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Tribuni della plebe e senatores

di Sergej - martedì 29 maggio 2018 - 4780 letture

Lo scontro attuale è tra plebei e senatores. I senatores vorrebbero farla finita con la finzione della cosiddetta democrazia, e stabilire la realtà del dominio dell’élite, ovvero l’oligarchia. Questa non ammette sistemi tradizionali, parlamentaristi come elezioni e rappresentanze “popolari”. Guarda con fastidio alla democrazia parlamentare, è per forme di governi facilmente controllabili come i “governi dei tecnici” laddove c’è bisogno di smantellare le organizzazioni politiche tradizionali; ovvero possono funzionare anche in assenza di governo (i casi Belgio e Germania) e comunque con poteri limitati del governo (neo liberismo). I senatores sono per governi guidati da neoliberisti come Monti o Cottarelli.

Nella vita italiana si sono formate in realtà due aggregazioni oligarchiche, che hanno fatto capo a Forza Italia (Berlusconi) e PD. Entrambi si ricollegano alle élite dominanti l’Europa così-come-è e rappresentate formalmente da PP e PSD europei. Ma queste due aggregazioni sono fenomeni formali e apparenti (epifenomeni) dell’esistenza di una élite minoritaria ma sostanziale, indicativamente neoliberista e che è attiva in Europa dagli anni Settanta del secolo scorso.

La disgregazione della classe media dopo il crollo del muro di Berlino ha formato una categoria derivata, la plebe che ambisce a ritrovare una funzione e una protezione all’interno degli Stati nazionali. La plebe si esprime attraverso i tribuni del popolo (il cosiddetto “populismo”) ovvero un ceto politico che dice alla plebe di essere il ceto di rappresentanza della plebe; in realtà tende a costituirsi come nuova oligarchia, ma di provenienza non d’élite, e dunque considerata dall’élite come fatta da parvenù, gentaglia dal dubbio gusto e dalla preparazione approssimativa. Tribuni che sono costretti a una continua “chiamata alle armi del popolo”, una mobilitazione permanente che è l’unica forza in loro possesso ma è anche il loro tallone d’achille.

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Mentre l’élite tende a cristallizzarsi e a bloccare l’ascensore sociale, il tribunismo trova questa strada per l’ascesa (personale, di sé e dei propri amici, il piccolo clan che si raggruppa attorno a loro, il "cerchio magico") sociale altrimenti impossibile.

L’Italia nella Terza Repubblica è chiamata così a scegliere tra due organizzazioni politiche diverse, entrambe comunque orientate all’abbattimento dei residui del parlamentarismo democratico. L’élite prova ancora una volta a rispondere alla crisi determinata dal neoliberismo, con la soluzione “tecnica” (che tecnica non è, ma politica) - che non salverà nulla perché il personale di cui dispone è quello del neoliberismo, cioè dei responsabili (incapaci) di questa crisi.

Il tribunismo non ha idea di cosa sia lo scontro economico in atto, il suo trionfo può solo portare al potere alcuni di loro (buon per loro, individualmente, finalmente hanno uno stipendio assicurato) ma si tratta di vittorie deboli, che abbassano la capacità d’urto e d’azione dello Stato nazione nello scontro in atto con gli altri Stati nazione. Il neoliberismo è interessato all’indebolimento degli Stati per cui è disposto a lasciare campo a queste forme politiche; lì dove i partiti tradizionali non eseguono fino in fondo gli ordini dei neoliberisti, questi finanziano e supportano il tribunismo.

Nel Sud italico, dove l’élite borghese è praticamente assente (il processo di borghesizazzione del Meridione è fallito già dagli anni Ottanta del secolo scorso) si sono formate élite e clan di origini familiari, e attorno a questi nuclei si sta formato qualcosa di più simile a processi di feudalizzazione: il capitale immobiliario è più forte del valore del capitale speculativo o finanziario; dalla “famiglia” esce anche il rappresentante politico degli interessi della famiglia stessa e dell’alleanza tra famiglie che si forma (o la contrapposizione ad altre cordate di famiglie). Queste élite feudali sono interessate ad allearsi con una delle due fazioni vincitrici dello scontro politico in atto a livello nazionale. A livello generale nel sud è presente il tribunismo; nella realtà territoriale il potere è controllato saldamente dalle famiglie feudali. L’élite al Sud in questo momento è in attesa come sempre di sapere come va a finire lo scontro in atto.


Ps: è inutile che qui ricordi come senatores e tribuni della plebe erano categorie dell’antica repubblica romana, la cui vita per qualche tempo si resse su un compromesso che fu esemplificato dalla favola del ventre e delle membra di Menenio Agrippa. Ah, e lì i presidenti del consiglio (che si chiamavano consoli) erano eletti due alla volta...



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