla biografia di Omero sorsero una serie di leggende. Tra queste, quella di un Omero cieco (notizia derivata forse dall'"Inno" omerico a Apollo in cui si parla di un cantore cieco di Chio). E quella di una gara poetica avvenuta tra Esiodos e Omero.

Già nell'antichità l'attribuzione a Omero dell'"Odissea" era discussa; gli alessandrini Xenone e Ellanico la respingevano: essi fanno parte dei cosiddetti "separatisti" (khorì zontes). Per i separatisti i due poemi sono opera di due autori diversi; per Zenodoto Omero avrebbe composto "Iliade", mentre un tardo imitatore avrebbe composto "Odissea". A spiegare le differenze che si rilevavano tra i due poemi, per proporre una soluzione unitaria, gli "unionisti". Tra essi, Aristarco di Samotracia e l'anonimo autore del trattato "Sul sublime", per i quali i due poemi erano opera di uno stesso autore, in diversi periodi della propria vita: ipotesi non considerata malvagia da molti studiosi attuali. Dopo le cure filologiche di Demokritos e di Aristoteles, i testi omerici furono curati in edizione critica dai filologi alessandrini: a essi si deve in pratica il testo che noi leggiamo. In epoca moderna l'unità dei due poemi è stata negata dall'abate F. Hé delin d'Aubignac ("Congetture accademiche sull'Iliade" apparso postumo, come testamento, nel 1715, ma scritte circa mezzo secolo prima) per cui si trattava di un conglomerato di canti popolari, e da Gian Battista Vico ("Scienza nuova" seconda, 1744, libro III: capitolo intitolato "Discoverta del vero Omero") per cui il nome Omero era solo un simbolo e i due poemi anonimi espressione collettiva dei greci delle origini. Nel 1795 F.A. Wolf (Prolegomena ad Homerum) poneva la questione su un piano rigorosamente scientifico, egli definiva i due poemi come un aggregato di brevi canti antichi disparati compiuta da una commissione di dotti all'epoca di Pisistrato, e puntava l'attenzione sulle contraddizioni e discordanze interne di stile, ambientazione e descrizione. Con U. von Wilamowitz-Moellendorff, E. Bethe, E. Schwartz viene riproposta l'ipotesi unitaria, con l'accertamento di una datazione dell'Odissea come posteriore all'Iliade e l'ipotesi dell'intervento di una mano unitaria a raccordare episodi forse tradizionali con brani di raccordo.

I neounitari hanno avuto nuovo impulso grazie a W. Schadewaldt nel 1938. Nuovi aspetti sono derivati dagli apporti archeologici, etnografici, antropologici e comparativisti, dagli sviluppi linguistici e dello studio dei sistemi di trasmissione orale ecc.
Contesto storico



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