Vita contronatura

di Alberto Giovanni Biuso - domenica 22 febbraio 2009 - 2804 letture

Dalla mailing list del periodico Una città traggo alcuni documenti che mi sembrano significativi.

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FORZARE L’UOMO

Visto che da che mondo è mondo gli uomini (e gli animali) quando sentono che la vita è finita, smettono di mangiare e di bere e si lasciano morire, bisognerà avvisare bene tutti che questo in Italia non sarà più possibile impunemente. Reparti speciali di carabinieri raccogliendo segnalazioni e delazioni da ospedali, ospizi e da vicini di casa, andranno a caccia di moribondi in digiuno, li strapperanno alle famiglie che verranno perseguite per complicità in tentato suicidio, li porteranno in strutture superspecializzate e lì li attaccheranno alle macchine per l’alimentazione forzata e l’idratazione finché non moriranno ben pasciuti. Così si affermerà con forza, e una volta per tutte, che il diritto alla vita è sacro.

da Una città, n.162


Appello medici La legge sul testamento biologico non può contenere un pregiudizio antiscientifico né essere in contrasto con il codice di deontologia medica

Come medici impegnati ogni giorno nel prestare le cure bilanciando la volontà e le preferenze della persona malata con i fondamenti giuridico-deontologici della professione e con le acquisizioni della comunità scientifica, nell’imminenza dell’esame da parte del Parlamento del ddl sul Testamento Biologico, con grande preoccupazione ma con altrettanta convinzione desideriamo far presente che una legge sul Testamento Biologico:

1. Non deve essere in contrasto con l’assunto condiviso da tutta la comunità medico-scientifica che la Nutrizione Artificiale è un trattamento medico e quindi come tale non può essere attuata in presenza di una volontà contraria della persona.

2. Non deve essere in contrasto con l’art. 53 del Codice di Deontologia Medica, che afferma che: "Quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi ... se è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di Nutrizione Artificiale nei confronti della medesima, pur continuando ad assisterla".

3. Non può essere in contrasto con quanto affermato nell’art 32 della Costituzione "... Nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se non per disposizione di legge...".

Ci rivolgiamo in particolare ai numerosi Colleghi medici presenti in Parlamento affinché, proprio nel loro ruolo di valore istituzionale, non disattendano quanto si evince, in materia di nutrizione artificiale, dalle oggettività scientifiche unanimemente condivise e dalla deontologia medica. E’ possibile aderire a questo appello inviando il proprio nome, cognome, qualifica professionale a info@desistenzaterapeutica.it


Ci si può interrogare su buona e mala fede? Si può infatti pensare che non ci sia nessuna differenza, e che tutti siano in buona fede, magari di più quando sanno di essere in mala fede. Farò -con tutto il rispetto!- qualche esempio dai giorni correnti. Quando Gad Lerner dice a Paola Binetti: "Ma è vero o no che mentre io non voglio il sondino voi me lo volete infilare per forza?", e Binetti farfuglia qualche frase oscura sulla relazione medico paziente, e poi dice a Gad: "Hai imbrogliato...", io mi interrogo. Quando Emma Bonino dice a Eugenia Roccella: "E’ vero o no che mentre io non voglio il sondino voi me lo volete mettere per forza?", e Roccella mena il can per l’aia accennando all’ulteriore discussione parlamentare, io eccetera. Quando Pier Luigi Bersani dice a Roberto Formigoni: "E’ vero o no...?", e Formigoni risponde: "L’alimentazione e la idratazione non si negano a nessuno" io, che non vedo Formigoni da moltissimi anni, ma un po’ lo conobbi, e scommetterei che conosca ancora la differenza fra "non negare a nessuno" e "obbligare ciascuno", mi interrogo eccetera. Alla fine, ho due domande. Davvero questi bravi signori vogliono questo per sé? Davvero questi bravi signori vogliono questo per me?

Piccola posta di Adriano Sofri, Il Foglio, 14 febbraio 2009


"Pur escludendosi l’eutanasia, ciò non significa obbligare il medico a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza infaticabilmente creatrice. In tali casi non sarebbe una tortura inutile imporre la rianimazione vegetativa, nell’ultima fase di una malattia incurabile? Il dovere del medico consiste piuttosto nell’adoperarsi a calmare le sofferenze, invece di prolungare più a lungo possibile, e con qualunque mezzo e a qualunque condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va verso la conclusione".

Paolo VI, Lettera al cardinale Villot, 1970


Per favore, togliete dagli altari Caterina da Siena e le altre centinaia di "sante anoressiche", che offesero mortalmente Dio prendendosi tutta la loro libertà sul proprio corpo, consumandolo implacabilmente fino alla morte in mesi e anni di digiuno.

da Una città, n.162


Appello della Società italiana di Cure Palliative e Federazione Cure Palliative:

"Attenzione all’imposizione di idratazione e alimentazione per tutti i malati. Non la si può imporre a chi sta morendo".

Un grave rischio ci impone di intervenire nel difficile e delicato dibattito su idratazione ed alimentazione: la veloce approvazione di una legge sulle direttive anticipate dopo anni di discussioni interminabili, con la formulazione che sembra configurarsi nel testo che approda alla discussione di Camera e Senato in queste ore, potrebbe causare una situazione clinica ed assistenziale le cui conseguenze non sembrano chiare a tutti. Proprio per questo noi, operatori di cure palliative, che ogni giorno ci troviamo di fronte alle situazioni di confine tra la vita e la morte, con l’obiettivo di accompagnare fino al termine della loro esistenza le persone colpite da una malattia cronica in fase terminale e la "missione" di non farle soffrire, sentiamo il dovere di mettere in luce che, se dovesse essere approvata una legge che esplicitamente ed indiscriminatamente impone l’idratazione e l’alimentazione per tutti i pazienti, ci troveremmo di fronte a tale obbligo anche per coloro che vivono una fase di inevitabile e prossima terminalità, per le quali non si tratta di non iniziare o sospendere una terapia ma di accompagnarle a una fine dignitosa con tutte le conoscenze e gli strumenti che la medicina oggi ci offre. E’ incontrovertibile che, nell’accompagnamento del processo di morte naturale, per evidenti cause cliniche, il paziente non è più in grado di ricevere acqua e cibo proprio perché sta morendo. E’ il corpo stesso della persona che sta vivendo gli ultimi giorni della sua vita che non sente più il bisogno di mangiare e bere, come sa chiunque abbia assistito alla fine di una persona cara. Per non andare contro questa possibile legge cosa dovremmo fare allora? Dovremmo mettere in atto un trattamento clinicamente inappropriato aumentando la probabilità di un peggioramento di quei sintomi, di quella sofferenza, che noi stessi siamo chiamati a curare? Questo disegno di legge, è evidente, ci imporrebbe, in ambito palliativo, di attuare delle pratiche contrarie al bene dei pazienti. Nel condividere e rispettare l’appello al silenzio nei confronti della singola vicenda di Eluana Englaro, su cui ci pare che da più parti si stiano travalicando i limiti del buongusto, chiediamo alla politica di ripensare il suo ruolo e di fermarsi di fronte a una decisione che potrebbe avere delle ricadute concrete e dolorose sulla fine, naturale e faticosa, di tante persone come conseguenza di malattie per cui purtroppo non c’è guarigione, ma per cui rimane possibile un percorso di cura che sappia dare senso anche agli ultimi giorni.

Milano, 9 Febbraio 2009


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