La marcia dei trattori ci dovrebbe far riflettere

Il nostro è diventato un Paese respingente. Non è né per i giovani né per le donne. Un Paese con profonde diseguaglianze territoriali e salariali che ricadono tutte sulle spalle di chi...

di Luigi Boggio - sabato 3 febbraio 2024 - 803 letture

Un continuo esplodere di contraddizioni in ogni campo del vivere quotidiano con dentro la vita delle persone nella loro complessità. Una complessità di turbolenze interiori e sociali che spesso sfociano nell’indifferenza o in forme distruttive. Una condizione non facile ma drammatica quando nell’intimo si aspirerebbe ad una vita normale senza eccessi e in pace con gli altri. Una normalità che passa dal lavoro, da un tetto sopra la testa e da un salario dignitoso. Non solo, ma vedere anche le ragazze e i ragazzi con le loro aspirazioni, radicati nelle loro terre con le loro amicizie e i loro affetti. Avvolti nei colori dei prati primaverili anche nelle giornate grigie per brindare alla bellezza dei luoghi. I luoghi che vanno presi sempre sul serio e che vanno conosciuti anche i dintorni per cercare di inventarsi un’attività che dia una possibilità di vita per evitare di camminare strade sconosciute e non poche volte ostili.

Straniero anche nel proprio Paese.

Un fenomeno che sta nuovamente emergendo come negli anni ’60 con i nostri emigrati verso Il Nord. Difficoltà nel trovare lavoro, quando lo trovi difficoltà anche nel trovare una casa in affitto o un posto letto.

Il nostro è diventato un Paese respingente. Non è né per i giovani né per le donne. Un Paese con profonde diseguaglianze territoriali e salariali che ricadono tutte sulle spalle di chi la mattina si alza per andare a lavorare e chi va in cerca della giornata. Quelli della giornata per sfamarsi non hanno la pelle nera o olivastra ma ci sono anche i nostri con la pelle chiara. Il mercato delle braccia è riapparso anche nelle forme più brutali rispetto al passato.

Una volta però c’era più aggregazione e più solidarietà contro i caporali e i signori delle giornate. Una unità che portò masse umane di sfruttati a fare ribollire le piazze delle braccia con delle conquiste significative. Altri tempi qualcuno mi dirà. Vero, per la frammentazioni dei lavori, ma che il sindacalismo confederale attraversa una crisi profonda non ci piove. Negarlo non aiuta l’analisi di certi fenomeni di sfruttamento brutale, soprattutto non aiuta quello che muta in economia, nel mondo delle imprese e produttivo.

La marcia dei trattori ci dovrebbe fare riflettere per capire cosa si agita nelle tasche dei nostri produttori. I quali si vedono rapinati sugli alberi, nelle serre, nelle stalle, nei campi il frutto delle loro durezze e sacrifici. Perché sono lavori di grande sofferenza e di attesa per le annate al fine di ricavarne del reddito. Dei redditi magri a causa dei prezzi, dei fenomeni meteo, dei costi energetici e del calo dei consumi nell’ortofrutta per l’inflazione.

Un’indagine ha rilevato che c’è una correlazione tra inflazione e il cibo scadente e meno salutare che compriamo e che poi buttiamo in pattumiera. Il valore dello spreco lungo di filiera si aggira su 13 miliardi di euro. Come si vede siamo di fronte ad un complesso di cause, comprese le guerre. Mentre si tenta di analizzare le diverse cause e di trovare delle soluzioni sul fronte delle multinazionali agroalimentari i profitti volano in alto. È vero che il settore agricolo è il più assistito eppure stenta a tirare avanti perché i prezzi sono decisi dalla grande distribuzione e non dimenticando le multinazionali delle sementi (vedi le battaglie e gli scritti di Vandana Shiva).

Che il comparto primario non va abbandonato non ho dubbi però che bisogna una nuova Politica agricola comunitaria non ci piove. Una politica agricola che guarda ai produttori, ai territori, all’ambiente e alle condizioni dei salariati in un quadro d’insieme armonioso per una reale svolta in un campo fondamentale per sfamare il pianeta.


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