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La libertà d’informazione e di critica in Italia

Un libro di Claudio Riolo ripercorre le vicende giudiziarie e politiche di Tangentopoli e Mafiopoli e le loro connessioni con l’informazione

di Redazione - martedì 19 luglio 2005 - 5957 letture

Cento cinquantasei pagine. Due sezioni. Ventuno interventi che dalle aule del dipartimento di Studi su politica, Diritto e società dell’Università di Palermo, abbandonano le cattedre e si fanno inchiostro. Caratteri. Parole attente e smaliziate che diventano critica, analisi, denunce puntate sullo sfondo di un paese figlio di tangentopoli e mafiopoli e delle sue cronache. Centocinquantasei pagine che raccontano, da angoli prospettici diversi, d’Italia e d’informazione, di politica e di giustizia. Verità e demagogia. “Libertà d’informazione, di critica e di ricerca nella tradizione italiana” a cura di Claudio Riolo (La Zisa, 10 euro) è tutto questo e forse di più. È uno spaccato di società civile che si racconta. Un volume che raccoglie i materiali - rivisti e aggiornati dagli autori nel dicembre 2004 - di un seminario organizzato in Sicilia in collaborazione con “Articolo21”, “Libera” e “Magistratura Democratica”. L’analisi puntuale di un fenomeno tutto italiano visto con gli occhi degli addetti ai lavori e con quelli di chi, perché in prima fila, la mannaia del processo civile per diffamazione l’ha testata sulla sua pelle.

Introduce il testo Claudio Riolo. “Nell’Italia di oggi - scrive - la libertà di espressione nel campo politico e quella di ricerca nel campo degli studi storici, politici e sociali rappresentano dei valori garantiti, in linea di principio, dalla Costituzione (art. 21e art. 23). In realtà però, i punti sensibili di tali libertà appaiono oggi minacciati, sia dal punto di vista giuridico che da quello pubblico”. Dagli anni novanta, parallelamente all’inedita “giudizializzazione della politica” prende infatti forma un fenomeno completamente nuovo in materia di diffamazione a mezzo stampa: i grandi signori dei palazzi della politica habitué delle aule giudiziarie, sentendosi diffamati dalle critiche sul loro operato, cercano di rivalersi in sede giudiziaria. Con buona pace di chi esercita per professione o per passione politica il diritto di cronaca e di critica.

Con buona pace dello stesso Riolo, condannato dal tribunale civile di Palermo a pagare 118 milioni del vecchio conio, per un commento critico (comparso sulla rivista mensile Narcomafie nel novembre ’94) alla decisione di Francesco Musotto (presidente della provincia di Palermo e avvocato penalista) di mantenere la tutela legale di un suo cliente imputato per la strage di Capaci, mentre la stessa provincia si costituiva come parte civile nel medesimo processo. Riolo è stato l’unico a pagarne lo scotto in sede civile, nonostante l’articolo sia stato riproposto l’anno successivo da Narcomafie e da “Il manifesto” e sottoscritto - “condividendone in pieno i contenuti” - da 28 esponenti del mondo politico e culturale come Vendola, Lumia e Folena.

Stessa storia per Umberto Santino (il presidente del Centro Impastato nel volume argomenta sulla campagna per la libertà di stampa nella lotta contro la mafia) condannato a risarcire l’onore di Calogero Mannino, l’ex ministro Dc fresco oggi di sentenza della suprema corte di cassazione (condanna annullata con rinvio 5 anni e 7 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa), per la pubblicazione di alcuni stralci di un “testo anonimo” nel libro “L’alleanza e il compromesso” del ‘97. Nonostante l’autore si sia limitato ad analizzare il testo in maniera critica non facendo in alcun modo cenno alla presunta collusione di Mannino, e nonostante questo fosse già stato integralmente pubblicato da altri, a Santino è stata chiesta una riparazione pecuniaria pari a 200 milioni di lire.

Due miliardi, invece, il risarcimento chiesto dall’esponente democristiano al coraggiosissimo Alfredo Galasso, componente di spicco della “Primavera siciliana” negli anni di Falcone (che per il volume curato da Riolo affronta tecnicamente “le storture del giudizio civile in materia di diffamazione”), per aver pubblicato lo stesso testo di Santino nel libro “Mafia e politica”.

“Questa tendenza a trasferire la dialettica democratica e il conflitto politico in sede giudiziaria, con la pretesa, per di più, di monetizzare un danno immateriale come quello morale - si chiede Riolo - come si concilia con l’esigenza fondamentale, in un sistema democratico, di garantire l’esercizio della politica? Ed ancora, il difetto di bilanciamento tra interessi inevitabilmente in conflitto non rischia forse di inibire il diritto/dovere di sottoporre l’operato di chi ricopre cariche pubbliche o ruoli rappresentativi al vaglio dell’opinione pubblica?”. Per risponder basta dare un’occhiata al testo curato da Riolo. O anche solo accendere il video, sfogliare i quotidiani. Pensare alla mannaia bulgara berlusconiana dei risarcimenti miliardari di Luttazzi, Travaglio e Freccero. La risposta verrà da sé.

“Libertà d’informazione, di critica e di ricerca nella tradizione italiana”, a cura di Claudio Riolo, editore La Zisa, Palermo. Interventi di: Alessandro Bellavista, Giuseppe Casarrubea, Luigi Cavallaio, Sergio Cola, Mario Dogliani, Giovanni Fiandaca, Enrico Fontana, Alfredo Galasso, Antonio Ingoia, Salvatore Lupo, Giuseppe C. Marino, Antonello Miranda, Claudia Mirto, Claudio Riolo, Umberto Santino, Roberto Scarpinato, Paolo Serventi Longhi, Vincenzo Siniscalchi, Nicola Tranfaglia, Marco Travaglio, Vittorio Villa.


L’articolo di Carmen Ruggeri è stato pubblicato su www.aprileonline.info n° 302 del 14/07/2005


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