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Le allegre finanze di regioni ed enti locali: mancano 70 miliardi di euro

Un impietoso rapporto della Corte dei Conti fotografa il disastro degli enti locali e delle regioni sul versante fiscale

di Emanuele G. - lunedì 3 novembre 2014 - 1751 letture

Qualche settimana fa la Corte dei Conti ha rilasciato un rapporto davvero allarmante sulla situazione finanziaria degli enti locali e regioni in Italia.

Presupposti

Le recenti normative in materia di finanza e fiscalità locali sono un’autentica Caporetto per comuni, province e regioni. Infatti, lo Stato non si accolla le perdite d’esercizio, ma impone ai succitati enti di ridurre le spese allorquando si verificano ammanchi di cassa. In soldoni, non sai riscuotere? Allora devi spendere meno. Ciò andrà a colpire - ca va sans dire - la qualità dei servizi pubblici erogati dalle strutture intermedie dello Stato.

Durante il Governo Monti furono emanati due decreti. Uno approvato nel 2011 e l’altro il 14 agosto di quest’anno. Impongono a comuni, province e regioni di tagliare nei loro bilanci buona parte dei loro "residui attivi" ossia quelle somme previste in entrata. Ad esempio, tasse o multe. Capirete che una misura del genere farà esplodere la situazione. I "residui attivi" dei comuni ammontano a 33 miliardi, quelli delle province (escluse quello a statuto autonomo) 7 miliardi e per quanto riguarda le regioni quasi 30 miliardi. In totale ben 70 miliardi di euro! Insomma, somme imponenti che rischiano di aprire una nuova falla nei conti dello Stato per circa 7 miliardi.

Alcuni dati

Spulciando i dati rappresentati dal rapporto della Corte dei Conti ci si accorge subito che la situazione è drammatica. Indice di una scarsa responsabilità degli amministratori pubblici nel perseguire corrette politiche di bilancio.

Solo a Roma i "residui attivi" sfiorano i 408 milioni, mentre ne sono stati verificati i presupposti giuridici per appena 280 milioni. Nel 2012 il Comune di Roma avrebbe dovuto riscuote 600 milioni dalle multe. In realtà sono stati incassati appena 31 milioni ossia il 5 %!

Quando si insediò a Sindaco di Napoli De Magistris verificò che i c.d. "residui attivi" erano addirittura 850 milioni, mentre il buco delle 22 partecipate arrivava alla stratosferica cifra di 1,4 miliardi.

Alessadria, come sapete, è fallita. Perché? Per il semplice motivo che i "residui attivi" coprivano quasi il 55 % delle entrate comunali. Alla fine con un fardello simile i conti non sono più governabili e sei obbligato a dichiarare il dissesto. Di recente anche il Comune di Viareggio ha dichiarato il dissesto per circa 50 milioni.

In Sicilia i "residui attivi" sono ben 15 miliardi di cui 11 ereditati dalle precedenti giunte. In Piemonte il Governatore Cota ha accumulato quasi 4 miliardi e duecento milioni sempre di "residui attivi".

C’è un solo rimedio, a mio avviso, per rimediare alla drammatica situazione dei conti degli enti locali e delle regioni.

La seguente.

IMPORRE a questi enti di costruire i loro bilanci sul principio di "cassa". Il che varrà a renderli trasparenti ed effettivi. Tuttavia c’è un problema. E’ un principio disatteso visto che fu introdotto nel 1997 in occasione della riforma dei bilanci che da allora recano l’appellativo di PEG (piani economici di gestione). Da quella data i bilanci vanno espressi per "cassa" e non per "competenza".

Per obbligare gli enti intermedi territoriali a rilasciare bilanci veri e tangibili è necessario modulare due strumenti: il falso in bilancio e il non obbligo del pareggio.

Il falso in bilancio renderebbe punibile sul serio chiunque è responsabile del processo di allestimento e predisposizione del bilancio. Troppi casi di bilanci truccati. Sull’altro versante, la non obbligatorietà del pareggio costringerebbe gli enti a depositare con effetto immediato i libri in tribunale al primo squilibrio dei conti dei bilanci.

Tutti a parlare circa il riavvicinamento della distanza fra amministrazioni e amministrati. Orbene, uno degli snodi fondamentali è proprio la finanza locale. Vogliamo aprire una seria discussione per creare un federalismo fiscale plausibile e condiviso che vada oltre a certe posizioni politiche irricevebili e agli stravolgimenti inqualificabili del Titolo V° della Costituzione?


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