Menandros

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Menandros

Mènandros nacque a Atene nel 342\1- da una famiglia agiata. Trascorse tutta la sua vita a Atene (morì nel 291\290-, forse annegato nelle acque di Pireo, dove aveva una villa). Amò, pare, una donna chiamata Glicera. Ebbe rapporti fugaci con Epikouros, probabilmente fu scolaro di Theofrastos e amico di Demetrio Falereo, il governatore-filosofo che resse Atene nel 317- 307. Ebbe un'esistenza tranquilla, appartata, in una Atene definitivamente sottomessa ad Alexandros, in cui si accentuava l'individualismo e il distacco dalla politica. La ricchezza tornava a essere ricchezza agricola, la società meno nobile e con diseguaglianze accentuate, si aspira all'agiatezza e a una vita familiare serena. Di questa atmosfera si trovano tracce nelle opere di Menandros, poche pervenute rispetto alla sua gran produzione che pare contasse almeno 105 commedie.
De Gli arbitri (o: L'arbitrato, c.304-) rimangono circa 700 versi. Il titolo deriva da una lite tra due schiavi, Davo e Sirisco. Davo affida a Sirisco un trovatello, tenendosi per sé dei gioielli trovati sul bambino. Sirisco li reclama, e i due si rimettono al giudizio dell'onesto Smicrine. Questi decide che, poiché i gioielli sono del bambino, toccano a Sirisco. Intanto, la figlia di Smicrine, Pamfila, è stata ripudiata dal marito Carisio dopo che ha dato nascostamente alla luce un bambino di padre ignoto. Ma Onesimo, servo di Carisio, riconosce tra i gioielli un anello smarrito dal padrone alla festa delle Tauropoli, durante la quale aveva violentato una ragazza sconosciuta. Quando la flautista Abrotono riconosce in Pamfila la ragazza violentata, Carisio è preso dai rimorsi. Qui si interrompono i frammenti.
De La ragazza tosata abbiamo 400 versi.
De La donna di Samo circa 300 versi.

Unica opera rimastaci per intero è Il bilioso (o: Il misantropo, 317\316-), ma solo grazie alla scoperta di un codice papiraceo nel 1957. Cnemone è uomo dal pessimo carattere, vive sfuggendo il prossimo, occupato a coltivare il suo campo, con la sola compagnia della figlia. La moglie è andata in casa del figlio Gorgia, da lei avuto in prime nozze. Il dio Pan, per aiutare la ragazza che conduce una vita opprimente, fa innamorare di lei Sostrato, figlio del ricco Callippide. Con l'aiuto dell'amico Cherea e dello schiavo Gheta, Sostrato fa di tutto per avvicinare la ragazza: si adatta anche a coltivare la terra per ingraziarsi Cnemone. Riesce nell'intento quando aiuta Gorgia, di cui è diventato amico, a salvare Cnemone caduto in un pozzo.
Ancora di Menandros possediamo un migliaio di frammenti di tradizione indiretta, resti papiracei relativi a altre commedie, una raccolta di 877 sentenze monostiche non tutte autentiche.

Gli intrecci di Menandros., alcuni presi da Euripides, si fondano sempre su casi individuali: una fanciulla sedotta, un matrimonio contrastato, la gelosia tra coniugi. Si tratta di intrecci tipici della commedia nuova, e poi per secoli, del teatro comico europeo di derivazione classica greco-latina.
L'atteggiamento di Menandros è personale, i suoi personaggi sono ancora personaggi vivi, e non stereotipi. Egli coglie con delicatezza serietà e lieve malinconia i moti del sentimento o l'apparente illogicità dei rapporti amorosi. Su tutto domina Tukhe, il caso, divinità mutevole e incontrollabile che, anche nel lieto fine, fa pensare con ansia a quale tenue filo regga l'occasionale felicità degli uomini.
E' una commedia cittadina, centrata sull'individuo. Non mancano riferimenti alla realtà sociale, ma senza gli scoperti riferimenti di Aristofanes. La comicità è tenue, suscita il sorriso e non la risata. Il coro ha solo funzioni di intermezzo. Il rapporto con il pubblico diminuisce, ma ne resta traccia nelle battute "a parte", divenute poi consuetudine teatrale.

Il suo stile è naturale, la metrica duttile e scorrevole, la lingua tersa e con venature di parlato. La sua influenza sul teatro greco e poi latino si ferma all'epoca alessandrina e alla commedia latina (specie Terentius). Dopo, le sue commedia andarono perse e non fu più possibile conoscerle, fino al recupero moderno.
Contesto storico



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