Oltre il giardino

La banalità del potere

di Alberto Giovanni Biuso - domenica 9 dicembre 2007 - 3981 letture

Hal Ashby, Oltre il giardino, (Being There)

Usa/Giappone/UK, 1979

Con: Peter Sellers (Chance the Gardener), Shirley MacLaine (Eve Rand), Melvyn Douglas (Benjamin Rand), Jack Warden (Presidente Bobby), Richard Dysart (Robert Allenby), Richard Basehart (Vladimir Skrapinov).

Chance non è mai uscito dalla casa di Washington dove è stato accolto sin da bambino e svolge la sua attività di giardiniere. Non sa leggere né scrivere, ha un chiaro ritardo mentale, vive con le sue piante e i suoi televisori, unico tramite tra lui e il mondo esterno, anzi per Chance la televisione è il mondo stesso. Quando il vecchio proprietario muore, Chance è costretto ad andare oltre il giardino.

Vestito in modo elegantissimo con gli abiti del suo padrone, porta con sé valigia, ombrello, bombetta e un telecomando con il quale cerca di cambiare canale quando la realtà che ha davanti gli risulta spiacevole. Si stupisce che questo non accada e che le immagini del mondo persistano…A salvarlo, e anzi a portarlo al vertice della considerazione pubblica e dei potenti, è il fortuito incontro con la moglie di un uomo ricchissimo e influente. I silenzi di Chance, le sue pause nel rispondere, il suo riportare sempre il discorso sul giardinaggio, il suo autocontrollo frutto di un distacco radicale dalla realtà…vengono interpretati come segno di profondità, di saggezza, di enigmatici ma essenziali significati. Le più ovvie banalità lo portano dritto dritto nel cuore del potere: programmi televisivi, società finanziarie, presidenza degli Stati Uniti.

Finalmente sono riuscito a vedere questo film strepitoso, tratto da un racconto di Jerzy Kosinski (1933-1991). È un’opera di una verità e intelligenza ironiche e complesse. I temi che affronta sono molti –la comunicazione nell’epoca della sua riproducibilità televisiva; la banalità del potere; lo statuto della realtà, del Being There (Da-sein, direbbe Heidegger); il bisogno di idoli da venerare in un tempo che fa mostra di essere scettico su tutto; la centralità dello sguardo («Mi piace guardare» è una sorta di mantra continuamente ripetuto da Chance); il solipsismo («La vita è uno stato mentale» si dice verso la fine)- ma tutti convergono in una compatta unità stilistica, che è il vero segno distintivo del film. Il cui umorismo è irresistibile, grazie a una splendida sceneggiatura e a Peter Sellers che conferma tutta la sua grandezza interpretando in modo perfetto un personaggio che sembra il principe Myskin in ambiente anglosassone, anche se assai più stupido, immanente e inquietante rispetto al personaggio di Dostoevskij. Chance e Myskin rappresentano entrambi una metafora cristologica, come la scena conclusiva dimostra.

Uno dei film più divertenti e filosofici che conosca. Un capolavoro.

www.biuso.it


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Oltre il giardino
9 dicembre 2007, di : Davide Dell’Ombra

Grazie della bellissima segnalazione. Corro a vederlo. Davide
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