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Riflessioni in dormiveglia/3

Ecco, in Italia, c’è ancora chi pensa che la difesa della Costituzione, la tutela dei diritti (esempio l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori), la partecipazione alla vita politica...

di Giuseppe Tramontana - martedì 13 settembre 2011 - 5850 letture

Rimandi - “Era questi un uomo (…) di media statura, di aspetto piacevole, con occhi grigio-scuri, ma nei tratti del viso privo di qualsiasi idea determinata, di qualsiasi concentrazione. Il pensiero passeggiava come un libero uccello sul suo viso, svolazzava negli occhi, si posava sulle labbra semiaperte, si nascondeva nelle rughe della fronte, poi scompariva, e allora su tutto il volto si accendeva l’uniforme colore dell’indolenza. Dal volto l’indolenza passava alle pose di tutto il corpo, perfino alle pieghe della veste da camera. In qualche momento lo sguardo si oscurava in una espressione come di stanchezza o di noia; ma né la stanchezza, né la noia potevano, sia pure per un minuto, cacciare dal suo viso la mollezza, che era l’espressione fondamentale e dominante non soltanto del viso, ma di tutta l’anima; e l’anima luccicava così apertamente e chiaramente negli occhi, nel sorriso, in ogni movimento della testa, della mano! Un osservatore freddo, superficiale, che gettava un’occhiata di sfuggita a Oblomov, avrebbe detto: ‘Dev’essere un bonaccione, un semplicione!’ Ma un osservatore più profondo e mosso da simpatia, dopo aver guardato a lungo il suo volto, si sarebbe allontanato in una piacevole indecisione, con un sorriso. Il colore del volto di Il’jà Il’ic non era né rosso, né scuro, né pronunziatamente pallido, ma indefinito, o sembrava tale forse per l’una e l’altra ragione insieme. In generale il suo corpo, a giudicare dal colore smorto, troppo bianco del collo, delle piccole mani grassocce e delle molli spalle, pareva troppo delicato per un uomo. I suoi movimenti, anche quando egli era agitato, erano temperati dalla stessa mollezza e da una fiacchezza non del tutto priva di una certa grazia. Se una nube di preoccupazione correva dall’anima al viso, lo sguardo si annebbiava, la fonte si corrugava e cominciava il gioco dei dubbi, della tristezza, della paura; ma raramente questa agitazione prendeva forma di idea precisa, ancora più raramente si trasformava in proposito. Tutta l’agitazione si risolveva in un sospiro e si spegneva in apatia o assopimento.” Questa, come avrete notato, è una pagina – la prima – del romanzo Oblomov di Ivan Aleksandrovic Gončarov ed è la descrizione – anzi la presentazione – del protagonista: Il’jà Il’ic Oblomov. Ma fate un piccolo sforzo di fantasia: quanti uomini politici ci sono così in Italia? E ancora: se, una volta cambiati gli opportuni riferimenti, si parlasse non di un uomo, ma di un partito, non potrebbe trattarsi del PD?

Ci siamo? – Lo scorso 20 agosto, dal palco di Pontida, Bossi, parlando (diciamo) della crisi economica, si è lasciato andare a quest’acuta analisi: “Quel che sta avvenendo è una svolta storica, non è una cosina da niente la gente capisce sempre di più che l’Italia va a finire male e quindi prepararsi al dopo. E per noi il dopo è la Padania. I popoli del Nord che uniti sarebbero lo stato più forte d’Europa. Quando verrà il momento non possiamo farci trovare impreparati. Dobbiamo essere pronti con la nostra Padania. Per fortuna siamo partiti tanti anni fa e il profondo del cuore della gente del Nord sente che il progetto padano è passato e che l’idea che si possa vincere insieme è partita”. Preoccupazione o auspicio? Direi strategia. E non dite che non l’avevamo detto…

Ce fàmo? – Un mio amico, l’altra sera, mi ha raccontato un fatto che gli era accaduto. Qualche sera prima, aprendo il portone per rincasare, ha avvertito un odore forte e acre, tipico: gas. “Era chiaro – mi ha detto - che da qualche appartamento c’era una fuga.” Ha cominciato a salire le scale, annusando come un cane cirneco dietro a ogni porta, finché non è riuscito a individuare quella dell’appartamento con la fuga. “L’odore era talmente forte e l’aria ne era cosi pregna che mi sono reso subito conto che bastava una scintilla perché tutto esplodesse.” Istantaneamente si è ricordato che quell’appartamento proprio quel giorno era stato dato in affitto ad una nuova famiglia. Ha bussato (mai usare i campanelli in questi casi) ma non ha risposto nessuno. “In un primo momento, - ha aggiunto - ho pensato che fossero fuori. Ma, poi, facendo mente locale, mi sono chiesto: e se invece stanno male e sono dentro?” Così, roso da questo dubbio, il mio amico, persona ammodo e sensibile, oltre che scrupolosa, ha pensato bene di chiamare qualcuno, magari la proprietaria dell’appartamento, che lui conosce, o, al limite, i Vigili del fuoco. Ma non aveva il numero. “Nel frattempo – mi dice - ho iniziato a non sentirmi bene neanche io perché l’aria stava diventando sempre più irrespirabile.” Quasi in preda al panico, si è ricordato che l’anziana signora dell’appartamento a fianco a quello della fuga, per una mania tutta sua, ma conosciuta da tutto il condominio, conserva i recapiti di tutti i proprietari. C’era da rivolgersi a lei. Ha bussato (ricorda: non usare mai il campanello!), e la voce della signora da dietro la porta ha risposto con il classico “Chi è?”

“Signora, mi scusi, sono S., l’inquilino del piano di sopra.” si è presentato e poi le ha chiesto il numero di telefono della proprietaria dell’appartamento a fianco.

La signora non ha battuto ciglio: “Si ce l’ho, ora glielo detto da dietro la porta… sa non posso aprirla perché, sapesse, le scale sono piene di gas!!”.

Il mio amico è rimasto basito. La signora aveva capito da parecchio che era in corso una fuga e incredibilmente pensava che, chiudendosi in casa, sarebbe stata difesa dall’eventuale esplosione dell’appartamento a fianco. Tra l’altro, senza nemmeno preoccuparsi di contattare gli altri inquilini per capire se fossero vivi o morti. “Lei, chiusa in casa, sbarrata la porta, non aprendo a nessuno, si sentiva al sicuro.” ha chiosato S., scuotendo il capo in segno di impotenza.

Questo episodio me ne ha richiamato un altro, un apologo, raccontato dal solito Piero Calamandrei (Scritti e discorsi, La Nuova Italia) per convincere i suoi interlocutori che la Costituzione è di tutti e che è dovere di tutti difenderla. Ci sono due contadini che intraprendono un viaggio per mare. Di notte, mentre il bastimento si trova in mezzo all’oceano, i due dormono sottocoperta. Ad un certo punto, uno dei due è svegliato da rumori, urla, parole di paura e incitamento, mentre la nave è sballottata dalle onde come un fuscello. Si alza e risale a prua. Immediatamente nota che sono in balia di una forte tempesta e che tra i membri dell’equipaggio c’è gran fermento e grande preoccupazione. C’è chi urla ordini affannosamente, chi incita, chi corre da una parte all’altra. Riesce a bloccare un marinaio per chiedere cosa stia succedendo e quello, realisticamente, gli spiega che stanno per affondare a causa della tempesta. Il contadino non perde un attimo. Corre sottocoperta per svegliare l’amico che dorme della grossa. Lo scuote, lo scuote. L’altro mugugna, ma non si sveglia. Alla fine, dopo innumerevoli scossoni, colpi e strattona menti, rinviene:

“Che c’è?” chiede infastidito “Perché mi svegli?”

“Alzati, la nave sta per affondare!”

“E a me che mi frega: mica è mia, la nave!”

Ecco, in Italia, c’è ancora chi pensa che la difesa della Costituzione, la tutela dei diritti (esempio l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori), la partecipazione alla vita politica, anche attraverso l’indignazione, le manifestazioni, i dibattiti e, perché no?, gli scioperi, non siano affar suo. Ma la nave (o il condominio) è di tutti. Soprattutto, dei marinai e passeggeri (e condomini) futuri.

Sacrifici – C’è gente che ha la faccia di tolla. Abbiamo sopportato le leggi ad personam, poi quelle ad aziendam, gli scandali sessuali, i soldi alle Ruby, alle Olgettine, i traffici di Mora, le piazzate di Emilio Fede, diciassette anni di intossicazione televisiva, le puttanate della Gelmini, le case pagate a sua insaputa a Scajola, lo stesso Scajola che da’ del ‘rompicoglioni’ a Marco Biagi ucciso due giorni prima dalle BR, le tirate di Brunetta contro gli statali, i precari, i disoccupati, gli alti e i bassi, le puttane ribattezzate escort e i puttanieri ridefiniti utilizzatori finali, i pullover di La Russa e le minchiate strologanti di Tremonti che cita Voltaire, Cavour, Belfagor e Nonna Papera. Abbiamo accettato gli scudi fiscali e i condoni tombali, i soldi rapinati al sud per pagare le quote latte dei ladroni del nord (e non solo), i voli di Stato per andare a prendere le spigole e quelli per vedere la partita, abbiamo ingoiato Ghedini e la Brambilla (con relativo compagno sistemato all’ANAS), la Santanché e Feltri, Sallusti e Alfano, abbiamo accettato i lodi, le Cirielli, i processi brevi, i processi lunghi, i processi così così, le dichiarazioni di Spatuzza, i ministri in odor di mafia (Romano) o camorra (Cosentino), i deputati organici alla ‘ndrangheta (Di Girolamo), le P2, le P3, le P4, Papa, Bisignani, l’Alitalia svenduta ‘per non cadere in mani straniere’, i tagli alla scuola, alla sanità agli enti locali, il Tremonti (ministro delle finanze) che paga in nero duemila euro d’affitto al mese, Sacconi che vuole abolire l’art. 18, la Gelmini che vuole abolire la ricerca. Ci siamo dimenticati di onorevoli ministre-fantasma come la Meloni, la Carfagna, la Prestigiacomo, la Bernini. Facciamo finta di non vedere che gente senz’arte né parte come Elio Vito, Bossi, Maroni, Rotondi sono (o fanno finta di essere) ministri. Abbiamo digerito i Milanese, i Tarantini, le D’Addario, le api regine, la cricca e le risate sulla pelle dei terremotati dell’Aquila, abbiamo finito per non provare più ribrezzo per gente come Verdini, Bertolaso, Stracquadanio, l’evanescente Frattini e La Russa che scalcia i giornalisti. Non ci indigniamo più per le figure di merda internazionali, per le barzellette contro gli omosessuali, i malati di aids, per come sono trattate le donne, gli immigrati, i magistrati “antropologicamente diversi”, “pazzi”, “deviati”, “psicolabili”, per i “coglioni che votano a sinistra” e per “le donne della destra sono le più belle”. Ci sono stati bene i prezzi dei pranzi al Senato e alla Camera, le auto blu, i biglietti d’aereo e del treno gratis, l’accesso libero allo stadio, alle cure mediche, alle cure dentistiche, i portaborse, i segretari dei segretari, i parenti e i compaesani sistemati ai ministeri (Rotondi), i fidanzati che suggeriscono alle fidanzate di andare a letto con Berlusconi per far quattrini e le mogli della Bari bene che fanno lo stesso dietro consiglio della Sig.ra Tarantini, le ragazze che si sono vendute per la partecipazione ad una fiction o per presentare un programma di serie Z. Insomma, ne abbiamo ingoiate di cose, noi italiani. Compresa l’ironia di mezzo mondo che ci chiede come facciamo a tenerci un Presidente che fa le corna durante una foto ufficiale, bacia le mani a Gheddafi, che parla tranquillamente di scopare in un letto regalatogli da Putin (non tanto per il letto, ma per Putin) e dice di Obama che è “abbronzato”. E, dobbiamo persino sopportare che lo stesso Cavaliere ci definisca un “paese di merda”, incurante delle migliaia tra poliziotti, carabinieri, magistrati, giornalisti, militari e semplici cittadini onesti sono morti per difendere questo “paese di merda”. Dopo tutto questo (e molto altro che non ho elencato), dopo che hanno dato così lampanti prove di capacità e onestà, di lungimiranza politica e rettitudine morale, dopo aver dimostrato cotanto specchiato senso dello Stato (il Presidente del Consiglio che suggeriva di evadere il fisco ‘per difesa’ e in Veneto l’hanno preso in parola) e delle istituzioni (la nomina di Brancher a ministro per non farlo finire in galera), cosa fanno? Ci chiedono sacrifici. Non solo. Invocano il senso di responsabilità e l’unità “delle forze politiche, anche quelle di opposizione”di fronte alla crisi “che non risparmia nessuno”. Tutta questa situazione mi ricorda il personaggio di Mendel Singer, protagonista del romanzo Giobbe di Joseph Roth (Adelphi). Colpito dalle disgrazie, a iniziare dalla nascita del figlio Minachum, deforme ed epilettico, accetta tutto, dandosi sempre una spiegazione, pur di non mettere in discussione la bontà divina. Alla fine, c’è da dire che il buon Mendel se la cava e ritrova serenità e speranza. Non sono sicuro che all’Italia possa andare così. Forse è ora di cominciare a rispondere, garbatamente, ma fermamente, come il Bartleby del romanzo di Melville: “Preferirei di no.”

Lavitola di fuga – Il Presidente del Consiglio – si viene a sapere da un’intercettazione – ha consigliato a Valter Lavitola, supposto direttore dell’Avanti!, implicato nello scandalo Tarantini, di non rientrare in Italia e darsi latitante. Dopo i governi delle larghe convergenze, il governo della amplissime connivenze.

Giustizia e libertà - “Sine iustitia, nulla libertas.” Questo brocardo si trova scolpito sul frontone del Tribunale di Assen, Olanda. Non l’ho letto di persona, ma mi fido molto di colui che lo cita: il Procuratore di Milano Armando Spataro nel suo libro Ne valeva la pena, Mondadori. Propongo di farne le parole d’ordine contro il governo Berlusconi.

Monumenti – Ad Arzignano, Vicenza, patria della concia e dell’evasione fiscale, un fantomatico gruppo indipendentista veneto ha inaugurato un monumento all’ “eroico imprenditore evasore” (così definito della stampa). E’ una iniziativa singolare. E’ come se un gruppo di fedeli dedicasse una statua o una chiesa non ad un santo protettore, ma a loro stessi, magari nella simbolica figura dell’Eroico Fedele. Ad esser corretti, gli evasori di Arzignano dovrebbero erigere un monumento non a se stessi, ma al loro Santo Protettore: il Governo Italiano, ovviamente nella persona del suo Simbolico Evasore Capo Silvio Berlusconi.

Opportunismo indifferente (e viceversa) - Dice Gyorgy Lukacs, in un passaggio molto bello di Storia e coscienza di classe (SugarCo) che “la fonte di ogni opportunismo si trova nel fatto che esso prende le mosse dagli effetti e non dalle cause, dai sintomi e non dalla cosa stessa: nell’interesse particolare e nella lotta per la sua affermazione, esso vede un mezzo formativo in vista della lotta finale (…), ma qualcosa che è valido in sé e per sé, o almeno conduce in sé e per sé verso la fine.” Insomma, l’opportunismo è dettato dall’egoismo, dal particulare, per dirla con Guicciardini: il fine è radicato in se stesso. Ma non basta. L’altro lato dell’opportunista è l’indifferenza, l’indifferenza per le sorti della collettività, della società, per il bene comune, per il futuro suo e del mondo in cui vive, da ratto o iena. E questa indifferenza, scriveva Gramsci (Indifferenti in La città futura, 11.2.1917, ora in La nostra città futura. Scritti torinesi 1911-1922, Carocci), “opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.” Anche in sella ad una bici per partecipare al sedicente Giro della Padania.

Stupore? – “Cosa c’è di male? In fondo è solo una gara.” Ha detto il leghista Davico, riferendosi al cosiddetto Giro della Padania “Politica? No, e che c’entra?” Gli hanno fatto eco altri come Maglione, il sindaco Udc di Laigueglia, Savona: “E’ una cosa che fa bene al territorio, punto e basta.” E persino Francesco Moser (che si dice essere grande amico di Davico) non ci ha trovato nulla di male: “Cosa c’è di male? Se lo chiamavamo Giro dell’Italia del Nord, anziché Giro della Padania, andava meglio?” Non saprei. Forse sì, forse no. Certo, con tutte quelle bandiere leghiste (alla cui presenza, tra l’altro, siamo abituati durante le tappe nordiche del Giro d’Italia) è difficile negare la valenza politica dell’evento. In ogni caso, ricordiamoci che il primo atto della guerra civile jugoslava furono gli scontri prima di un incontro sportivo, la partita (mai giocata) Dinamo Zagabria - Stella Rossa di Belgrado. Era il 13 maggio 1990. Sappiamo come andarono le cose.

Torazzi – Sapete chi è Torazzi? E’ quell’esimio onorevole leghista (capogruppo in Commissione Attività Produttive: una garanzia di questi tempi) che ha sbracato dicendo che i magistrati del sud, nel combattere la mafia, sono o incapaci o conniventi o faciloni e che ci vorrebbero magistrati solo padani per fare piazza pulita. Certo che l’Italia è un paese davvero strano, mi viene da pensare. Strano e paradossale. Sì, perché è paradossale, parafrasando un aforisma di Stanislaw Lec (Aforismi, Newton Compton), che ci sia sempre un Torazzi pronto a dettare le norme su come si devono comportare le persone intelligenti nel trattare affari di una certa serietà.

Notizie – Cosa fa notizia? Un cane che morde un uomo non fa notizia, un uomo che morde un cane sì. Ecco perché oggi lo strillone del Corriere della Sera – Veneto sbraitava: ‘Vu cumprà picchia vigile urbano.’ Questa è una notizia.


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