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Profili: Osservatorio Sociale Mittleuropeo

Intervista al Dott. Massimo Congiu

di Emanuele G. - domenica 16 marzo 2014 - 1792 letture

L’ultima realizzazione di Eurolettera è l’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo (OSME). Si tratta di un’agenzia che si propone di monitorare il mondo del lavoro e degli affari sociali in Ungheria in Slovacchia e nella Repubblica Ceca, tre realtà che fanno parte del gruppo di paesi entrati nell’Unione europea il primo maggio del 2004.

L’intento dell’Osservatorio è quello di fornire agli interessati degli aggiornamenti inizialmente bisettimanali su quanto riguarda le complesse dinamiche del mercato del lavoro esistenti nei paesi indicati, la scuola e le questioni sociali tuttora di primo piano in realtà che per molti versi non sono ancora uscite da una fase di transizione iniziata con la caduta dei regimi.

Per conoscere meglio tale agenzia ne abbiamo intervistato il responsabile Dott. Massimo Congiu.

Che cos’è l’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo?

"L’Osservatorio è nato nel gennaio del 2011 come agenzia di analisi e informazioni su argomenti specifici di natura sociale. Il suo obiettivo è diventare un centro di ricerca a tutti gli effetti sui temi in questione relativamente a una parte dell’Europa ex socialista."

Di cosa si occupa?

Il suo campo di interesse comprende il mondo del lavoro, l’attività sindacale, la scuola e in generale, come detto, le questioni sociali. Ci occupiamo anche di diritti umani e di minoranze etniche e nazionali tema, anche quest’ultimo, di grande rilevanza nell’area in cui operiamo.

Quali le aree geografiche che copre?

Dal 2011 copriamo l’Ungheria, la Slovacchia e la Repubblica Ceca ma non escludiamo di estendere in un prossimo futuro la nostra attività ad altri paesi dell’area per un’informazione più ricca e un’analisi caratterizzata da maggiori riscontri e termini di paragone.

Come mai vi occupate proprio di quelle aree?

Sono i paesi che prima di fondare l’Osservatorio ho seguito con particolare interesse e frequenza e che, insieme alla Polonia, sono stati oggetto di un libro che ho scritto e che è stato pubblicato nel 2004 dalla casa editrice Ediesse sulla situazione del lavoro e del sindacato in quattro paesi che erano appena entrati nell’Ue.

In che modo rendete pubbliche le vostre riflessioni?

Divulgando per il momento una selezione settimanale di notizie e un approfondimento mensile su argomenti di particolare attualità. Cerchiamo in questo modo di sollecitare una maggiore attenzione nei confronti di un’area significativa da diversi punti di vista del vecchio continente.

Voi siete - è proprio il caso di dirlo - da un punto privilegiato di osservazione. Pertanto, qual è la vostra riflessione su quanto sta accadendo nell’Europa dell’Est?

Oggi come oggi i paesi dell’Europa centro-orientale offrono importanti spunti di riflessione sul futuro dell’Ue e in generale del continente europeo. La loro piena integrazione in quella che abbiamo definito “casa comune” è un processo ben più complesso del previsto. In quest’are assistiamo a rigurgiti di tipo nazionalista, al successo di figure e correnti politiche tutt’altro che europeiste. È capitato negli anni scorsi di constatare interessanti tassi di crescita economica espressi in particolare da alcuni paesi che però, nella maggior parte dei casi, sono realtà fragili in molte delle quali stenta a formarsi una società civile capace di esprimere movimenti politici alternativi strutturati e in grado di contribuire alla formazione di nuove identità collettive.

C’è interesse in Italia per questa parte del continente europeo?

Poco, quindi c’è un problema di scarsa conoscenza della realtà rappresentata da quest’area. Non parlo solo dell’opinione pubblica, spesso gli stessi organi di stampa affrontano - quando lo fanno - le tematiche relative a questi paesi in modo tutt’altro che approfondito. Questo non facilita la riflessione su un mondo che non è poi così lontano da noi e che va considerato con maggiore attenzione anche perché è insieme a noi parte dell’Unione europea.

Spesso l’Europa dell’Est è guardata con pregiudizio. Come poter ribaltare questo modo di pensare?

Con un’informazione di qualità e approfondita che eviti il luogo comune e l’approccio banale.

Non sarebbe venuto il momento di rivedere l’approccio comunitario sui processi di integrazione allargamento? Mi sembrano fin troppo legati a parametri tecnici ed economici a discapito del principio di accoglienza.

Sicuramente. Prevale l’approccio tecnocratico, sappiamo che a tutt’oggi l’Ue non è in grado di esprimere un indirizzo comune in termini di politica estera e vediamo sacrificati aspetti essenziali come quelli solidaristici. È chiaro che i meccanismi dell’Unione non si basano su un modello di carattere sociale. Dominano quei criteri liberistici dei quali Barroso si fa espressione. Allo stato attuale delle cose possiamo dire che l’Ue non ha potuto dare risposte a questioni aperte che sono nella maggior parte dei casi di carattere sociale: prendiamo ad esempio il lavoro e il welfare che andrà pure ripensato ma occorre farlo tenendo conto dei problemi reali attraverso un progetto di inclusione sociale e di equilibrio territoriale.

Qual è lo stato di salute dal punto di vista sociale dell’Europa dell’Est?

Non si possono non notare segni di insofferenza e di malcontento dovuti al venir meno di certe garanzie riguardanti casa, lavoro e prospettive future e alla difficoltà di interpretare la situazione attuale che si presenta piena di incertezze. I governi di questi paesi devono impegnarsi di più in funzione di un necessario riequilibrio sociale. Purtroppo in linea di massima i sindacati non hanno un grande potere contrattuale e non possono contare sulla collaborazione dei lavoratori dipendenti che stentano a rivendicare diritti sacrosanti per paura di perdere il lavoro e per una scarsa propensione alla protesta corale. C’è da aggiungere che i governi che si sono succeduti alla guida dei paesi di quest’area non mi pare abbiano brillato per dialogo sociale.

La democrazia è un concetto ancora lontano oppure è entrato nella mentalità della gente?

C’è da lavorare anche in questo senso. In Ungheria, per esempio, capita spesso di sentir dire che è difficile parlare di democrazia quando si devono sostenere notevoli sacrifici per vivere e quando vengono meno le garanzie alle quali ho già fatto riferimento. Lo scrittore Lajos Parti-Nagy che è molto attivo nella critica all’attuale governo conservatore, sostiene che l’Ungheria è un paese privo di una vera e propria identità democratica. Penso di poter condividere questa affermazione che a mio avviso ha validità anche in altre parti di questa regione. Naturalmente non voglio generalizzare: non manca ad esempio in Ungheria il dibattito sul problema del futuro democratico del paese, ma si tratta di un’iniziativa ancora circoscritta e non condivisa in modo trasversale, corale. Insomma, ritengo che ci voglia del tempo perché da queste parti si porti a compimento un processo di realizzazione di un’identità democratica veramente condivisa.

Quale apporto può dare l’Europa dell’Est all’intero continente europeo?

Sul piano culturale ritengo che possano dare un contributo rilevante considerando che la cultura è il vero patrimonio dei paesi. Occorre comunque promuovere una migliore conoscenza reciproca e in questo ambito l’informazione ha, come già precisato, un ruolo molto importante. Penso inoltre che con un migliore scambio e una migliore interazione fra quest’area e l’Ue si possano raggiungere risultati pregevoli in termini di cooperazione.

Le prossime iniziative dell’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo?

Stiamo lavorando per rendere più interessanti e approfondite le informazioni che diffondiamo sui paesi che ho menzionato all’inizio dell’intervista. Ci impegniamo sul fronte della qualità per produrre dossier su temi di grande rilevanza sociale e ampliare il nostro bacino di utenza. L’Osservatorio esiste da poco, noi speriamo che abbia una lunga strada da percorrere.

Tre o quattro parole per definire la situazione attuale dell’Europa dell’Est.

È senz’altro una situazione caratterizzata da contraddizioni che chi vive da queste parti può sperimentare giorno dopo giorno. Da una parte la tensione verso il progresso culturale e la propensione ad accettare le nuove sfide dall’altra la reazione e i rigurgiti nazionalisti che tra l’altro trovano terreno fertile negli ambienti svantaggiati e presso coloro i quali ritengono l’Ue un pericolo per la libertà dei loro paesi e per la loro integrità culturale.

Per maggiori informazioni: Osservatorio Sociale Mittleuropeo


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