"I bianchi cavalli smaniosi | si levavano dritti sulle zampe | con grande strepito; il suono della cetra | batteva in eco sotto il portico vasto della corte. | O Bàuci infelice, io gemendo piango al ricordo. | Queste cose della fanciullezza hanno ancora calore | nel mio cuore, e quelle che non furono di gioia | sono cenere, ormai. Le bambole stanno riverse | sui letti nuziali; e presso il mattino | la madre cantando più non reca | il filo sulla rocca e i dolci cosparsi di sale. | A te fece paura da bambina la Mormò | che ha grandi orecchie e su quattro | piedi s'aggira movendo intorno lo sguardo. | E quando, o Bàuci amata, salisti sul letto dell'uomo | senza memoria di quello che giovinetta ancora | avevi udito da tua madre, Afrodite | non fu pietosa della tua dimenticanza. | Per questo io ora piangendoti non ti abbandono; | né i miei piedi lasciano la casa che m'accoglie, | né voglio più vedere la dolce luce del giorno, | né lamentare con le chiome sciolte; ho pudore | del cupo dolore che mi sfigura il volto"Di lei restano anche tre epigrammi nell'"Antologia Palatina". Voce pura di poetessa, fu molto celebrata in epoca alessandrina.