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Patto di stabilità: il governo Meloni dà il paese in pasto alla speculazione

La tanto attesa riforma del patto di stabilità, intervenuta dopo la sospensione determinata dalla pandemia e dai devastanti effetti della guerra in Ucraina, riproduce integralmente l’impalcatura e i principi chiave del Trattato di Maastricht

di Redazione Lavoro - venerdì 22 dicembre 2023 - 787 letture

Per un governo che si definisce sovranista, la tutela degli interessi nazionali dovrebbe costituire la priorità. Tradotto nel caso del nostro paese, questo significherebbe liberare spazi per gli investimenti e per quegli interventi necessari per rilanciare lo Stato sociale e una economia ormai prossima al collasso.

In sintesi significherebbe non continuare a farsi strangolare e rinchiudere nella tagliola di regole europee capestro, assurde e palesemente ritagliate sulle esigenze di paesi autoproclamatisi virtuosi. E invece questo governo capitola dinanzi alle regole ferree del "nuovo" patto di stabilità e prova a rispolverare la sua verve antieuropeista con la mancata ratifica del Mes.

La tanto attesa riforma del patto di stabilità, intervenuta dopo la sospensione determinata dalla pandemia e dai devastanti effetti della guerra in Ucraina, riproduce integralmente l’impalcatura e i principi chiave del Trattato di Maastricht ovvero quelle assurde regole del 3 percento del rapporto deficit/pil e del 60 percento del rapporto debito/pil che hanno già mandato a picco in particolare le economie dei paesi del sud Europa.

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Governo Meloni

Si riproducono piani di rientro dal debito all’insegna dell’austerità, soltanto un po’ dilazionati nel tempo (4 anni che possono diventare 7 sotto la condizione di riforme all’insegna del contenimento della spesa primaria) e scorporati nel triennio 2025/2027, ovvero quando terminerà questa legislatura, dagli interessi sul debito: una flessibilità temporale utile a scaricare gli effetti del nuovo patto di stabilità sul prossimo governo e a tenere in piedi una maggioranza che giorno dopo giorno sta intensificando l’attacco al mondo del lavoro e ai settori popolari. Quanto basta per consentire al Ministro Giorgietti di parlare di "accordo sostenibile" e di "realistica e graduale riduzione del debito".

Si prevedono clausole di salvaguardia assai stringenti rispetto al deficit per paesi come il nostro che registrano un debito oltre la soglia del 60 percento del pil con tagli annuali del debito e del deficit che si aggiungeranno al rispetto dei piani pluriennali.

Insomma una gabbia all’interno della quale la sanità, le pensioni e i servizi sociali verranno sacrificati sull’altare della cieca obbedienza ai diktat europei, mentre gli stessi parametri potranno essere sforati per le spese per gli armamenti e i profitti dell’industria delle armi.

Se qualcuno nutriva ancora qualche dubbio sulla natura di questo governo, l’accordo sul patto di stabilità o meglio la capitolazione del nostro paese, cristallizza definitivamente la sua natura guerrafondaia e profondamente antisociale.

Uno scenario col quale ci dovremo misurare con ancora più forza e capacità di mobilitazione già a partire dal prossimo anno.

Unione Sindacale di Base


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