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La città di Taranto di Cosimo Argentina, «Nud’e cruda»

«Percorrete con le dita le sue ferite e annusate le sue piaghe infette ma poi aprite bene gli occhi e osservate la magia di cui sono stati capaci gli uomini e gli dei.»

di T.M. - giovedì 26 ottobre 2006 - 7037 letture

«Una città è come una discarica irrazionale. … Ciò che di buono, tetro, magico, ingiusto, splendido e sbagliato siamo stati ed è stato finisce per stratificare la crosta terrestre. Ci ricordiamo di poco e di pochi ma i più finiscono per concimare la terra. Taranto non fa eccezione.»

Taranto, fino a pochi giorni fa, era per me una città “da telegiornale”. Una città che senti nominare quando capita qualcosa, dove tu non potresti capitare mai, che lì per lì non vedi nessun motivo perché scegliere come meta di un viaggio. Se poi ti regalano un libro dal sottotitolo Taranto mon amour, è un po’ come se avessi preso il treno sbagliato all’ultima stazione di cambio; poco male, si scende alla prossima. E no. Da questo treno guidato da Cosimo Argentina non sarei scesa. Ne avevo la certezza alla pagina 15.

Il figlio di Taranto scatta una sequenza di “istantanee” della città vista dal mare, «veleggiando sempre verso sud», arrivando e soffermandosi al punto dove «la città si ritira, s’intimidisce, fa un mezzo passo indietro e allora gli sfiati delle fogne sono tutto ciò che resta dell’umano sistema e prima di arrivare al nuovo arsenale militare, una città nella città, c’è Santa Lucia, una spianata di terriccio con davanti un cubo di metallo divenuto un centro congressi, vero boccone tra i pirañha, e poco oltre una villa tardottocentesca retta da pali conficcati nei fianchi fa’ che è una vecchia decrepita coi nipoti che le hanno fottuto i soldi e adesso l’hanno piazzata su una sedia a rotelle senza rotelle con una badante albanese che non conosce l’italiano e l’hanno lasciata lì, tanto prima o poi stramazza al suolo.»

L’editore Giovanni Giovannetti (Effigie) non è nuovo nell’impresa di “costruire insieme” un libro, cosa diversa dallo “scrivere su commissione”. Due esempi. Lui ritrova nel Casellario Politico Centrale di Roma la foto segnaletica di Demostene Moresco, sorvegliato dai fascisti; granello nella conchiglia: da lì nasce la perla di Antonio Moresco, Zio Demostene. Vita di randagi (Effigie, 2005). Nella serie Le cento città, l’editore intende offrire «sguardi monografici inediti sul nostro vivere quotidiano». E propone a Cosimo Argentina di scrivere un libro su Taranto.

«… penso alla proposta dell’editore mentre pago 4 euro per tre mazzetti di rucola moribonda e per un cappuccio di lattuga pallida al mercato settimanale qui, a Bovisio, in Brianza…»

Forse nella nascita di Nud’e cruda quella rucola moribonda di un mercato brianzolo ha avuto un ruolo considerevole. Perché pensare alla «faccenda più titanica del mondo», cioè a come e cosa scrivere sulla tua città, può portarti anche a qualche domanda, con risposta solo apparentemente ovvia, da meditare lungo tutto un libro: «Sono anni che mi chiedo se valga più starsene senza un centesimo in tasca appoggiato alla ringhiera coi gabbiani che urlano, le barche che lasciano sorrisi di spuma tra i flutti e il vento teso che ti trapassa da parte a parte col profumo del mediterraneo oppure avere un lavoro da 1150 euro e una fabbrica di cessi e una di lubrificanti che ti tappano l’orizzonte.»

Tra gli “appassionati” di Girodivite – Segnali dalle città invisibili chi non ricorda «la città di Zaira dagli alti bastioni» di Italo Calvino (Le città e la memoria. 3, in Le città invisibili)? Città che sembra quasi inutile tentare di descrivere; pur sapendo dire anche il numero dei gradini delle sue vie fatte a scale, è come dire nulla. Cosimo Argentina tenta. Descrive. Racconta. E “scopre” un linguaggio straordinariamente efficace per farlo.

Vecchi e nuovi quartieri negozi balconi mestieri cibi, i giochi dei ragazzi, il calcio, la marina militare, l’industria. Fermagli sgargianti nei ricci cappelli neri delle donne e gatti che pisciano sui sarcofagi del secolo II d.C. Dopo Cristo. Dopo la morte di Cristo evocata il venerdì santo portando a spalla – sei hai pagato – le statue di legno o di cartapesta colossali «e ti passano accanto fa’ che sei tu l’ebreo errante che non aiuta l’Unto nel momento del bisogno…» La morte di Cristo davanti al tempio di Poseidone. La costa sodomizzata dal cemento umano. Figli cresciuti in disumane catapecchie. Il Bello accaparrato dai Bravi Ragazzi.

È una visione “dissacrante”, quella di Cosimo Argentina? Ripugnante e splendente, «così è Taranto».

«Percorrete con le dita le sue ferite e annusate le sue piaghe infette ma poi aprite bene gli occhi e osservate la magia di cui sono stati capaci gli uomini e gli dei.»

Ecco. Al magnanimo Kublai Cosimo Argentina ha saputo raccontare la città di Taranto, nelle «relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato». Nelle relazioni tra il suo passato e gli avvenimenti – non-avvenimenti del suo presente. Che Nud’e cruda sia stato “commissionato” all’editore da Girodivite-Segnali dalle città invisibili?? Mah…

Cosimo Argentina, Nud’e cruda. Taranto mon amour, Effigie, 2006, € 12,00


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