Tolleranza sottozero per i nemici dell’italiano / di Marina Valensise

Articolo pubblicato su: Il Messaggero, 17 febbraio 2017.

di Redazione - sabato 18 febbraio 2017 - 7106 letture

Sul Messaggero Marina Valensise invoca “tolleranza sottozero per i nemici dell’italiano” e scrive:

“Attenzione, pericolo. Se continuiamo così, finiremo per comunicare a gesti, o peggio. Le parole sono una cosa seria. Aggettivi, verbi, pronomi, avverbi contano eccome. L’ordine del discorso, non ne parliamo. Con la sintassi e l’analisi logica non si scherza. Non possiamo scherzare. Fondano l’ordine del reale e soprattutto, piccolo particolare non trascurabile, fondano la nostra capacità di mettere in ordine il reale. Inutile dire che scrivere ormai è superato e non serve più, e scrivere bene è diventato un optional nel mondo di oggi, dominato dai tweet, dagli sms, dal flusso ininterrotto delle faccine che piangono e ridono.

Le parole contano eccome, e il linguaggio, la persuasione e la retorica non possono prescindere dall’arte del discorso. La situazione è grave ed è bene denunciarla.

L’Italia è un Paese abitato da sessanta milioni di persone. L’italiano è una lingua viva, elastica, duttile, magnifica, ma se la consideriamo sul piano mondiale oggi è parlata da un’esigua minoranza di persone, anche se le statistiche confermano che in ogni parte del mondo cresce l’interesse per l’apprendimento dell’italiano, che figura addirittura al quarto posto nella classifica delle lingue straniere più studiate al giorno d’oggi.

Altra ragione per non scherzare con la capacità di insegnarla, e di impararla bene, il che vuol dire imparare a leggerla e a scriverla con agio e correttezza. Perciò, se non vogliamo condannarci al suicidio collettivo o auto votarci alla perfetta irrilevanza – come quei genitori smaniosi che mandano i figli a studiare all’estero e finiscono per ritrovarsi dei dissociati, incapaci di scrivere una mail senza corredarla di almeno otto errori di ortografia, cerchiamo di fare un piccolo sforzo.

Se la lingua è un bene inestimabile e una risorsa civile da maneggiare con cura, l’italiano è una materia delicata da trattare con amore e attenzione. Dunque, tolleranza zero per chi non vuole più studiarla, e sottozero per chi è incapace di insegnarla”.



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